Vincitori e vinti nell’Artico: aumentano le balene, in pericolo orsi polari, trichechi e foche
Nell’Artico sono arrivate megattere e balenottere a caccia di plancton nel mare senza ghiaccio
[8 Settembre 2016]
Sue Moore, dell’Office of science and Technology della Noaa/Fisheries, è convinta che nell’ecosistema marino artico del Pacifico stia emergendo una “nuova normalità” climatica, coincidente con la drammatica perdita di ghiaccio marino ad un tasso che ha accelerato dopo il 2000. Nello studio “Is it ‘boom times’ for baleen whales in the Pacific Arctic region?”, che ha appena pubblicato su Biology Letters, la Moore sopiega che «Complessivamente, la regione ha perso il 75% del ghiaccio marino in volume e il 50% in copertura superficiale a fine estate, coincidente con l’estensione da 4 a 6 settimane del periodo di mare aperto». Questi enormi cambiamenti hanno fatto sì che «L’ecosistema marino a nord dello stretto di Bering è più caldo, più fresco e tempestoso rispetto al passato, con un ‘afflusso annuale di acque del Pacifico che ora è di circa il 50% in più di prima del 2001. I dati satellitari indicano che questa trasformazione biofisica supporta l’aumento del 42% dei livelli di produzione primaria netta (NPP) di fitoplancton nel Mare di Chukchi e del 53,1% nel Mare di Beaufort, probabilmente in risposta al ridotto spessore del ghiaccio marino e l’estensione del periodo di acqua aperta».
Però, la ricercatrice statunitense avverte che i satelliti non possono vedere i picchi di NPP che sono comuni in tutto l’Oceano Artico, quindi la portata reale delle modifiche apportate dalla produttività primaria regionale non sono chiare. Invece, la cosa chiara è che un numero crescente di esemplari di specie subartiche misticeti vengono segnalati regolarmete durante l’estate e l’autunno nel Mare de Chukchi, in particolare le megattere ( Megaptera novaeangliae), la balenottera comune (Balaenoptera physalus) e la balenottera minore (Balaenoptera acutorostrata). Megattere, balenottere comuni e minori sono state osservate, durante ricerche aeree condotte da luglio a settembre nel periodo 2009-2012, tra lo Stretto di Bering e il 69° N di latitudine, dove non erano state viste durante indagini condotte nel periodo 1982-1991. Questi predatori, che si cibano di zooplancton e pesci, si vanno ad aggiungere alla balena grigia (Eschrichtius robustus), che migra stagionalmente nell’Artico, e alla Balena della Groenlandia (Balaena mysticetus) endemica dell’Artico. «Da segnalare . dice la ricercatrice della Noaa – che le rilevazioni dei richiami delle megattere e delle balenottere cessano vicino l’inizio della formazione di ghiaccio del mare ogni anno, in coincidenza con l’inizio dei rilevamenti dei richiami della balena della Groenlandia. In altre parole, la specie subartiche partono quando le specie endemiche dell’Artico arrivano, insieme al ghiaccio marino stagionale».
Quindi i cambiamenti climatici che stanno mettendo in grande difficoltà gli orsi polari, i trichechi e le foche, che hanno bisogno della banchisa ghiacciata per riprodursi e cibarsi, starebbero favorendo l’espansione dell’areale delle balene che possono foraggiarsi in aree prima inaccessibili per loro e con fonti di cibo in netti aumento.
La Moore di chiede se l’aumento delle 5 specie di misticeti dipenda dall’habitat libero dai ghiacci in espansione e spiega: «Mentre non c’è stato alcun programma di ricerca specificamente incentrato su queste questioni, un esame dell’occorrenza stagionale, della plasticità foraggiamento e delle condizione fisiche (per le balene) suggerisce che l’attuale stato di dell’ecosistema marino del Pacifico artico potrebbe essere un “periodo di boom” per le balene. Tuttavia, queste condizioni favorevoli potrebbero essere moderate da cambiamenti futuri nella struttura degli ecosistemi e/o da impatti negativi per i cetacei legati alla maggiore attività economica nella regione», cioè dall’apertura di nuove rotte commerciali marittime molto più frequentate – , come scrivevamo ieri su greenreport.it – o dall’aumento dell’estrazione di gas e petrolio
La Moore è convinta che l’aumento del numero di balene contribuirà a stabilizzare l’ecosistema artico mutato del riscaldamento globale: «Le balene agiscono come ingegneri ecosistemici e il recupero dei loro numeri può effettivamente fare da tampone all’ecosistema marino che si sta destabilizzare per gli stress associati ai rapidi cambiamenti».
Ma la scienziata statunitense conclude lanciando un allarme: «Gli orsi polari, i trichechi e foche dei ghiacci sembrano essere particolarmente vulnerabili perché si basano sul ghiaccio marino come piattaforma per le funzioni chiave per la loro life-history, come il parto, l’allattamento dei cuccioli, la caccia e il riposo».
Quindi il riscaldamento globale che sta cambiando rapidamente il volto dell’Artico avrebbe dei vincitori e, a sorpresa, non sono solo le compagnie di navigazione e dei combustibili fossili ma anche le grandi balene che fino a pochi anni fa rischiavano l’estinzione. Purtroppo i perdenti potrebbero essere molti di più: orsi polari, trichechi, foche, narvali e beluga e la fauna artica stanziale e migratrice che vedono scomparire il loro fragile habitat, mentre megattere e balenottere si dirigono sempre più a nord per rimpinzarsi di plancton nel mare sempre più caldo e libero dai ghiacci.