Spianate le dune demaniali della riserva naturale biodinamica di Castel Volturno

Legambiente: a Torre Patria gravissimo danno ambientale. Mentre l’Ue salvaguarda le dune, noi continuiamo a smantellarle

[15 Maggio 2023]

La denuncia, corredata da foto inequivocabili, viene dal Circolo “Giugliano Arianova” di Legambiente: «Hanno agito in modo occulto in questi giorni gli ignoti che, probabilmente per motivi commerciali, hanno spianato completamente le dune nella zona demaniale Riserva Naturale Biodinamica di Castel Volturno nell’area prospiciente la Torre Patria, antica torre saracena, al km 43 della via Domitiana».

Gli ambientalisti ricordano che «Quest’area era una delle poche del lungo litorale domitio dove le dune marine si presentavano intatte. Con le dune sono state spazzate via rare specie endemiche di grande valore naturalistico come il giglio di mare, la calystegia soldanella oltre il fico degli ottentotti, specie aliena, ma di grande impatto estetico. Proprio sulla spiaggia sotto queste dune da qualche anno stanno nidificando le tartarughe marine della specie Caretta-Caretta che, grazie alla costante azione della stazione zoologica Anton Dohrn, sta iniziando a ritornare nei nostri mari, dopo essere stata per decenni una specie in via di estinzione. L’eliminazione delle dune, barriera naturale dai venti, inoltre potrà determinare la velocizzazione del processo di erosione di quella fascia costiera, già pericolosamente in atto.

In molti si chiedono come è stato possibile che nessuno abbia visto le ruspe mentre compivano questi scempio e perché le autorità non siano intervenute per fermarlo. Legambiente sottolinea che

«E’ già in atto una mobilitazione di tutti gli abitanti della zona per depositare una denuncia formale alle autorità preposte insieme a tutte le associazioni ambientaliste e ai cittadini di Giugliano, Castelvolturno, Napoli e comuni limitrofi che hanno a cuore l’ambiente e vogliono contrastare lo sfruttamento commerciale del demanio».

E pensare che l’Unione europea sta finanziando due grandi progetti, Erodes e Dunes  per salvaguardare i sistemi dunali e capirne meglio il funzionamento.  La ricercatrice principale del progetto Dunes,la portoghese  Joana Freitas, storica dell’ambiente all’Università di Lisbona, spiegava qualche giorno fa in un’intervista ad Horizon  che « Il previsto innalzamento del livello del mare ha focalizzato l’attenzione sulle misure che possono essere adottate per proteggere le coste europee. Come prima linea di difesa naturale contro le inondazioni e l’erosione costiera, le dune di sabbia hanno un ruolo importante da svolgere nel proteggere queste aree. Ma le dune di sabbia di oggi non forniscono la stessa protezione che avevano una volta. Osservare come le persone hanno interagito con la natura può fornire preziose informazioni sui recenti cambiamenti nell’ambiente e sul ruolo dell’umanità nel causarli (…) Le dune sono custodi di sabbia, sono serbatoi. Quando ci sono onde più grandi e più forti durante le tempeste, la sabbia viene prelevata dalla spiaggia, il che crea una barriera sottomarina, quindi le onde successive verranno bloccate. Alla fine, nel corso di settimane o mesi, onde più dolci riportano gradualmente la sabbia erosa dal mare aperto alla spiaggia. Questa fluttuazione del litorale avanti e indietro nel tempo  è un normale processo costiero che è appena percettibile in tempi normali ma può essere evidentissima durante le tempeste. Se l’equilibrio naturale non viene mantenuto, le spiagge finiranno per essere distrutte e la protezione delle dune costiere andrà perduta»,

Il francese Olivier Burvingt, dell’università di Bordeaux in Francia e a capo del progetto Erodes, è ben consapevole del potenziale impatto delle tempeste e dell’innalzamento del livello del mare sulle dune di sabbia costiere e stao cercando di capire come le dune rispondono e si riprendono da eventi meteorologici estremi lungo la costa atlantica

«I programmi regionali di monitoraggio costiero in tutta Europa ci forniscono dati che sono stati raccolti utilizzando aerei che sorvolano le dune . spiega Burvingt – In questo modo possiamo misurare e studiare i cambiamenti topografici dei sedimenti delle dune con una precisione verticale fino a 10 centimetri».

Una delle scoperte principali del progetto è che le dune con i pendii più ripidi erano quelle che perdono più sabbia. Un’altra  è che il tasso di recupero dipende principalmente dalla quantità di sedimenti disponibili lungo la costa. Essere in grado di valutare con precisione questi bilanci di sedimenti è la chiave per anticipare l’evoluzione delle dune costiere.

Sia Erodes che Dunes promuovono la grande iniziativa Ue “Adaptation to Climate Change” per aiutare le amministrazioni locali comprendere meglio la minaccia climatica che devono affrontare e come reagire in tempo e lo fanno adottando un nuovo approccio all’adattamento al riscaldamento globale, evitando di concentrarsi tradizionalmente su nuove tecnologie e metodi che possono prevenire, o almeno ridurre, l’impatto di future inondazioni, siccità, incendi e altre conseguenze dell’aumento temperature. Erodes e Dunes fanno affidamento su territori che funzionano con un ecosistema sano, invece che introdurre soluzioni tradizionali create dall’uomo come dighe, moli e pennelli difensivi: « Il futuro ripristino e protezione delle dune dipenderà dalla piantagione di vegetazione autoctona e dalla reintroduzione di specie vegetali autoctone, azioni che sono più rispettose dell’ambiente e relativamente poco costose».

La Freitas conclude: «Questa semplice ed efficace soluzione basata sulla natura è stata utilizzata per secoli dalle popolazioni costiere in alcuni paesi europei. Uno dei contributi più importanti di Dunes è mostrare che il lavoro transdisciplinare tra le discipline umanistiche e le scienze è possibile, ricco e prezioso e dovrebbe essere un percorso da seguire più spesso in futuro».

Insomma mentre l’Europa finanzia progetti per difendere naturalmente le coste salvaguardando e rafforzando le dune, l’Italia continua a smantellarle ignorando gli avvertimenti di esperti e scienziati.