Accordo di Parigi: gli impegni dell’Ue sono molto più solidi e credibili di quelli Usa

Usa e Brasile all'ultimo posto per credibilità e al penultimo, dopo l'Arabia Saudita, in termini di ambizione

[6 Settembre 2022]

Gran parte degli sforzi del mondo per mitigare gli effetti del cambiamento climatico dipendono dal successo dell’Accordo di Parigi del 2015. Lo studio “Determining the credibility of commitments in international climate policy” pubblicato su Nature Climate Change da David Victor, dell’università della California San Diego (UCSD) e della Brookings Institution, e da  Marcel Lumkowsky e  Astrid Dannenberg, dell’Universität Kassel, è il primo a fornire prove scientifiche per valutare l’efficacia delle politiche dei governi per attuare i loro impegni per ridurre le emissioni di CO2 che causano il riscaldamento globale.

La School of Global Policy and Strategy dell’UCSD evidenzia che  «La ricerca rivela che i Paesi con gli impegni più audaci hanno anche maggiori probabilità di raggiungere i propri obiettivi. L’Europa è in testa con gli impegni più forti che sono anche i più credibili; tuttavia, i risultati suggeriscono che gli Stati Uniti, nonostante abbiano un impegno meno ambizioso nell’ambito di Parigi, non dovrebbero rispettare i propri impegni».

Lo studio integra un nuovo campione di registrants della  Conferenza delle parti (COP Unfccc) , composto da oltre 800 esperti diplomatici e scientifici che, per decenni, hanno partecipato a dibattiti sulla politica climatica . All’UCSD fanno presente che «E’ stato importante esaminare questo gruppo di esperti perché sono le persone “nella stanza” quando vengono prese le decisioni politiche chiave e quindi in una posizione unica per valutare ciò che è probabile che i loro Paesi e altri Paesi realizzino».

A questi esperti e diplomatici del clima è stato chiesto di valutare l’ambizione e l’impegno dei Paesi aderenti all’United Nations  framework convention on climate change (Unfccc), incluso il loro Paese, per mitigare il riscaldamento globale, rispetto a quel che potrebbero davvero fare, in base alla loro forza economica, per evitare un crisi climatica. E’ stato anche chiesto loro di valutare fino a che punto ogni singolo Paese abbia presentato promesse credibili.

Victor, professore di innovazione industriale alla School of Global Policy and Strategy all’UCSD e co-direttore della  Deep Decarbonization Initiative, ricorda che «Le promesse delineate negli accordi non sono legalmente vincolanti, quindi il successo dell’accordo è incentrato sulla fiducia nel sistema che quando i governi fanno promesse, manterranno quelle promesse. I nostri risultati indicano che il quadro dell’Accordo sta funzionando abbastanza bene. L’Accordo di Parigi sta spingendo i Paesi a fare promesse ambiziose; l’anno scorso quasi tutti i Paesi hanno aggiornato tali impegni e li hanno resi ancora più ambiziosi. Quel che serve dopo sono sistemi migliori per verificare se i Paesi stanno effettivamente mantenendo ciò che promettono».

Un sottoinsieme di risposte al sondaggio di 8 Paesi più l’Ue è stato selezionato come più rilevante per la politica di mitigazione climatica e gli obiettivi dell’Europa sono considerati come i più ambiziosi e credibili. L’Europa è seguita da Cina, Australia, Sudafrica e India. Stati Uniti e Brasile sono all’ultimo posto nella categoria credibilità e al penultimo, dopo l’Arabia Saudita, in termini di ambizione.

I sondaggi nei quali agli intervistati è stato chiesto di valutare il loro Paese d’origine sono stati classificati per continente per ottenere le risposte più sincere possibili. In questa analisi, gli esperti dei paesi nordamericani sono stati i più pessimisti riguardo ai loro impegni, sia per quanto riguarda la loro spinta a tagliare le emissioni che per la capacità di raggiungere gli obiettivi climatici dell’Accordo.

Victor sottolinea che «Il vantaggio di questo dataset è che gli esperti diplomatici e scientifici hanno le migliori conoscenze lavorative sulle realtà politiche e amministrative del loro Paese d’origine. E’ difficile ottenere informazioni empiriche su leggi e regolamenti nazionali e, in particolare, la politica sui cambiamenti climatici è estremamente complessa. Per valutare veramente il successo dell’Accordo di Parigi, è necessario incorporare il giudizio, l’intuizione e l’esperienza di coloro che hanno esperienza nel mondo reale nella negoziazione di queste politiche. Da tutte le risposte, è chiaro che gli Usa sono chiaramente nei guai, anche con il recente Inflation Reduction Act, la cui approvazione è avvenuta dopo la fine del nostro studio. Sebbene la legislazione sia un grande passo nella giusta direzione, non fornisce lo stesso investimento per il quale si sono già impegnati molti altri Paesi. Penso che le principali domande sollevate dal nostro studio siano: “in che modo gli Stati Uniti aumenteranno la loro credibilità” e “perché la credibilità è un problema”».

Victor, Lumkowsky e la Dannenberg  hanno effettuato un’analisi statistica del dataset e hanno scoperto che «Le nazioni con governi più stabili hanno maggiori probabilità di assumere impegni audaci altamente credibili». Ritengono anche che «La Cina e le altre non-democrazie debbano rispettare i propri impegni non solo perché molte di loro hanno impegni meno ambiziosi, ma perché dispongono anche di sistemi amministrativi e politici che semplificano l’attuazione delle complesse politiche nazionali necessarie per allineare i loro Paesi con gli impegni internazionali. Inoltre, la Cina è sulla buona strada per raggiungere i suoi obiettivi a causa della recessione economica del Paese».

La motivazione che i principali esperti di politica citano per spiegare perché i loro Paesi stanno onorando o meno le loro promesse varia molto: «Per i Paesi più ricchi, la logica chiave è il cambiamento climatico – evidenzia lo studio – Per la maggior parte del resto del mondo, compresi i Paesi in via di sviluppo che sono più vulnerabili ai cambiamenti climatici, gli esperti citano la necessità di affrontare l’inquinamento atmosferico e le opportunità di far crescere le proprie economie attraverso l’azione climatica come uno dei principali fattori trainanti».