Rivoluzione in Cina: anche il lupo nel nuovo elenco delle specie con protezione speciale (VIDEO)

Ora in Cina 980 specie di fauna selvatica hanno una protezione speciale di categoria I e II

[22 Febbraio 2021]

Qualche giorno fa, il governo cinese annunciato la pubblicazione di un elenco rivisto di specie con protezione speciale, ai sensi della legge sulla protezione della fauna selvatica. Questa è la prima revisione della “Lista Rossa” cinese da quando l’elenco delle specie rare e in pericolo di estinzione è stato pubblicato originariamente nel 1988, più di 30 anni fa.

Gli ambientalisti di Birding Beijing spiegano che «Un aggiornamento era assolutamente necessario poiché l’elenco originale conteneva specie per lo più grandi ed evidenti, nel caso degli uccelli ciò significava famiglie come gru, cicogne e fagiani, con i passeriformi e uccelli costieri in gran parte ignorati. E ovviamente, negli ultimi tre decenni, lo staus di molte specie è cambiato in modo significativo, il che significa che molte altre specie necessitano di una protezione speciale». Secondo Terry Townshend, advisor del Paulson Institute e fondatore di Birding Beijing¸ «E’ un passo fondamentale in quanto aiuterà ad attirare l’attenzione sulla loro situazione e ad attirare sanzioni significative per chiunque danneggi loro o i loro habitat. Ovviamente, l’applicazione delle norme è fondamentale».

In sintesi, ora nell’elenco stilato dal governo comunista ci sono 980 specie di fauna selvatica, inclusi mammiferi e uccelli, che hanno una protezione speciale – di Classe I o II e 394 sono specie sono uccelli, 92 delle quali ora godono di una protezione di Classe I.

Birding Beijing  ricorda che in Cina sono protetti tutti gli uccelli selvatici e che «Danneggiare o prelevare qualsiasi uccello dalla natura è illegale senza una licenza speciale, concessa solo per scopi di ricerca scientifica. La protezione di Classe I e II significa che ci sono pene più severe per chiunque danneggi queste specie o i loro habitat». Anche se la legge è abbastanza vaga, le multe, a seconda del tipo e della gravità del reato, possono arrivare a 100.000 yen (15.500 dollari) e comportare impatti negativi sul punteggio di credito sociale delle persone e sul potenziale di pene detentive .

Ma la nuova lista delle specie protette cinesi fa importanti passi avanti anche per la salvaguardia del lupo (Canis lupus) della volpe tibetana (Vulpes ferrilata) e dello sciacallo dorato (Canis aureus), che entrano in Classe II per la prima volta, mentre il Dhole (Cuon alpinus) è passato alla Classe II alla Classe I. Anche il gatto di Biet o gatto delle montagne cinese (Felis bieti), il gatto della giungla (Felis chaus), il gatto dorato asiatico (Pardofelis temminckii) e 6 specie di zibetto sono passati in classe I, dove finora c’erano solo il leopardo delle nevi (Panthera uncia), al leopardo (Panthera pardus) e alla tigre (Panthera tigris). In Classe I arriva anche la rarissima neofocena (Neophocaena phocaenoides) dello Yangtze  E’ stato invece abbassato il livello di protezione di specie più stabili come lo stambecco e il macaco Assam, elencati come “meno preoccupanti” e “quasi minacciati” nella Lista rossa dell’Iucn.

Il fatto che i lupi siano entrati a far parte delle specie più protette è qualcosa di rivoluzionario per la Cina. V Come ricorda su SupChina  Li Xiaoyu, che studia l’ecologia del lupo e il conflitto uomo-lupo sull’altopiano tibetanoper la School of Life dell’università di Pechino, «Il motivo per cui i lupi sono stati storicamente etichettati come “animali nocivi” in tutta la Cina è perché stavano causando perdite all’industria del bestiame. Quando è stata fondata la Nuova Cina, lo sviluppo economico era la priorità principale. E’ comprensibile il motivo per cui hanno eliminato ogni ostacolo sulla strada verso lo sviluppo, ed è per questo che abbiamo avuto la Compagnia per lo sterminio del lupo (灭 狼 运动 miè láng yùndòng). Anche le fiabe con lupi malvagi, importate dall’Occidente, hanno anche aumentato la propensione ad aver paura della specie».

In Cina, la campagna di sterminio dei lupi iniziò negli anni ’50, insieme al grande balzo in avanti economico di Mao che alla fine si rivelò un disastro e  l’uccisione dei lupi veniva incoraggiata fino agli anni ’90.  Tanto che nel 1983 la rivista China Yaks, pubblicata dall’ufficio per la gestione del bestiame e dell’agricoltura  dello Sichuan descriveva tre metodi efficaci per sterminare i lupi: trovare le tane di lupi e uccisidere i cuccioli, tagliole dentate d’acciaio ed esche avvelenate. La cosa ha finzionato, visto che il numero dei lupi in Cina è crollato, fino a che il governo non ha cominciato a far rispettare i divieti di bracconaggio e a sanzionare il possesso illegale di armi. Nel 2000, con l’inclusione dei lupi nel nuovo Elenco nazionale degli animali terrestri utili alla protezione o importanti dal punto di vista economico e scientifico, la Cina  ha ufficialmente riconosciuto i lupi come una risorsa ecologica, ponendo fine alla campagna di sterminio.

Ma, secondo Li, «L’elenco era ancora troppo vago per essere efficace, trasferendo il processo decisionale e la sua attuazione specifici ai governi locali con poche indicazioni. Ancora oggi i ricercatori non dispongono di informazioni sufficienti per stimare con precisione il numero di lupi rimasti in Cina. Questo è il motivo per cui l’inclusione dei lupi da parte della Cina nella nuova lista è così importante e particolarmente rivoluzionaria. L’inclusione dei lupi nell’elenco delle specie protette rappresenta l’influenza più diretta di come cambia positivamente l’opinione pubblica nei confronti dei lupi. In termini più pratici, fornirà anche importanti studi per ulteriori ricerche sui lupi, e la ricerca è il fondamento della protezione».

In base alla nuova legge sulla protezione della fauna selvatica, l’elenco delle specie con protezione speciale dovrebbe essere rivisto ogni cinque anni. Birding Beijing dice che «Se implementato, ciò consentirà un processo più dinamico di protezione per le specie più a rischio della Cina. La pubblicazione del nuovo elenco è un importante passo avanti nel riconoscimento e nella protezione della fauna selvatica cinese, in gran parte unica, e coincide con la formazione di un sistema di parchi nazionali, il divieto di ulteriori bonifiche lungo la costa, con l’iscrizione delle principali zone umide costiere come siti del patrimonio mondiale». Non a caso proprio la Cina quest’anno ospiterà sia la Conferenza della parti della  Conventions on biological biversity and Wetlands  a a Kunming  che la Conference of the Contracting Parties to the Ramsar Convention on Wetlands a Wuhan.

Zhang Jinshuo, vice direttore del Museo nazionale zoologico della Cina, sottolinea che «La mancanza di ricerca e comprensione scientifica ha portato molte specie a non essere incluse nell’elenco originale. Trent’anni fa, indipendentemente dal fatto che si trattasse di governo, scienziati o le ONG, la comprensione scientifica della fauna selvatica cinese era estremamente semplice e limitata. Questo aveva reso l’elenco originale molto piccolo. Oggi, gli zoologi in Cina sono molto, molto più numerosi rispetto a 30 anni fa. Il nuovo elenco sarà determinante per guidare i futuri finanziamenti per la ricerca, gran parte dei quali proviene dal governo. Quando i funzionari governativi esaminano le proposte di ricerca per le specie presenti nell’elenco, sarà molto più probabile che le approveranno. Quindi, questo elenco è molto efficace nel guidare la spesa e il sostegno nazionali e locali».

Tuttavia, alcuni ambientalisti cinesi dicono che il nuovo elenco non risolve molti problemi esistenti e che ci sono ampi margini di miglioramento. Au SupChina, Kyle Obermann cita un articolo di WeChat pubblicato poche ore dopo l’annuncio della lista dal gruppo “Unità Anti- Crimine Bracconaggio” (反 盗猎 重 案 fǎn dàoliè zhòng àn) che sottolinea che la protezione di molte specie è limitata solo a quelle in natura: «Questo crea una scappatoia. I programmi legali di allevamento spesso si basano su animali catturati illegalmente per aumentare i numeri. Quando gli animali vengono venduti nei mercati umidi o utilizzati nella medicina cinese, è spesso impossibile identificare le specie catturate in natura (e successivamente allevate) senza un monitoraggio e una regolamentazione più rigorosi». Unità Anti- Crimine Bracconaggio ha anche sottolineato che «L’elenco finale ha rimosso diverse specie di vipere e colubri originariamente presenti nella bozza di elenco pubblicata nel 2020».  Nel 2020, Zhang ha scritto una lettera all’amministrazione nazionale per le foreste e le praterie chiedendo che nell’elenco delle specie cinesi fortemente protette venissero iscritti anche i pipistrelli, noti portatori di diversi coronavirus, insieme a molti altri piccoli mammiferi<, Ma non sono stati inclusi.

E infatti Birding Beijing   avverte che, se non si vuole che la legge e i meeting internazionali restino una facciata ufficiale, «Il passo successivo consiste nell’attuare un solido programma di educazione e sensibilizzazione sia per i funzionari delle forze dell’ordine che per l’opinione pubblica in generale per garantire che questo nuovo elenco sia pienamente rispettato e applicato e per garantire che siano messi in atto meccanismi di monitoraggio credibili, al fine di fornire prove scientifiche su cui fondare modifiche all’elenco tra 5 anni.

Grande merito deve andare agli accademici e agli ambientalisti cinesi che hanno lavorato duramente per un lungo periodo per aggiornare e rafforzare l’elenco».

Comunque, per Zhang, «Questi cambiamenti rappresentano un passaggio dalla valutazione economica della fauna selvatica al riconoscimento del valore intrinseco degli ecosistemi e della protezione dell’habitat. In passato, l’obiettivo della protezione era focalizzato su come sfruttare meglio gli animali, ma ora l’obiettivo è più focalizzato sulla salute ecologica sistemica. L’obiettivo generale è cambiato».

L’elenco dovrebbe essere aggiornato ogni 5 anni e per Townshend  «Questo offre l’opportunità per una maggiore conservazione futura.  E’ imperativo ora che scienziati e ambientalisti diano la priorità all’implementazione del monitoraggio a lungo termine per tutte le specie in modo che possano essere avanzate proposte basate sull’evidenza per l’inclusione di ulteriori specie in futuro». Anche se sui social media molti ambientalisti cinesi si sono dichiarati entusiasti del nuovo elenco e i media statali lo hanno propagandato come una vittoria per la fauna selvatica, l’Unità Anti-Bracconaggio ricorda che dietro l’inclusione di ogni nuova specie aggiunta e  il rafforzamento della protezione per quegli animali «C’è un costo di sangue».

Per Zhang,  «Bisogna imparare da questo passato sanguinoso perché ci suggerisce anche la via da seguire».  E in un’intervista a SupChina ha raccontato una storia  sulla capacità degli scienziati di influenzare il governo e la capacità del governo di influenzare l’opinione pubblica per la conservazione della fauna selvatica: «Alla fine del 1955, Mao iniziò a incoraggiare fortemente le persone a eadicare quattro “parassiti” – mosche, zanzare, ratti e passeri – ritenuti dannosi per le persone e l’agricoltura. Questo ha portato allo sterminio di milioni di passeri. Manifesti  e persino canzoni e libri per bambini propagandavano lo slogan “eliminare i passeri”. Allora, Zheng Zuoxin, uno scienziato che faceva ricerche sull’avifauna all’Istituto di ricerca zoologica dell’Accademia cinese delle scienze, sospettava che l’eradicazione dei passeri fosse contraria alla produttività  agricola. I raccolti venivano sempre più devastati dall’aumento del numero di insetti. Dopo aver studiato il contenuto dello stomaco dei passeri, Zheng scoprì che la maggior parte della dieta dei passeri erano in effetti insetti, non semi. La ricerca di Zheng portò Mao a mettere fine pubblicamente alla campagna di eliminazione dei passeri nel 1960. Quindi, in seguito, i cinesi hanno avuto un enorme cambiamento di opinione nei confronti delle specie di uccelli e anche oggi hanno un maggiore apprezzamento e consapevolezza nei confronti della conservazione degli uccelli rispetto a molte altre specie. In futuro, gli scienziati devono rafforzare la ricerca sulla fauna selvatica e, naturalmente, anche il governo deve sostenerla».

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