Val d’Agri, le condotte petrolifere le controlla (visivamente) il Parco?
Il Progetto security del Parco nazionale dell’Appennino lucano, Val d’Agri, Lagonegrese
[28 Gennaio 2016]
Alcuni lettori ci segnalano che il Parco nazionale dell’Appennino lucano, Val d’Agri, Lagonegrese ha bandito una gara da oltre 3 milioni di euro (Progetto security) per difendersi dai danni dell’estrazione del petrolio che prevede la ricognizione visiva della tenuta delle condotte petrolifere che collegano i pozzi ricadenti nel territorio del Parco.
Un nostro lettore si chiede: «Chi paga? il Parco nazionale e rimborsano Eni e Total? Oppure l’Unione europea o la Regione? E poi, nel 2016 per visionare le condotte utilizziamo prevalentemente le risorse umane? Non ci sono tecnologie efficaci? Ps: che fine ha fatto il Piano del Parco?»
In effetti, nel Capitolato descrittivo del servizio pubblicato dalla Direzione generale area III del Parco nazionale dell’Appennino lucano, Val d’Agri, Lagonegrese (disponibile in allegato) si legge che «il Progetto security mira ad attuare un programma di monitoraggio ambientale e di controllo del territorio, finalizzato ad identificare e pianificare gli interventi da realizzare per risanare situazioni che rappresentano pericoli incombenti e potenziali, che compromettono non solo lo stato di conservazione dei paesaggi, molto spesso caratterizzati da un elevato valore naturalistico o dalla presenza di colture di pregio, ma anche la sicurezza e la salvaguardia del territorio in generale, nonché della salute umana. Il progetto è finalizzato al monitoraggio e controllo a vista delle condotte che collegano i diversi pozzi petroliferi, che rientrano nel territorio del Parco (ma anche nel territorio limitrofo, ndr), con particolare riferimento ai controlli visivi e le rilevazioni ambientali (però nel testo non si parla mai di queste rilevazioni ambientali, ndr), oltre alla valutazione di eventuali situazioni anomale e/o sospette. Nel monitoraggio delle condotte, il parametro principale è la sicurezza, influenzata dall’età e dalle condizioni delle stesse».
Ecco come si prevede che avvengano le attività di controllo visivo e ambientale: «Il monitoraggio e il controllo delle condotte che collegano i diversi pozzi petroliferi ricadenti nel territorio del Parco deve essere effettuato mediante ispezioni visive in loco con l’impiego esclusivo e diretto di risorse umane. L’operatore economico potrà integrare il sistema visivo con ulteriori controlli. La tipologia di controllo visivo e ambientale si svilupperà nel seguente modo: monitoraggio quotidiano di tutte le condotte petrolifere, consistente nella verifica del loro stato conservativo e del corretto funzionamento per il trasporto di idrocarburi; realizzare un report sullo status delle condotte e sulla sicurezza nelle vicinanze delle stesse, accompagnato da una relazione fotografica. Qualora durante le ispezioni sopravvengano situazioni sospette e/o anomale, queste dovranno essere comunicate al Responsabile unico dell’Ente parco per le conseguenti verifiche. Gli operatori economici specializzati dovranno essere provvisti di abbigliamento adeguato e per i sopralluoghi presso ciascun sito/area disporranno di opportune planimetrie per la localizzazione delle condotte».
In sostanza si tratta di controllare visivamente – cioè, andare sul posto e guardare – tutti i giorni, per 3 anni, le condotte ricadenti o limitrofe al territorio del Parco. In realtà l’appalto è prorogabile per ulteriori 3 anni per altri 3,5 milioni di euro.
A parte che, come suggerisce un nostro lettore, forse le condotte le dovrebbe controllare chi le ha messe e con le tecnologie avanzate di cui dispone l’industria petrolifera che, dove obbligata, le mette in funzione 24 ore su 24. Quello che viene spontaneo da chiedersi è: com’è possibile che la gestione in sicurezza delle condotte sia a carico dell’Ente parco, il cui compito istituzionale non ci sembra sia quello?