La politica difenda persone e aziende e non insegua autostrade e centri commerciali che aggravano il problema

Alluvione nel modenese, Legambiente: «Eventi ricorrenti, non eccezionali. Prevenire diventi la priorità»

Fiumi sempre più artificializzati e nuovo cemento aggravano il cambiamento climatico

[9 Dicembre 2020]

Il presidente della Regione Emilia Romagna, Stefano Bonaccini, ha firmato la richiesta al Governo di stato d’emergenza nazionale relativa per i danni causati dal maltempo in Emilia-Romagna, in particolare nella provincia di Modena, che ha visto l’esondazione del Panaro e la piena del Secchia. Dopo l’ennesima alluvione nel modenese causata da piogge intense e dalla rottura di un argine, Legambiente Emilia Romagna ricorda che «Anche nell’anno del Covid il clima non ci dà tregua, segnalando che sui temi ambientali servono risposte urgenti».

Secondo gli ambientalisti si tratta di «Un evento che purtroppo non ha più nulla di straordinario, vista la regolarità con cui il nostro territorio deve fare i conti con lo stato di calamità ed eventi che mettono in pericolo l’incolumità delle persone, i loro beni e le attività economiche. La dinamica meteo vista nel fine settimana, con forti precipitazioni in pochi giorni e scioglimento repentino della neve in Appennino è ormai un evento già visto che ha causato altre alluvioni negli anni scorsi».

Per il Cigno Verde emiliano-romagnolo è invece straordinario che «Nella provincia con uno dei nodi idraulici più a rischio il principale dibattito sia su come usare Autobrennero per realizzare fare nuove autostrade, per le ceramiche. Infrastrutture che aumenterebbero l’impermeabilizzazione del suolo e le emissioni da traffico».

Il 5 dicembre, in occasione della giornata internazionale del suolo, Legambiente ha presentato il rapporto “Logistica e commerciale nemici del suolo”, «Un elenco di progetti in atto – ben lontano dall’essere completo  – che restituisce comunque un quadro preoccupante di come nuovi supermercati, centri commerciali e poli di smistamento merci stiano erodendo ulteriormente la campagna, trasformando le periferie urbane, alimentando il traffico veicolare ed influendo anche sui tessuti economici del commercio locale», Dal rapporto emerge anche la conferma che «L’opzione di riutilizzare capannoni vuoti ed aree dismesse rimane quasi sempre inapplicata».  Legambiente evidenzia che «Purtroppo per un’ampia parte della nostra classe amministrativa locale il sacrificio di campagna a favore del cemento rimane un’ottima opportunità. Ma enormi sono anche le  responsabilità dei privati che non si fanno carico di scelte urbanistiche sostenibili  o , peggio,  si muovono in ottica speculativa, mettendo in concorrenza i comuni».

Per questo l’associazione ambientalista chiede uno stop a commercio e logistica su aree vergini e dice che «Servirebbe una regia di area vasta (almeno regionale) per disinnescare questa competizione territoriale negativa e strumenti urbanistici che garantiscano davvero la priorità al recupero edilizio e a ridurre gli impatti della mobilità. Relativamente a questo, Legambiente propone che una parte importante delle risorse Next Generation Ue vadano ad un percorso di rigenerazione urbana e di supporto agli interventi di bonifica delle aree dismesse. Restano poi sullo sfondo considerazioni sociali e del modello economico perseguito. Sono ormai diffuse i dubbi sulla reale qualità del lavoro prodotto dalla logistica e sulla capacità di creare valore aggiunto di questo settore.  Sono sempre più frequenti manifestazioni e scioperi dei lavoratori e delle lavoratrici in capo a grandi colossi come Amazon.  Sempre sul piano socio economico la proliferazione dei centri commerciali – unita all’e-commerce – sta da tempo mettendo in ginocchio i negozi di vicinato, presidio di vitalità dei centri urbani. Bisognerebbe dunque riflettere su un modello economico e di consumo che, sebbene possa creare posti di lavoro  e rispondere ad esigenze vitali durante la pandemia, alla fine presenta il conto con impatti ambientali incommensurabili e notevoli ricadute sociali».

Invece di continuare a cementificare un  territorio ancora una volta mostra la sua fragilità sotto gli effetti del clima e dell’eccesso di urbanizzazione, per Legambiente Emilia Romagna « Serve trovare spazi naturali di espansione per i fiumi e anticipare al prima possibile l’obiettivo del consumo di suolo netto pari a zero. Dobbiamo prendere atto che continuare ad alzare argini e artificializzare i fiumi non è la soluzione che da sola ci possa mettere  in sicurezza».

Gli ambientalisti concludono: «La crescita scomposta delle aree urbanizzate e l’assottigliamento delle aree naturali a disposizione dell’acqua per espandersi hanno portato, ancora una volta, ad un’esondazione importante che ha messo in pericolo l’incolumità delle persone, i loro beni e le attività economiche. Serve dunque una nuova politica sul suolo che tolga invece che aggiungere, che delocalizzi e crei fasce libere attorno ai fiumi. Serve rafforzare la legge regionale urbanistica 24/2017 senza quindi ampliare le maglie e chiedere ai Comuni una veloce applicazione dei PUG, senza lasciare alibi ed interpretazioni. Occorre limitare il più possibile la cementificazione diffusa e caotica che colpisce l’Emilia Romagna».

Intanto, la Giunta regionale  ha immediatamente stanziato 2 milioni di euro per i ristori economici dei pubblici esercizi colpiti, in particolare il commercio, soprattutto piccoli negozi, bar e ristoranti.

Per quanto riguarda la rottura dell’argine lungo il fiume Panaro, la Giunta regionale ha annunciato che »chiederà ad Aipo, l’Agenzia interregionale per il fiume Po, sotto la quale ricadono gli interventi ordinari e straordinari sui reticoli di Secchia e Panaro, l’istituzione di una Commissione tecnica speciale che accerti le cause alla base del cedimento dell’argine».

L’assessora regionale alla Protezione civile, Irene Priolo, ha detto che «Sul nodo idraulico di Modena sono stati finora realizzati o programmati interventi per quasi 170 milioni di euro: le opere già realizzate hanno dato un contributo importante per affrontare le criticità di questi giorni, soprattutto il funzionamento delle casse di espansione che abbiamo potenziato, e ci indicano la necessità di continuare ad investire, chiedendo al Governo un impegno deciso per finanziare tutte le opere necessarie. Proprio per questo, abbiamo pronti nuovi progetti e opere per 115 milioni di euro, fondi inseriti fra quelli che l’Emilia-Romagna chiede al Governo vengano finanziati con i fondi europei del Next generation Eu».

Silvia Piccini, portavoce in Regione del Movimento 5 Stelle attacca la giunta Baccini: «In Emilia-Romagna da anni ormai manca completamente una seria politica di prevenzione del rischio idrogeologico. Anche per l’alluvione di Nonantola, tutta l’attenzione della Regione si sta concentrando sulla gestione dei danni senza cercare di capire quali siano stati gli errori che hanno prodotto questo ennesimo disastro e che ogni inverno portano il nostro territorio a finire inesorabilmente sott’acqua. Se la provincia di Modena dal 2014 ha subìto ben due alluvioni evidentemente c’è qualcosa che non ha funzionato, non solo nella programmazione degli interventi per cercare di limitare il rischio ma soprattutto nelle politiche che la Regione ha attuato su quel territorio. Se si continua a prevedere spese e investimenti faraonici per costruire strade e spandere cemento, come si sta facendo per esempio con il progetto dell’autostrada regionale Cispadana, alla fine il risultato non può essere diverso da quello che abbiamo visto tutti in questi giorni. Di certo non può essere sufficiente, come ha fatto l’assessore Priolo, limitarsi a chiedere ad AIPO di istituire una commissione tecnica per spiegare le cause dell’alluvione oppure assicurare che le attività commerciali abbiano i dovuti rimborsi. Si tratta degli ennesimi annunci da parte di questa Giunta che forse sta diventando esperta nel gestire l’emergenza senza però preoccuparsi di attuare politiche realmente efficaci per far sì che nessuno più finisca sott’acqua. Come dimostrano i dati sulle alluvioni accadute negli ultimi anni in Emilia-Romagna, ci troviamo di fronte a una situazione strutturale e radicata che ha bisogno di interventi radicali e non di continue toppe e continui annunci come sta facendo la Regione».