Trent’anni della legge sui Parchi, MiTe e Federparchi: futuro d’Italia, futuro d’Europa

Ispra: siamo ancora molto distanti dall’obiettivo Ue del 30%, sia a terra sia a mare. Prevista l’istituzione di 23 nuove aree marine protette

[14 Dicembre 2021]

30 anni fa, nel dicembre  del 1991, fu varata la legge 394 che  definiva e regolamentava  gli enti parco, dando una spinta fondamentale a quello che  diverrà  il “sistema italiano delle aree naturali protette”.  «Un sistema – evidenzia Federparchi – la cui missione primaria è la conservazione della natura coniugata, come già indicato nella legge  grazie ad una visione lungimirante, a processi di sviluppo sostenibile oggi ancora più importanti alla luce delle sfide del futuro per il nostro Paese e per l’Europa».

Oggi, il convegno “Trenta anni di parchi, futuro d’Italia futuro d’Europa”promosso da Ministero della Transizione Ecologica (MiTE), in collaborazione con Federparchi, ha ribadito che «Le aree naturali protette  svolgono un ruolo fondamentale per la tutela della biodiversità ma, allo stesso tempo, sono anche laboratori di sviluppo sostenibile e, alla luce del Green Deal e del PNRR possono svolgere un ruolo ancora più importante per un futuro Green e sostenibile. La legge quadro sui parchi (394/1991), a trent’anni dal suo varo, è ancora valida nel suo impianto pur necessitando qualche aggiornamento per essere al passo con i tempi».

MiTE e Federparchi  sottolineano che «I parchi  naturali sono  territori di eccellenze naturalistiche, scrigni di biodiversità e bellezza, habitat preziosi per le specie animali e vegetali; presidi avanzati nel contrasto ai mutamenti climatici e laboratori di sviluppo sostenibile. La pandemia, inoltre,  ci ha mostrato il valore aggiunto che il contatto con la natura ha sulla salute fisica e mentale delle persone. In questa prospettiva le aree naturali protette assumo un  ruolo ancora più determinante nel processo di transizione ecologica,  ormai  strada obbligata per una economia a misura d’uomo. Un percorso deciso ed avviato a livello europeo e definito nella cornice del New Green Deal e del Next Generation Ue, declinato in Italia con il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza che deve vedere i territori  protagonisti e soggetti attivi di una prospettiva all’insegna della sostenibilità».
Nel suo intervento, sottosegretaria  al MiTE Ilaria Fontana (M5S) ha ricordato che «Il 6 dicembre abbiamo celebrato il trentesimo anniversario della promulgazione della legge Quadro sulle Aree Protette, la 394/91, il primo strumento normativo a dettare principi fondamentali per l’istituzione e la gestione delle aree protette in Italia. I Parchi italiani cosi come le Aree marine protette rappresentano una commistione perfetta tra conservazione degli ecosistemi e strumenti di studio e di sviluppo economico, sociale e culturale. Dei veri e propri laboratori in cui sperimentare buone pratiche in un ottica di sviluppo sostenibile e promozione di un benessere equo e integrale».

Il presidente di Federparchi, Giampiero Sammuri, ha concluso: «Possiamo affermare che, a trenta anni dal suo varo,  la legge 394 del 1991 è ancora valida nel suo impianto per quanto riguarda la tutela della biodiversità.  Come tutte le norme, tuttavia, ha bisogno di aggiornamenti. Il più importante riguarda i parchi regionali che dovrebbero essere parte  integrante del sistema, magari utilizzando il piano triennale già previsto dalla legge. Altri interventi andrebbero fatti per migliorare la  governance (penso, ad esempio, ai meccanismi di nomina di presidenti, consigli e direttori) e rendere efficaci gli strumenti di gestione e programmazione che a volte, come per i piani-parco e quelli di sviluppo, si sovrappongono tra loro. Serve  una spinta per l’innovazione non solo tecnologica ma anche gestionale degli enti parco, a maggior ragione a fronte dell’obiettivo ambizioso che ci pone l’Unione Europea di raggiungere al 2030 il 30% di territorio protetto».

Intanto il  rapporto  “Dove va l’ambiente italiano” presentato ieri alla Camera dei deputati  dall’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) guarda al futuro e  conferma che «Le aree protette sono strumenti essenziali per la salvaguardia della biodiversità. Per questo motivo l’Unione Europea ha stabilito che per il 2030 tutti i Paesi membri dovranno proteggere almeno il 30% delle proprie superfici terrestri e il 30% di quelle marine, e che un terzo di queste dovrà essere protetto in modo rigoroso».

Ispra ricorda che «In Italia il sistema delle aree di tutela ambientale è formato dall’integrazione e sovrapposizione delle aree protette nazionali e regionali e dei siti della Rete Natura 2000, rete ecologica diffusa sul territorio dell’Unione Europea. Le aree protette sia terrestri sia marine sono aumentate molto, per numero e per estensione, dagli anni ‘70 a oggi. Sono state istituite 875 aree protette per una superficie di 3.173.305 ettari a terra e una superficie a mare di 2.858.925 ettari. I Parchi nazionali Arcipelago La Maddalena e Arcipelago Toscano comprendono anche superfici marine. Complessivamente quindi il sistema delle aree protette e gli oltre 2.600 siti della Rete Natura 2000, coprono circa il 20% della superficie terrestre nazionale, e l’11% della superficie marina di giurisdizione italiana (acque territoriali +ZPE). Se però si aggiungono anche le aree dette Other effective area-based conservation measures, che pur non essendo protette forniscono un efficace contributo alla conservazione della biodiversità, si arriva a tutelare il 19% delle superfici marine afferenti al nostro Paese. Siamo quindi ancora molto distanti dall’obiettivo europeo del 30%, sia a terra sia a mare».

Il rapporto conclude la scheda dedicata alle aree protette evidenziando che «Nonostante il ruolo cruciale svolto negli ultimi decenni dalle aree protette, gli attuali tassi di perdita di biodiversità impongono l’ampliamento della rete di zone tutelate e spetta ora all’Italia designare nuove aree da proteggere. A questo proposito è già stata definita, e prevista per legge, l’istituzione di 23 nuove aree marine protette. Accanto all’ampliamento sarà poi necessario migliorare l’efficacia delle misure di conservazione, in base ai risultati dei monitoraggi ambientali e socioeconomici.La capacità di condividere e mettere a sistema le buone pratiche adottate dalle singole realtà sarà un elemento essenziale per il pieno funzionamento di una rete efficace di aree protette nazionali ben integrata con quella europea».