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Trivelle, il «tradimento dell'Abruzzo». La Regione si schiera col governo: no al referendum

Domani in Corte costituzionale il governo contro 9 regioni
 |  Natura e biodiversità

Secondo il Comitato nazionale No-Triv, «in Abruzzo ormai siamo a questo: a un pezzo di carta in luogo di una delibera del Consiglio regionale, firmato dai soli consiglieri di maggioranza, con il quale si "autorizza" il rappresentante del Consiglio regionale (Paolini) a non agire a tutela del referendum davanti alla Corte costituzionale (per il conflitto di attribuzione contro il Parlamento). Il "documento" reca persino la firma del Presidente del Consiglio regionale Di Pangrazio».

In un comunicato la Regione afferma che «Questa delibera è stata adottata poiché con i commi 239 e 242 dell’art. 1 della legge 208/2015 (Legge di Stabilità 2016) il Governo ha introdotto le modifiche normative richieste dalla Regione Abruzzo sulle trivellazioni petrolifere ed è quindi cessata la materia del contendere. Tali modifiche  sono pienamente satisfattive rispetto alle domande referendarie poste" e hanno ottenuto "il medesimo effetto abrogativo che si sarebbe prodotto in via referendaria, con piena soddisfazione delle prerogative dell’Ente regionale promotore con conseguente caducazione di tutte le richieste referendarie a tal fine formulate».

Il presidente della Regione Abruzzo, Luciano D’Alfonso, ha detto: «Risolta la questione di Ombrina di Ferro, non può che dirsi cessata la materia del contendere referendario. Entro 12 miglia nessuna piattaforma né ginnastica di ferro petrolifera. Dopo il 20 gennaio, riprendiamo un'iniziativa istituzionale per fronteggiare e risolvere il tema delle isole Tremiti, usando i tavoli istituzionali».

Quindi l’Abruzzo, dopo esserne stato uno dei promotori, si è clamorosamente sfilato dal gruppo delle Regioni che sostengono il Referendum No Triv rimasto, e il 15 gennaio  la Regione Abruzzo si è costituita in giudizio di fronte alla Corte costituzionale contro le altre 9 Regioni e a sostegno del Governo Renzi per chiedere che il Referendum No Triv sia dichiarato inammissibile. Domani alla Corte Costituzionale  lo scontro sarà tra Governo e  Abruzzo da un lato e tra le Regioni Basilicata, Marche, Puglia, Sardegna, Veneto, Calabria, Liguria, Campania e Molise, 7  delle quali amministrate dal PD, lo stesso partito al governo dell’Italia e del Molise.

Caustici i consiglieri regionali abruzzesi del Movimento 5 Stelle: «D'Alfonso, nella scelta tra il suo territorio e il benvolere di Renzi, proprio non ce la fa a scegliere l’Abruzzo e, ancora una volta, dice sì a Renzi, prendendo in giro tutti gli abruzzesi. E lo fa attraverso un atto di Giunta, alla 'chetichella', come un bimbo che non vuole farsi scoprire dalla mamma mentre ruba la marmellata dalla credenza. Nessuna considerazione per le decisioni prese all'unanimità dal Consiglio al completo, il Goverantore prende in giro i consiglieri di maggioranza e di centro destra che ci avevano messo la faccia per promuovere il referendum. Non prende in giro il M5S che era, con grande rammarico, certo che salvare il “mare blu” non fosse realmente intenzione di D'Alfonso. Forse meglio salvare quel rapporto (quasi inesistente) con Renzi».

I No-Triv sottolineano che «In ogni caso manca la delibera del consiglio regionale con la quale si è "autorizzato" il rappresentante del Consiglio regionale (Paolini) a tirarsi fuori dal referendum e a costituirsi davanti alla Corte costituzionale contro le altre 9 regioni perché il prossimo 19 gennaio sia affossato il referendum».

Il Coordinamento Nazionale No Triv – sezione Abruzzo ritiene che «non si sia semplicemente di fronte al tradimento, di per sé grave, irresponsabile e censurabile, del Referendum No Triv ma dinanzi ad un duplice atto di cui non può sfuggire la natura violenta e potenzialmente eversiva, di fronte al quale le forze sinceramente democratiche, al netto della diversità di opinioni sull’oggetto del Referendum, non possono rimanere inerti».

I No-Triv Di Salvatore e Gagliano dicono che «In un Paese normale le opposizioni non esiterebbero a chiedere le dimissioni immediate del Presidente D’Alfonso e della sua Giunta. L’Assemblea eletta da tutti gli abruzzesi è stata by passata da “pochi intimi” che hanno deciso, in perfetta solitudine, di andare nella direzione esattamente contraria a quella decisa dal Consiglio Regionale. Eppure avevamo messo in guardia tutti fin da lunedì scorso, appena saputo che la Regione Abruzzo non avrebbe sollevato il conflitto di attribuzione dinanzi alla Corte Costituzionale sulla questione del Piano delle Aree. Come si fa ad affermare che le ragioni referendarie sono da ritenersi soddisfatte dalla Legge di Stabilità quando la Cassazione ritiene ammissibile il quesito sulle 12 miglia? quando 9 Regioni si costituiscono in giudizio dinanzi alla Corte Costituzionale contro il Governo e 6 lo fanno per difendere, con il Piano delle Aree, il loro potere di decidere in quali aree non debba potersi trivellare?»

Secondo Di Salvatore , «Rinunciare a salvare il Piano Aree significa rinunciare al quesito referendario n.2, proprio quello che avrebbe consentito alle Regioni di poter mettere becco nelle decisioni riguardanti tutto il mare territoriale ed anche quello delle 12 miglia. Altro che nuove modifiche normative per estendere il Mare Blu. Questo è solo fumo negli occhi! Sulla partita referendaria il Governo e Renzi hanno giocato e continuano a giocare la loro partita, che è anche quella delle compagnie petrolifere, in vista dello scontro finale che si avrà in occasione del referendum sulla revisione costituzionale. In questo hanno trovato un alleato prono e fedele nel Presidente della Regione Abruzzo che forse così confida di poter ottenere in cambio lo stop definitivo di Ombrina, le agognate risorse del Master Plan e, con un secondo endorsement di Renzi, una corsia preferenziale sulla Pescara-Roma».

Redazione Greenreport

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