Tossine ambientali penetrano nel tessuto cerebrale di orsi polari. Rischio Pfas anche per l’Uomo
[23 Luglio 2013]
Un team di scienziati danesi e canadesi è molto preoccupato per i nuovi risultati emersi da una loro ricerca intitolata: Brain region distribution and patterns of bioaccumulative perfluoroalkyl carboxylic and sulfonic acids in highly exposed East Greenland polar bears (Ursus maritimus) che dimostrano che diverse sostanze con perfluoroalchilici bioaccumulabili (Pfas) riescono ad attraversare la barriera emato-encefalica degli orsi polari studiati a Scoresby Sound, nella Groenlandia orientale.
I perfluoroalchilici costituiscono un gruppo di composti nei quali un’estremità della molecola consiste di una catena di carbonio nella quale tutti gli atomi di idrogeno sono sostituiti da atomi di fluoro. Questo cosiddetta “coda” può essere corta o lunga, ma i forti legami CF rendono la coda più o meno impossibile di degradare, rispetto ai più noti “Cfc-bond”.
I Pfas ed i loro composti precursori negli ultimi decenni sono stati utilizzati in molti prodotti commerciali e industriali, compresi rivestimenti idro ed olio repellenti, utilizzati nei prodotti tessili, nella carta, nei tappeti e nel confezionamento degli alimenti, nei prodotti farmaceutici e nei tensioattivi e nelle schiume antincendio. I Pfas sono molto resistenti alla degradazione chimica, termica e biologica.
Negli ultimi 40 anni la dispersione dei Pfas e dei loro composti precursori ha avuto un fortissimo aumento in tutto il mondo e stanno aumentando le prove sulla tossicità di questi composti. Per questo, spiegano i ricercatori, «diversi studi hanno documentato la tossicità dei Pfas sulla fauna selvatica e salute umana, compresa la carcinogenesi, genotossicità e di effetti epigenetici e la tossicità riproduttiva e dello sviluppo, la neurotossicità, effetti sul sistema endocrino ed immunotossicità».
Anche se il fegato viene considerato l’organo del nel corpo nel quale si depositano la maggior parte dei Pfas, alcuni composti con una catena più corta di questa raggruppamento sono già stati identificati nel cervello degli embrioni di pollo, suggerendo che siano in grado di attraversare la barriera emato-encefalica.
Il ricercatori canadesi della Carleton University e danesi dell’università di Aarhus sottolineano che «precedenti studi hanno dimostrato una eccezionale biomagnificazione (o bioamplificazione, il processo di bioaccumulo di sostanze tossiche e nocive negli esseri viventi, ndr), di diversi Pfas, in particolare del perfluoroottansulfonico (Pfos) e di diversi composti del raggruppamento del carbossilato perfluorurato (Pfcas), negli orsi polari».
Inoltre nel fegato degli orsi stati trovati Pfos in concentrazioni 100 volte superiori a quelli delle foche dagli anelli.
Il nuovo studio, che ha utilizzato l’orso polare come specie “sentinella” per gli esseri umani e altri predatori in cima alla catena alimentare, dimostra «l”accumulo di Pfos e di diversi Pfca in otto regioni del cervello degli orsi polari raccolti di Scoresby Sound, nella Groenlandia orientale».
Robert Letcher, della Carleton University, spiega: «Sappiamo che i contaminanti liposolubili sono in grado di attraversare la barriera emato-encefalica, ma è abbastanza preoccupante che i Pfos ed i Pfca, che sono più associati alle proteine nel corpo, siano presenti in tutte le regioni del cervello che abbiamo analizzato».
Anche Rune Dietz, dell’università di Aarhus, è molto preoccupato per i risultati dello studio: «Se i Pfos ed i Pfca possono attraversare la barriera emato-encefalica negli orsi polari, potranno farlo anche nel caso degli esseri umani. Il cervello è una delle parti più essenziali del corpo, dove le sostanze chimiche di origine antropica possono avere un grave impatto. Tuttavia, stiamo cominciando a vedere l’effetto degli sforzi per ridurre al minimo la dispersione di questo gruppo di agenti inquinanti».
Per comprendere il trasferimento degli inquionanti oltre la barriera emato-encefalica sono state studiate diverse parti funzionali del cervello degli orsi polari della Groenlandia orso polare e i ricercatori hanno scoperto che le regioni interne del cervello più vicine al flusso di sangue in arrivo (midollo, talamo e ipotalamo) contenevano concentrazioni sempre più elevate di perfluoroottansulfonico e diversi carbossilati perfluorurati rispetto alle regioni cerebrali esterne (cervelletto, striato e frontale, corteccia occipitale e temporale).
Gli otto Pfos ed il Pfoa sono Pfas che sono stati eliminati e non vengono più prodotte nel mondo occidentale, ma la produzione in Cina, oggi l’unica fonte di produzione nota di Pfos e Pfoa è aumentata di 10 volte da quando è stata vietata anche negli Usa e i ricercatori dicono che purtroppo la Cina non fornisce nessun inventario delle emissioni di queste sostanze. Inoltre i sostituti dei Pfos e Pfoa in vendita negli Usa e in Cina hanno di solito catene di carbonio perfluorurate che sono più brevi o ramificate.
Notizie migliori vengono da un altro recente studio dell’università di Aarhus (Trends of perfluorochemicals in Greenland ringed seals and polar bears: indications of shifts to decreasing trends) nel quale si legge che «le concentrazioni di Pfos negli orsi polari e nelle foche dagli anelli della Groenlandia sono iniziate a diminuire dopo il 2006. Altre popolazioni della fauna selvatica più vicino alle fonti in Europa e Nord America hanno mostrato un declino prima di quello rilevato negli animali groenlandesi».
Dietz conclude: «E’ promettente vedere che i Pfas sono in declino. Questo sviluppo deve essere incoraggiato dalle autorità a livello globale. Nel frattempo il mio miglior consiglio ai consumatori è quello di comprare prodotti con etichettature ambientali. Ma evitare questi prodotti è difficile, perché i Pfas sono così diffusi in molti tipi di prodotti e raramente vengono dichiarati».