Una delle piante italiane più a rischio estinzione è stata re-introdotta in natura
Si tratta della calamaria di Malinverni, rara felce acquatica che dopo aver perso il 90% della popolazione è stata riportata nel Parco lombardo della Valle del Ticino
[5 Febbraio 2024]
L’ormai rara felce acquatica calamaria di Malinverni (Isoëtes malinverniana) è una delle piante italiane più a rischio d’estinzione. Vive su questo pianeta dall’era mesozoica – compresa tra 250 e 65 milioni di anni fa – eppure negli ultimi vent’anni ha perso il 90% delle popolazioni.
Il suo areale si estende tra Piemonte e Lombardia (province di Vercelli, Novara e Pavia), dove cresce in canali e rogge che alimentano di acqua le risaie di questa porzione di Pianura Padana occidentale: non a caso tra le cause del suo declino vi sono il mutamento delle pratiche agricole legate alla risicoltura e la gestione dei canali irrigui.
Per provare a invertire la rotta, nel 2023 è stato costituito un tavolo permanente per la conservazione di questa specie di interesse comunitario, come sancito dalla direttiva Ue Habitat 93/42/CEE, nell’ambito del progetto Life Ip Gestire 2020, progetto europeo di cui è capofila la Regione Lombardia.
Il tavolo comprende tutti gli Enti coinvolti nella gestione e conservazione di Isoëtes malinverniana: Regione Lombardia, Ente regionale per i servizi all’agricoltura e alle foreste (Ersaf), Centro flora autoctona della Lombardia, Parco lombardo della Valle del Ticino, Consorzio di bonifica est Sesia, Università di Pavia e Roma Tre, Orto botanico città studi dell’Università degli Studi di Milano.
Grazie al lavoro di questo tavolo, oggi la Isoëtes malinverniana è stata re-introdotta in natura presso la Roggia Magna (Pavia), in un’area storica di presenza della specie da cui però essa è recentemente scomparsa.
L’intervento ha permesso di mettere a dimora all’incirca 100 esemplari di Isoëtes malinverniana provenienti dall’Orto botanico dell’Università di Pavia, dove questa specie viene regolarmente propagata.
«Non si tratta di un punto di arrivo, bensì dell’inizio di un percorso che prevede il monitoraggio della popolazione e la messa a dimora di ulteriori piante, fino ad ottenere una popolazione stabile», spiega Thomas Abeli, botanico dell’Università degli Studi Roma Tre.
«Se tutto andrà come previsto – conclude Simone Orsenigo, docente dell’Ateneo di Pavia – Isoëtes malinverniana potrà diventare un simbolo di riconciliazione tra attività umana e natura in una delle aree più antropizzate e intensamente sfruttate d’Italia».