Clima, il significato dell’accordo Usa – Cina visto dall’Italia
[12 Novembre 2014]
L’accordo appena raggiunto tra Usa e Cina segna una tappa storica per combattere il riscaldamento globale: Washington promette di tagliare la produzione di CO2 fra il 26% e il 28% entro il 2025. Pechino s’impegna a invertire la rotta entro il 2030 e produrre il 20% dell’energia da fonti alternative. «E’ una buona notizia per arrivare a un accordo alla Cop21 di Parigi – commenta il presidente di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza – un risultato frutto anche della mobilitazione globale che ha visto il 21 settembre scorso a New York e nel mondo milioni di persone in piazza chiedere un maggior impegno contro i cambiamenti climatici».
Perché tra un anno in Francia si raggiunga finalmente l’accordo su un nuovo e ambizioso obiettivo globale, che vada oltre il protocollo di Kyoto, per Legambiente l’Unione europea deve però essere «meno timida nella sue scelte, era partita bene ma poi si è fermata. Investa con decisione nelle nuove tecnologie per le energie rinnovabili e l’efficienza, che sono una soluzione concreta e a portata di mano per un cambiamento ambientale, sociale e industriale. Anche il governo italiano punti finalmente su questo spazio di mercato che ci consentirebbe di uscire dalla crisi economica e climatica, invece di aprire la strada a nuove trivellazioni».
La scusante della crisi economica, e dunque della cronica mancanza di risorse – dirottate, quando presenti, su altre “priorità” – difatti non regge. «Anche l’Unione Europea – osserva Mariagrazia Midulla, responsabile Clima ed Energia del Wwf Italia – deve compiere uno sforzo maggiore per guadagnare in autorevolezza e favorire l’accordo globale. Del resto, anche sul piano economico, l’azione decisa da subito paga ed evita perdite enormi in futuro». Gli obiettivi europei, anche se al ribasso, sono per il momento più ambiziosi di quelli che legano i due giganti affacciati sul Pacifico, ma la leadership globale sulle tecnologie verdi (e lo sviluppo economico che queste trascinano) risulta adesso sempre più in bilico per il Vecchio Continente.
«Le due superpotenze economiche più importanti al mondo – le maggiori responsabili delle emissioni di gas serra nell’atmosfera – hanno finalmente preso consapevolezza del fatto che devono agire per salvare il clima del Pianeta. E che devono farlo subito e insieme. L’impegno siglato oggi da Usa e Cina e gli obiettivi che l’Ue si è posta per il 2030 rappresentano una base su cui lavorare in vista di Parigi 2015, un buon segnale ma non è ancora sufficiente. Questi accordi – precisa Luca Iacoboni, responsabile Campagna Energia e Clima di Greenpeace Italia – sono ancora lontani dal cambiare le regole del gioco nella lotta al riscaldamento globale e dal dare una risposta efficace al problema dei cambiamenti climatici, le cui conseguenze sono ormai visibili quotidianamente in ogni parte del Pianeta. Gli annunci di oggi devono essere solo il punto di partenza su cui costruire politiche ambiziose e non un traguardo su cui adagiarsi».
La risposta dell’Europa non si è fatta attendere, ed è arrivata per bocca di Herman Van Rompuy. Il presidente del Consiglio Ue rivendica come «ambiziosi» gli obiettivi individuati dall’Unione (al 2030: 40% di riduzione delle emissioni di CO2 vincolante per gli Stati membri; aumento al 27% per le rinnovabili, vincolante solo a livello comunitario; incremento al 27% dell’efficienza energetica, a livello solamente indicativo), nonostante le diffuse critiche da parte ambientalista, e dichiara l’Europa «non vede l’ora di impegnarsi» con tutti i propri partner, ma che ancora manca l’impegno di una grande fetta degli Stati del mondo in questo percorso. «Gli annunci ad oggi coprono circa la metà delle emissioni globali. Esortiamo gli altri, in particolare i membri del G20 – afferma Rompuy – ad annunciare i loro obiettivi nella prima metà del 2015 e in modo trasparente. Solo allora potremo valutare insieme se i nostri sforzi collettivi ci permetteranno di soddisfare l’obiettivo di mantenere l’aumento della temperatura globale ben al di sotto di 2 gradi Celsius».
«Tutti i governi devono ora accelerare il ritmo e la portata dei loro impegni per i negoziati sul clima delle Nazioni Unite. E dovrebbero iniziare – conclude Midulla – nel corso della riunione del G20 di questo fine settimana, annunciando di voler porre fine ai sussidi ai combustibili fossili (impegno già preso a Pittsburgh nel 2009): 88 miliardi di dollari che ogni anno vanno ad alimentare la maggiore fonte di anidride carbonica e, quindi, il cambiamento climatico». Siamo alla vigilia della COP 20 di Lima, poi c’è un anno di negoziati sino al traguardo di Parigi, alla fine del 2015: la partita, chiosano gli ambientalisti, è appena cominciata.