A Rieti il Forum internazionale dell’informazione ambientale di Greenaccord
Amato: «L’attuale terrorismo si combatte rinunciando ai combustibili fossili»
Religione e scienza insieme per difendere il clima: «Senza interventi le temperature saliranno di 5 °C, mettendo fine alla nostra civiltà»
[19 Novembre 2015]
Se rinunciassimo davvero ai combustibili fossili per produrre l’energia che ancora oggi alimenta in modo preponderante l’economia mondiale, taglieremmo al contempo le gambe al terrorismo dilagante. Le parole di Giuliano Amato, giudice della Corte costituzionale e già presidente del Consiglio dei ministri, risuonano oggi dal Forum internazionale dell’informazione ambientale, in corso a Rieti e organizzato da Greenaccord. Sono l’invito a una rapida presa di coscienza: se il terrorismo oggi dilaga è anche perché si trova nelle condizioni economiche per farlo. Per l’Isis in particolare il contrabbando di petrolio – come oggi molti media documentano, e come su greenreport riportavamo già un anno fa – è fonti di introiti cospicui.
«Per una ragione o per l’altra il terrorismo che abbiamo davanti vive attraverso finanziamenti che vengono anche dalla vendita dei combustibili fossili», rincara oggi Amato. La scelta di puntare sulle fonti rinnovabili rappresenta dunque non solo un tassello indispensabile per rendere sostenibili la nostre economia, ma anche per rendere più sicura la nostra società: se rinunciamo ai combustibili fossili, spiega Amato dal Forum, «si essicca il finanziamento dell’attuale terrorismo».
L’emergenza climatica, ha aggiunto Amato, «è una vendetta rispetto all’estremismo razionalista post-illuminista. È la scienza che ci dice che il mondo così come lo stiamo conducendo ci porta alla rovina». Non c’è religione che tenga: come evidenziato nel corso del Forum, di cui anche greenreport è media partner, in una manciata di decenni, ovvero nell’era industriale, le concentrazioni di CO2 in atmosfera sono aumentate del 40%, da 280 a oltre 400 parti per milioni. «Se le cose non verranno modificate – spiega Hans Joachim Schellnhuber, climatologo del Cbe Potsdam Institute for Climate Impact Research e membro della Pontificia accademia della scienza – ci sarà un aumento della temperatura di oltre 5° entro fine secolo. E un tale aumento, ne sono più che convinto, porterà alla fine della nostra civiltà. Per di più, se dovessimo bruciare tutti i combustibili fossili disponibili nei giacimenti mondiali, il riscaldamento globale sarebbe di 8-10 °C».
Questo, per inciso, comporterebbe l’impossibilità entro fine secolo di fare pellegrinaggi a La Mecca o a Gerusalemme a causa delle temperature troppo elevate, chiudendo per sempre il cuore delle grandi religioni monoteiste. D’altra parte, come dimostrano sia l’enciclica papale Laudato si’, sia iniziative in ambito islamico, lo sviluppo sostenibile può trarre oggi linfa morale anche dalle religioni: il tema ecologico rimane al centro di tutti i principali testi sacri. Lo ha spiegato a Rieti Alberto Funaro, rappresentante della Comunità ebraica di Roma, ricordando come, ad esempio, per la religione ebraica il rispetto della natura «come dono fatto all’uomo da Dio, diventa un diritto-dovere». La sfida è quindi proprio quella di lanciare «un’asse tra tutte le fedi religiose per un’alleanza di natura spirituale che ciascun credo può motivare dall’interno della propria teologia, specie quando si tratta di religioni che nella loro disciplina contengono indicazioni per il rispetto dell’ambiente».
È il caso anche dell’Islam, che rappresenta un quarto della popolazione della Terra e deve certamente dire la sua in questa sfida per salvare il Pianeta. «L’Islam può contribuire a questo dibattito», ha spiegato Jasser Auda, direttore del Maqasid Institute, sottolineando che un terzo del Corano è dedicato alla Natura. «La Terra è in equilibrio ma è l’uomo che altera e corrompe questo equilibrio» e la religione islamica da sempre offre ai suoi fedeli le risposte etiche per evitare comportamenti deleteri contro la natura. Ogni volta che l’uomo ha separato la politica dall’etica ha perso di vista la lungimiranza nelle scelte per il bene comune, sottolineano dal Forum, e questo avviene anche nella guerra al terrorismo «che non si combatte con un approccio solo basato sulla sicurezza».