Acciaio e CO2, c’è la restituzione per le quote di emissione assegnate per errore
[6 Luglio 2016]
La normativa nazionale può prevedere la restituzione delle quote di emissioni assegnate a causa di un errore quando non è più possibile chiedere all’amministratore centrale del registro l’annullamento: lo sostiene l’avvocato generale europeo, che afferma la non contrarietà al diritto europeo della legge del Lussemburgo.
La vicenda ha inizio quando il ministro dell’Ambiente di Lussemburgo assegna alla ArcelorMittal Rodange et Schifflange SA, a titolo gratuito, per il suo impianto siderurgico di Schifflange, un totale di 405 365 quote di emissioni di gas a effetto serra, corrispondenti al periodo compreso tra il primo gennaio 2008 e il 31 dicembre 2012. Nell’ottobre 2011, l’assemblea generale della ArcelorMittal decideva di sospendere l’attività dell’acciaieria. Decisione che però non viene notificata all’amministrazione lussemburghese. E dunque nel 2012 la ArcelorMittal ha ricevuto le quote assegnate per il 2012.
Poiché tra la data di tale richiesta (23 aprile 2012) e quella della ricezione delle quote assegnate (22 febbraio 2012) sono trascorsi 61 giorni, le autorità nazionali non hanno poturo presentare all’amministratore centrale del registro delle operazioni la richiesta necessaria per l’annullamento dell’assegnazione di dette quote. Quindi il ministro per lo Sviluppo sostenibile e le iInfrastrutture ha ordinato la restituzione delle quote rilasciate per il 2012.
La ArcelorMittal ha promosso la questione al Tribunale amministrativo del Lussemburgo sostenendo che il comportamento dell’amministrazione equivalga a un atto espropriativo, soggetto quindi a indennizzo. Sostenendo anche che la ArcelorMittal le quote di emissioni devono essere considerate beni e non autorizzazioni amministrative.
Il sistema di scambio di quote di emissioni di gas a effetto serra istituito dalla direttiva 2003/87/CE costituisce un punto focale dell’iniziativa dell’Unione volta a ridurre la presenza nell’atmosfera di questo tipo di gas. Gas ai quali è attribuito, in ampia misura, il riscaldamento globale del pianeta. Con tale sistema l’Ue attribuisce un valore economico alle quote e ne fa uno strumento di scambio di un vero e proprio mercato. In tal modo cerca di incentivare la riduzione delle emissioni inquinanti. L’affidabilità e la solvibilità di questo mercato richiedono un meccanismo rigoroso e affidabile di assegnazione e distribuzione delle quote di emissioni, per il quale è fondamentale l’azione coordinata dell’Unione e degli Stati membri.
La natura giuridica delle quote di emissioni è stata oggetto di un ampio dibattito dottrinale. In mancanza di una loro definizione nel diritto dell’Unione, alcuni Stati membri hanno deciso di configurarle come autorizzazioni amministrative, mentre altri le classificano come beni che possono formare oggetto del diritto di proprietà.
Ma, comunque sia, la restituzione di una quota di emissioni non utilizzata, giustificata dal fatto che la sua assegnazione è dipesa un errore, provocato dal suo titolare e al quale non si può porre rimedio con l’annullamento della registrazione è una conseguenza della direttiva 2003/87. In tal modo si garantisce il corretto funzionamento del sistema di scambio di quote di emissioni istituito dall’Unione come strumento chiave della sua politica di tutela dell’ambiente. La restituzione, in tali circostanze, non implica l’espropriazione di un bene già acquisito al patrimonio del titolare, bensì la revoca dell’atto di assegnazione della quota di emissioni a motivo dell’inosservanza dei requisiti cui tale assegnazione doveva essere subordinata.
Dunque, le quote di emissioni assegnate in violazione della direttiva non possono essere qualificate come beni compresi nel patrimonio dei loro titolari, ai fini delle garanzie connesse al diritto fondamentale di proprietà sancito dall’articolo 17 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.