Accordo di Parigi, Trump resta solo: firma anche la Siria
Sierra Club: «Trump ha isolato gli Usa in una posizione imbarazzante e pericolosa»
[8 Novembre 2017]
Mentre Donald Trump si appresta a visitare quella Cina che aveva accusato di essersi inventata la “bufala” del cambiamento climatico per indebolire la competitività internazionale dell’industria statunitense, dalla 23esima Conferenza delle parti dell’United Nations framework convention on climate change (Cop23 Unfccc) in corso a Bonn arriva la notizia che gli Usa sono rimasti senza competitori. Infatti, dopo che lo aveva fatto il Nicaragua a ottobre, l’ultimo Paese a non aver aderito all’Accordo di Parigi, la Siria di Bashir al Assad, ha annunciato che aderirà all’accordo internazionale sul clima del 2015.
Nick Nutall, il portavoce del segretario generale dell’Onu sul cambiamento climatico, ha confermato a Deutsche Welle: «Supponiamo che il governo della Siria annunci la sua intenzione di ratificare l’Accordo di Parigi», ma ha aggiunto che «La Siria non ha ancora depositato i documenti necessari alla sua adesione all’accordo». La situazione è paradossale: a giugno Trump ha dichiarato di voler ritirare il più potente Paese del mondo da un Accordo mondiale e ha messo gli Usa nella scomoda posizione di un isolamento totale dal resto di tutta la comunità internazionale, amici e nemici. Un isolamento evidenziato dall’annuncio della Francia che il Presidente Usa non è stato invitato al vertice climatico di dicembre a Parigi nel quale, come ha dichiarato un collaboratore del presidente francese Emmanuel Macron, più di 100 Paesi del mondo tenteranno di «costruire coalizioni» con il mondo della finanza e delle imprese per promuovere l’Accordo, Evidentemente governi, finanziatori e uomini d’affari pensano proprio che la competitività stia nello sviluppare quell’economia low-carbon, green e circolare che Trump vede come un ostacolo alla competitività. Ma sarà difficile restare competitivi in un mondo e in un economia che vanno da tutt’altra parte.
Tornando alla Siria, i rappresentanti alla Cop23 Unfccc del governo Assad – l’unico riconosciuto dall’Onu e dalla comunità internazionale nonostante la guerra e l’ostracismo di Usa, Europa e Paesi arabi sunniti – hanno detto ai rappresentanti delle altre 196 nazioni partecipanti che la Siria sta per mandare all’Onu i suoi documenti di ratifica dell’Accordo di Parigi che sarà firmato «il più presto possibile».
Una decisione che dimostra anche il rafforzamento del regime di Assad – che ha riconquistato gran parte dei territori in mano allo Stato Islamico/Daesh e alle milizie Jihadiste sunnite appoggiate dalla monarchie assolute del Golfo – mengtre al tempo della firma dell’Accordo di Parigi la Siria era un paria internazionale e le sanzioni occidentali avrebbero reso difficile ai delegati siriani partecipare alle Cop 21 e 22 dell’Unfccc. Inoltre, quelle Conferenze delle parti avevano coinciso con alcuni dei più forti combattimenti nella guerra siriana, quindi, dicono i rappresentanti di Assad, il Paese non era in grado di firmare.
D’altronde, già a giugno il più potente alleato della Siria, la Russia di Putin, aveva annunciato al Forum internazionale di San Pietroburgo che avrebbe ratificato l’Accordo di Parigi entro il 2020 e il ministro dell’ambiente russo, Sergei Donskoi aveva dichiarato che per Mosca «La ratifica dell’Accordo di Parigi sul clima da parte dei suoi principali partner commerciali ha più importanza delle iniziative degli Stati Uniti a questo riguardo«.
Il sì della Siria è un doppio smacco per Trump che vede un nemico degli Usa rientrare nella comunità climatica internazionale dalla porta di un Paese alleato – la Germania – in una Cop Unfccc presieduta da un altro alleato: le Isole Figi. Quasi uno sberleffo di Assad (e di Putin) a un presidente statunitense che aveva dichiarato che uscire dall’Accordo di Parigi fa parte del suo «dovere solenne di proteggere l’America» e che cercherà un nuovo accordo che non svantaggi le imprese degli Stati Uniti, dato che secondo lui l’Accordo di Parigi costerebbe agli Usa la perdita di 6,5 milioni di posti di lavoro e di 3 trilioni di dollari di Pil, mentre le economie emergenti rivali, come la Cina e l’India, verrebbero trattate in modo più favorevole. Ora sarà difficile che il resto del mondo – tutto il mondo . accetti di rinegoziare un accordo con un solo Stato, anche se potente. L’isolazionismo neoliberista della neodestra trumpiana è diventato isolamento, imboccando una strada senza uscita nella quale non lo seguono nemmeno i governi amici di destra di Paesi come Ungheria e Polonia e le dittature petrolifere monarchiche del Golfo.
Ma l’ideologia negazionista che muove Trump e il suo staff di eco scettici non ha avuto cedimenti o imbarazzi nemmeno a ottobre, quando il Nicaragua ha firmato l’accordo lasciando gli Usa soli con la Siria, allora lAmministrazione Trump ha confermato che gli Usa abbandoneranno l’Accordo di Parigi «a meno che non possiamo rientrare in termini più favorevoli per il nostro Paese» e la portavoce della Casa Bianca, Kelly Love, ha dichiarato che da allora non c’è stato alcun cambiamento nella posizione di Washington.
Sierra Club, la più grande, diffusa e influente associazione ambientalista Usa, ricorda che »Sotto l’amministrazione Obama, gli Usa hanno aiutato a guidare i negoziati, elaborando l’accordo globale. L’amministrazione di Trump sta tentando di ritirare l’America dall’accordo utilizzando dichiarazioni erronee e affermazioni ingannevoli invece che razionali. L’accordo di Parigi è entrato in vigore il 4 novembre 2016, e secondo i termini, nessun Paese può presentare formalmente l’intenzione di recedere fino a tre anni dalla data di entrata in vigore. Ci vorrà quindi un anno per ritirarsi completamente, il che significa che quando al più presto gli Stati Uniti potrebbero ritirare ufficialmente sarà il giorno dopo le elezioni del 2020», quando Trump non potrebbe più essere presidente degli Stati Uniti d’America.
Il direttore esecutivo di Sierra Club, Michael Brune, conclude: «Se non fosse ancora chiaro, ogni altro singolo Paese del mondo sta avanzando insieme per affrontare la crisi climatica, mentre Donald Trump ha isolato gli Stati Uniti sul palcoscenico mondiale in una posizione imbarazzante e pericolosa. Le mosse disperate di Trump per aiutare le corporation inquinanti, rifiutando di riconoscere la realtà della crisi climatica, dimostrano che non si preoccupa della leadership né la capisce. Fortunatamente, i leader di città e Stati in tutto gli Usa ne stanno prendendo atto e stanno impegnandosi a passare al 100% di energia pulita, dimostrando che non è l’America ad essere priva di leadership, è solo la Casa Bianca».