Riceviamo e pubblichiamo
Troppa confusione sulle competenze per la gestione dei parchi
Corte dei Conti, molti tra quelli nazionali sono senza piano
[27 Giugno 2016]
La recente discussione promossa da varie associazioni e personalità nei confronti del Wwf sui problemi dei parchi e della legge del Senato sulla 394 ha sicuramente avuto il merito di ricordarci una situazione sempre più a rischio. E soprattutto connotata da troppi omissis e posizioni strumentali e pretestuose. Sono emerse però anche valutazioni, ad esempio, sulle competenze dei presidenti e dei direttori dei parchi che sarebbero necessarie per gestioni adeguate degli enti parco oggi sempre meno rintracciabili che non convincono. Sui direttori penso anch’io che serva un concorso pubblico e non scelte personali e di comodo. D’altronde, albo o no, le competenze di un direttore non sono poi così misteriose o indefinibili da sconsigliare il concorso.
Ben diverso il caso del presidente di un parco come d’altronde di un sindaco con la sola differenza che il sindaco è eletto e il presidente di un parco scelto d’intesa tra gli enti elettivi regione e comuni ( non più le province) nel caso dei parchi regionali e anche con il ministero dell’ambiente nel caso di quelli nazionali. Insomma scelti in ‘leale collaborazione istituzionale’ che risulta purtroppo sempre meno praticata, vedi nuovo Titolo V. Qui non ci sono titoli come per un direttore ma competenze, esperienze, conoscenze politico-istituzionali che non sempre risultano facilmente verificabili o verificate. Ma indispensabili e non riducibili a competenze politicamente ridimensionate perché le istituzioni sono gestite e devono rimanere gestite – correttamente e in maniera trasparente – dalla politica.
La legge 394 come le leggi regionali sono state approvate dal Parlamento e dalle regioni. E anche gli strumenti più importanti come il piano del parco o il Piano regolatore del comune sono predisposti da tecnici ma approvati dall’ente parco e regione o dal consiglio comunale. L’idea che piace anche ad alcune associazioni ambientaliste di far sempre meno posto alla politica e più alle rappresentanze di categorie va proprio nella direzione sbagliata tanto più nel momento in cui serve proprio l’opposto rispetto anche al testo del senato a partire dalle aree protette marine. Ai Nebrodi alla mafia è la politica che ha saputo rispondere come quando è stato assassinato Vassallo. Che oggi non si possa essere soddisfatti della capacità complessiva dei nostri parchi di reagire e rispondere alla crisi che li affligge è fuori discussione.
Tutte le chiacchiere sulla legge che impedisce ai parchi di funzionare se la non si rinnova le porta via il vento della denuncia della Corte dei Conti, che ci ricorda che i maggiori parchi nazionali sono senza piano. E il tutto senza che il ministero dell’ambiente salvo qualche sviolinata su come sono belli i nostri parchi faccia una mazza. E qui torna una questione che non può più essere taciuta e cioè il ruolo di Federparchi. Ho già ricordato fin troppe volte che l’associazione nel corso degli anni passati ha incalzato sempre con proposte e critiche i vari ministri fino a scontri e polemiche roventi. La Rivista Parchi come ToscanaParchi, come la Collana editoriale ETS sulle aree protette unitamente ai Centri Studi Giacomini di Gargnano, Coste Italiane Protette (CIP) al Parco del Conero, quello sulle aree protette fluviali di MonteMarcello Magra, quello Europeo delle 5 Terre documentato come meglio non si potrebbe questa volontà e capacità della associazione dei parchi di farsi sentire e valere. Oggi è buio pesto. E non si dica che non c’entra con le vicende in corso. C’entra eccome.
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