Avanza la tropicalizzazione dell’agricoltura italiana, tra ulivi sulle Alpi e manghi al sud
Coldiretti: «Il risultato è un profondo cambiamento sul paesaggio, sulla distribuzione e stagionalità delle coltivazioni e sulle stesse caratteristiche dei prodotti più tipici del made in Italy»
[11 Gennaio 2023]
L’anno che si è appena concluso è stato segnato da estremi climatici e temperature da record: per l’Italia, il 2022 è stato il più caldo mai registrato dal 1800. Una crisi climatica che sta già trasformando in profondità il paesaggio nazionale, cambiando pelle anche alla produzione agricola.
La principale organizzazione degli imprenditori agricoli a livello nazionale ed europeo, Coldiretti, testimonia una progressiva tropicalizzazione delle colture: «Per effetto dei cambiamenti climatici la coltivazione dell’ulivo in Italia è arrivata a ridosso delle Alpi, nella Pianura Padana si coltiva oggi circa la metà della produzione nazionale di pomodoro destinato a conserve e di grano duro per la pasta, colture tipicamente mediterranee, mentre i vigneti sono arrivati addirittura sulle vette mentre al sud è boom per le coltivazioni tropicali, dall’avocado al mango fino alle banane».
Nel giro di cinque anni le colture tropicali sono praticamente triplicate arrivando a sfiorare i 1.200 ettari fra Puglia, Sicilia e Calabria; appena un anno fa, il computo si fermava a circa 1000 ettari. A far la parte del leone è la Sicilia, con coltivazioni – documenta la Coldiretti – ad avocado e mango di diverse varietà nelle campagne tra Messina, l’Etna e Acireale, ma anche a frutto della passione, zapote nero (simile al cachi, di origine messicana), sapodilla (dal quale si ottiene anche lattice), litchi, il piccolo frutto cinese che ricorda l’uva moscato.
Ma anche in Puglia i tropicali sono ormai una realtà consolidata, spinta dagli effetti della siccità con una impennata delle coltivazioni di avocado, mango e bacche di Goji Made in Puglia insieme a tante altre produzioni esotiche come le bacche di aronia, le banane e il lime. In Calabria, invece, alle coltivazioni di mango, avocado e frutto della passione si aggiungono melanzana thay (variante thailandese della nostra melanzana), macadamia (frutta secca a metà tra mandorla e nocciola) e addirittura la canna da zucchero, mentre l’annona, altro frutto tipico dei paesi del Sudamerica è ormai diffuso lungo le coste tanto da essere usato anche per produrre marmellata.
«Il risultato è un profondo cambiamento sul paesaggio, sulla distribuzione e stagionalità delle coltivazioni e sulle stesse caratteristiche dei prodotti più tipici del made in Italy. Si è verificato nel tempo – aggiunge la Coldiretti – un significativo spostamento della zona di coltivazione tradizionale di alcune colture come l’olivo che è arrivato alle Alpi. È infatti in provincia di Sondrio, oltre il 46esimo parallelo, l’ultima frontiera nord dell’olio d’oliva italiano. Negli ultimi dieci anni la coltivazione dell’ulivo sui costoni più soleggiati della montagna valtellinese è passata da zero a circa diecimila piante, su quasi 30 mila metri quadrati di terreno.
Il vino italiano – conclude la Coldiretti – è aumentato di un grado negli ultimi 30 anni, ma si è verificato nel tempo un anticipo della vendemmia anche di un mese rispetto al tradizionale mese di settembre, smentendo quindi il proverbio “ad agosto riempi la cucina e a settembre la cantina”, ma anche quanto scritto in molti testi scolastici che andrebbero ora rivisti. Il caldo ha cambiato anche la distribuzione sul territorio dei vigneti che tendono ad espandersi verso l’alto con la presenza della vite a quasi 1200 metri di altezza come nel comune di Morgex e di La Salle, in provincia di Aosta, dove dai vitigni piu’ alti d’Europa si producono le uve per il Blanc de Morgex et de La Salle Dop».