
Un Contributo programmatico per il Congresso di Federparchi del 2023

Riceviamo e pubblichiamo
Negli ultimi 40 anni in Italia si sono compiuti straordinari passi in avanti, sia quantitativi che qualitativi, per proteggere e valorizzare uno dei patrimoni naturali più importanti al mondo.
Dopo lo slancio impresso dalla legge 394 purtroppo, sia lo Stato Centrale che le Regioni, hanno progressivamente affievolito il loro impegno per consolidare e rafforzare gli strumenti di tutela della biodiversità ed in particolare gli enti gestori delle aree protette .
Stato centrale e Regioni non hanno saputo perseguire, attraverso la leale cooperazione istituzionale, la costruzione di un vero e proprio sistema nazionale di aree naturali protette, in altre parole la Rete Ecologica Nazionale, quale parte della più vasta Rete Ecologica Europea.
Tuttavia, nella società in generale ed in particolare nei territori toccati dalle aree protette, in questi anni, insieme alla maggiore consapevolezza circa l’importanza di conservare e valorizzare il patrimonio naturale, sono cresciute ,soprattutto nelle aree più interne del nostro paese, nuove “imprese verdi”, nuove forme di economia sociale e di volontariato che hanno il loro “core business” nella sostenibilità ambientale, nell’identità territoriale e che sono improntate al protagonismo delle comunità locali .
Dopo l’insuccesso dell’accordo di Aichi e dei 20 target per il decennio 2010-2020, il negoziato della COP 15 di Montreal punta a portare la percentuale di aree protette al 30 per cento entro il 2030: raddoppiando la superfice di quelle terrestri e triplicando quella delle aree protette marine .
Un obiettivo così ambizioso quanto necessario richiede al nostro paese uno sforzo straordinario da parte innanzitutto dello Stato centrale, delle Regioni , delle Autonomie locali , dei Parchi e più in generale del variegato mondo associativo che opera nel campo della tutela e della valorizzazione della natura.
Per vincere questa sfida le aree protette debbono fare leva innanzitutto sul potenziale di imprese , di associazioni e di enti che operano nei territori tutelati e in quelli da tutelare e da valorizzare.
I Comuni e soprattutto i piccoli Comuni, insieme alle loro organizzazioni associative, l’ANCI , l’UPI e l’UNCEM, sono il fulcro principale su cui agire per potere rilanciare questi territori e insieme aprire una nuova stagione dei Parchi italiani .
Le aree protette in questo particolare momento storico debbono essere capaci di rinnovare e arricchire la propria funzione se vogliono contribuire a contrastare la crisi ecologica che attraversa il mondo intero, oltre che a continuare a difendere con successo la biodiversità.
Mentre la prima fase di vita della Federparchi è stata impegnata innanzitutto a rappresentare le aree protette in sede europea, nazionale e regionale , a farle collaborare tra di loro e con i soggetti sociali , economici e culturale che operano nei territori protetti, con il prossimo Congresso occorre disegnare una nuova Federparchi .
In altre parole, oltre che essere consapevoli ed orgogliosi di chi siamo stati e di chi siamo, dobbiamo rispondere all’interrogativo “chi vogliamo essere”.
Il punto oggi, per i Parchi del XXI° secolo, non è tanto o solo quello di sottolineare i propri bisogni : più personale, più risorse, meno burocrazia ecc., o di denunciare la mancanza di impegno a loro favore da parte dello Stato centrale e delle Regioni, quanto quello di pensarsi e poi di agire come attori territoriali per essere promotori dei processi di progettazione del futuro delle comunità locali.
Serve quindi dare all’associazione una nuova identità per attualizzare la missione dei parchi e con essa la missione della Federparchi.
Essere all’altezza del momento e delle sfide che abbiamo davanti richiede prima di tutto la voglia ed il coraggio di cambiare, uscendo innanzitutto dall’autoreferenzialità e dal pur giusto lamento edabbandonare la nicchia in cui sono state relegate contro la loro volontà le aree protette .
Se avremo il timore di compiere queste scelte e ci rinchiuderemo ancora di più in noi stessi la prospettiva sarà solo quella della totale irrilevanza.
I Parchi sopravviveranno ma come semplice foglia di fico all’interno di un Italia sempre più povera sotto il profilo naturale e dovranno così rinunciare alla loro funzione più alta , quella cioè di espandere fuori dei loro confini la tutela della natura e del paesaggio e soprattutto per diffondere una nuova cultura di gestione del territorio e delle sue risorse .
Occorre acquisire una nuova prospettiva, puntare a nuove alleanze territoriali e compiere una profonda riforma del proprio modo di essere.
Ai Parchi serve una Federparchi profondamente rinnovata, adatta alle nuove sfide, in grado di assumere un ruolo importante e riconosciuto dentro un panorama politico ed istituzionale in rapido mutamento.
Insieme al lavoro per portare avanti la loro principale funzione e cioè la conservazione della biodiversità, i Parchi hanno bisogno che la Federparchi li aiuti maggiormente a guardare fuori dei loro confini per tessere alleanze sociali e per costruire dei veri e propri patti territoriali con la miriade di soggetti istituzionali e non che operano nelle comunità locali .
O si riesce in questa impresa o il rischio è quello di essere sempre più marginali nei processi volti a disegnare un nuovo sviluppo territoriale sostenibile, come purtroppo è avvenuto nella gestione del PNNR e non solo.
La nuova Federparchi deve aprirsi ed associare a pieno titolo , oltre agli enti gestori delle aree protette, i comuni che ne fanno parte, quelli interessati dai Siti della rete natura 2000 esterni alle aree protette esistenti e quelli delle Riserve della Biosfera .
Così come va rivisto , per potenziarlo ed allargarlo, il ruolo dei sostenitori di Federparchi assegnando loro funzioni che vadano ben oltre quello della semplice consultazione .
La Federparchi deve e può trasformarsi, allargando la propria base associativa e quindi la propria missione ,facendo aderire a questo obiettivo la sua nuova natura, sia statutaria che organizzativa.
Tutto questo richiede, a partire dal Congresso, l’avvio di un percorso strutturato e sufficientemente rapido per costruire questa nuova entità associativa.
Per tutte queste ragioni, il Congresso dovrebbe esprimere un nuovo gruppo dirigente, strettamente legato alle più innovative esperienze di gestione e di collaborazione istituzionale, portatore di questa prospettiva "aperta", in grado di rappresentarla e di impegnarsi concretamente per realizzarla.
Luigi Bertone già Presidente di Federparchi
Enzo Valbonesi già Presidente di Federparchi
