Se le comunità indigene hanno diritti legali sulla terra, la Mata Atlântica ne trae vantaggio

Ma negli ultimi 10 anni il meccanismo del possesso della terra si è bloccato, soprattutto con Bolsonaro

[3 Febbraio 2023]

Secondo lo studio “Formalizing tenure of Indigenous lands improved forest outcomes in the Atlantic Forest of Brazil”, pubblicato recentemente su PNAS Nexus da  un team di ricercatori dell’università del Colorado Boulder (UC) e dell’Universidade Federal Rural do Rio de Janeiro. (UFRRJ) «Le comunità indigene della Mata Atlântica che ottengono il pieno riconoscimento formale dei loro diritti sulla terra riducono la deforestazione e aumentano la copertura forestale».

La Mata Atlântica è la seconda foresta pluviale più grande del Brasile, si estende su circa 200.000 Km2  e lungo 3,000 Km della costa atlantica, in 17 Stati del Brasile e in diversi grandi centri urbani, come Rio de Janeiro e São Paulo. Dopo 5 ecoli di deforestazione, gran parte dell’11,7% della foresta originaria rimasta si trova nelle comunità rurali e nelle terre indigene. In confronto, la foresta pluviale amazzonica conserva ancora l’80% della sua area forestale originaria.

Lo studio supporta la ricerca in questo campo in corso in tutto il mondo e le convinzioni di diverse associazioni ambientaliste e di organizzazioni indigene,  dimostrando che «Il riconoscimento legale dei diritti alla terra delle popolazioni indigene può aiutare a ridurre l’accaparramento della terra e le violazioni dei diritti umani, oltre a mitigare il cambiamento climatico e la perdita di biodiversità».

Secondo i ricercatori brasiliani e statunitensi, «Tra il 1985 e il 2019, la riduzione della deforestazione e l’aumento del rimboschimento nella  Mata Atlântica brasiliana hanno avuto più successo nelle comunità indigene che avevano completato un processo legale per ottenere il riconoscimento formale delle loro terre ancestrali, noto come possesso della terra, rispetto a quelle che non lo erano state concesso il possesso della terra».

La principale autrice dello studio, Rayna Benzeev ora all’Università della California – Berkley e che ha svolto le sue ricerche mentre era dottoranda al Department of Environmental Studies dell’UC, ha sottolineato che «Il nostro studio aggiunge un tassello importante al crescente numero di prove che il possesso nelle terre indigene ha spesso migliorato i risultati delle foreste, anche ora nella Mata Atlântica, che ha subito elevate pressioni di deforestazione per un lungo periodo di tempo»,

Lo studio è anche uno di primi a esaminare gli impatti del possesso della terra per i territori indigeni nella Mata Atlântica, una foresta pluviale vulnerabile e frammentata sulla costa sud-orientale del Brasile, che ha dovuto affrontare intensi attacchi dall’espansione agricola, dall’urbanizzazione, dall’estrazione mineraria e dal land grabbing legalizzato.

Il coautore dello studio Peter Newton, che insegna al Department of Environmental Studies dell’UC, ha ricordato che «Proteggere le foreste non è importante solo per gli alberi e la biodiversità. E’ anche fondamentale per le persone che vivono al loro interno e dipendono da esse, e tenere conto degli esseri umani è parte integrante del futuro sostenibile delle foreste».

Precedenti ricerche hanno stabilito l’importanza dei diritti alla terra degli indigeni negli sforzi di conservazione delle foreste, in particolare nella foresta pluviale amazzonica. Ma la nuova ricerca colma una lacuna importante per la Mata Atlântica, che è maggiormente deforestata e sviluppata.

La Benzeev sottolinea che «La Mata Atlântica è un bioma di foresta tropicale estremamente importante con un grande potenziale di rimboschimento. E’ stato anche ampiamente trascurato da un punto di vista internazionale, anche se in qualche modo è più minacciato dell’Amazzonia. Il nuovo studio fornisce anche un sostegno per ulteriori iniziative politiche che potrebbero essere prese dal presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva».

Nelle prime settimane dopo essere tornato alla presidenza del Brasile, Lula ha emesso sei decreti che revocano o modificano le misure attuate dal suo predecessore, il neofascista  Jair Bolsonaro, che erano generalmente considerate anti-ambientali e anti-indios. Lula ha anche istituito il ministero dei Popoli Indigeni, un atto senza precedenti nella storia del Brasile.

Newton fa notare che «Molte popolazioni indigene nelle aree boschive di tutto il mondo, che si tratti di Brasile, Indonesia, Africa centrale o altrove, hanno da tempo diritti consuetudinari sulle loro terre ancestrali. Ma può esserci una differenza significativa tra questo e avere diritti legali sulla stessa area di foresta».

La Benzeev e il suoi coautori hanno condotto diverse analisi, utilizzando dati forniti dal governo brasiliano pubblicamente disponibili per 129 comunità indigene nella Mata Atlântica che avevano completato o avevano avviato il processo di possesso della terra tra il 1985 e il 2019. Di queste comunità, 77 hanno completato il procedimento per il possesso della terra e per 52 era ancora in corso, quello che i ricercatori hanno chiamato “mandato incompleto”.  Inoltre, hanno utilizzato i dati di immagini satellitari di alta qualità dal 1985 al 2019, che mostrano  sia il rimboschimento che la deforestazione. Secondo Newton, «Sebbene il cambiamento della copertura forestale da solo non indichi i livelli di biodiversità o la salute delle foreste, è una metrica utile per valutare le dinamiche di utilizzo del suolo su grandi scale spaziali».

I ricercatori hanno riscontrato «Una minore deforestazione e/o un aumento del rimboschimento sui territori in cui le popolazioni indigene avevano completato il processo di possesso della terra in 4 fasi e avevano ottenuto diritti di possesso formale, in netto contrasto con i territori indigeni in cui le comunità non avevano diritti legali o erano ancora a metà il processo per ottenere il mandato formale».

La Benzeev  conferma: «Il nostro documento dimostra che ogni anno dopo la formalizzazione del possesso si è verificato in media un aumento dello 0,77% della copertura forestale, rispetto alle terre non in possesso indigeno, il che può sommarsi nel corso di decenni». Sono tuttavia rimasta sorpresa nello scoprire che le comunità che sono arrivate solo alla terza delle quattro fasi del procedimento di possesso della terra non hanno registrato diminuzioni significative nella deforestazione e/o aumenti nel ripristino delle foreste, evidenziando che era necessario il completamento di tutte e quattro le fasi del processo di possesso della terra per vedere i risultati ambientali positivi desiderati».

Il procedimento di possesso della terra è garantito dalla Costituzione brasiliana approvata  1988, un procedimento che si è bloccato nell’ultimo decennio per centinaia di comunità indigene. Dal 2012, solo una comunità indigena nel campione di studio aveva ottenuto con successo i diritti legali sulla terra.

La Benzee ha concluso: «Gran parte della stagnazione nel processo di possesso della terra si è verificata negli ultimi anni e principalmente per ragioni politiche. Questo è esattamente quel che rende importante la componente legale del possesso: quando il possesso è legalmente concesso, i popoli indigeni sono in grado di ottenere l’autonomia territoriale indipendentemente dai cambiamenti politici che avvengono nel tempo».