Cambiamenti climatici e mente umana. Intervista a Robert Jay Lifton
La sterzata climatica ci salverà da Donald Trump e dai negazionisti?
[31 Ottobre 2017]
La nota e pluripremiata giornalista ambientale Diane Toomey, science editor di Living on Earth, ha intervistato su Yale Environment 360, lo psichiatra e storico statunitense Robert Jay Lifton, vincitore di un National Book Award con il libro “Death in Life: Survivors of Hiroshima” e che ha indagato in profondità su alcune delle vicende più oscure e traumatici del XX secolo, scavando nella psiche dei medici razzisti, nelle motivazioni del terrorismo e nelle esperienze di prigionieri di guerra e nelle conseguenze di un attacco nucleare. Ora, all’età di 91 anni, Lifton ha rivolto la sua attenzione ai cambiamenti climatici. Nel suo nuovo libro “The Climate Swerve: Reflections on Mind, Hope, and Survival”, Lifton sostiene che stiamo vivendo in un momento di crescente riconoscimento della realtà del cambiamento climatico, uno spostamento psicologico che definisce una “sterzata” indotta dall’evidenza, dell’economia e dall’etica.
Nell’intervista alla Toomey che vi riproponiamo, Lifton spiega a che punto siamo in questo cammino, di come i disastri naturali siano fondamentali nel cambiare la mentalità delle persone sul cambiamento climatico e della battaglia perdente del negazionismo climatico dell’Amministrazione Usa di Donald Trump.
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Yale Environment 360: Lei ha scritto di una consapevolezza frammentaria che sta diventando una consapevolezza formata. Qual è la differenza tra le due cose e dove siamo in quel continuum in termini di cambiamento climatico?
Lifton: La consapevolezza frammentaria consiste in una serie di immagini che possono essere fugaci e, in questo senso, frammentarie. In relazione alle armi nucleari, ha a che fare con le armi stesse, con alcuni film o immagini su Hiroshima, con le descrizioni dei deterrenti e delle bombe all’idrogeno. La consapevolezza formata è una consapevolezza strutturata, per cui c’è una narrazione. C’è una causa ed effetto: le bombe a idrogeno creano letteralmente la possibilità di distruggere il mondo e di uccidere fino all’ultimo essere umano su di esso. E c’era, in questo modo, un’immagine chiara e sequenziale: una narrazione, una storia. E c’è un parallelo con il clima. Con le immagini climatiche, quando sono frammentarie, qui possiamo avere l’immagine di una tempesta, qui dell’innalzamento del mare, lì un po’di inondazioni, la siccità. Ma quando tutto ciò diventa un’immagine formata che coinvolge il riscaldamento globale e il cambiamento climatico, assumiamo l’idea che le emissioni di carbonio ci portino agli effetti umani sui cambiamenti climatici e che ci mettono in pericolo. E in quella stessa narrazione, ci possono essere le azioni di mitigazione per limitare il cambiamento climatico.
e360: Ora siamo nella fase della sensibilizzazione formata o siamo al suo inizio?
Lifton: È difficile dirlo esattamente, ma ci stiamo spostando verso una consapevolezza formata. Oppure, mettendola in un altro modo, c’è molta più consapevolezza formata che in precedenza. Se segui semplicemente i rapporti, le discussioni sulla causalità, trovi sempre più dichiarazioni sulle emissioni di carbonio che causano il cambiamento climatico, sulla responsabilità umana per il radicale aumento del riscaldamento globale e sulla necessità di intraprendere passi significativi per attenuare questi effetti. Penso che si deve guardare all’accordo di Parigi alla fine del 2015 come modo per epitomizzare questo tipo di consapevolezza formativa, su quello che definisco una base “specie”. Non significa che siamo perfettamente chiari su tutto e che non ci siano ancora tendenze frammentarie, ma significa che c’è una coscienza sempre più formata, del tipo che può portare ad un’azione costruttiva.
e360: Dice che la consapevolezza formata non garantisce la saggezza climatica, ma è necessaria. Che cosa garantisce la saggezza climatica?
Lifton: A volte la gente dice: “Beh, come puoi essere così ottimista?” Non esprimo un ottimismo selvaggio se non come una forma di speranza. Ora è abbastanza possibile, grazie alla consapevolezza formata, intraprendere azioni sagge. Senza la sterzata climatica e la crescente consapevolezza, non potrebbe essere possibile nessuna azione. Questo rappresenta un cambiamento e che questo aumenti è molto significativo e da speranza, ma non promette il passo successivo: quelle azioni.
e360: Ovviamente, stiamo discutendo di questi problemi con sullo sfondo l’amministrazione Trump. Solo pochi giorni fa, l’US Environmental Protection Agency ha annullato gli interventi di tre suoi scienziati che avrebbero dovuto parlare di cambiamento climatico in una conferenza scientifica nel Rhode Island. Quindi, certamente, le forze che premono contro si comportano in un altro modo. Quanto sei interessato a questo?
Lifton: Sono molto preoccupato per questo. L’amministrazione Trump, nel rifiutare il cambiamento climatico e il riscaldamento globale, sta facendo ogni giorno danni profondi. E questo ha a che fare con l’annullamento delle regolamentazioni e nel cercare di far tacere gli scienziati e impedire loro di esprimersi e di portare la verità al pubblico. Nel mio libro, caratterizzo Trump e persone come [l’amministratore dell’Epa Scott] Pruitt e altri non più tanto come negazionisti climatici. Li chiamo, come penso sia più accurato, “climate rejecters”. Come tutti gli altri, in qualche parte della loro mente devono sapere che il cambiamento climatico è piuttosto reale e pericoloso. Rifiutano questa conoscenza come loro convinzione primaria o fonte di azione. Rifiutano la conoscenza perché è incompatibile con la loro visione del mondo, con il loro senso di identità, con il loro pregiudizio anti-governo e governance e con tutto ciò che dovrebbero fare e se dovessero assumere queste verità. Credo che stia diventando sempre più difficile dare sostegno alla climate rejection, perché ci sono molte prove del cambiamento climatico e tanta appropriata paura per le sue conseguenze. E credo che, da un lato, dobbiamo vedere questa come un’emergenza, e d’altra parte riconoscere che quello che chiamo la sterzata climatica è qualcosa di profondo. Non se ne andrà. I climate rejecters stanno combattendo una battaglia persa.
e360: Lei cita le tre forze dell’esperienza, dell’economia e dell’etica come spinte per la sterzata climatica. In questo momento, vede qualcuna tra queste tre come giuda più forte della sterzata?
Lifton: Probabilmente tra loro l’economia è più conseguenzialmente in rapporto con l’adozione di azioni abbastanza veloci contro il riscaldamento globale e il cambiamento climatico. In generale, c’è questo trend a riconoscere che la carbon economy non è affidabile e potrebbe causare sofferenze per tutti noi. E ci sono gruppi che consigliano grandi corporation su come il cambiamento climatico potrebbe danneggiare le loro attività e le loro operazioni. E troverete che molte corporation e gran parte della business community sono profondamente preoccupate per i problemi del cambiamento climatico. Così l’economia diventa cruciale. Ma è necessaria anche una risposta pubblica. Questa deriva dall’esperienza – l’esperienza delle siccità, delle inondazioni, degli incendi, degli uragani straordinari, di tutto ciò a cui abbiamo assistito molto recentemente – affinché il cambiamento climatico non sia più una cosa proiettata nel futuro. E’ con noi adesso. E questa è una differenza nel nostro rapporto con il tempo del cambiamento climatico. Poi l’etica segue l’esperienza e l’economia. Le persone cominciano a chiedersi quale sia l’etica di estrarre dalle riserve di petrolio e di gas dannose che se bruciate minacciano il futuro umano. È una specie di difficoltà etica. Non dovrebbe esserci, naturalmente, ed è riconosciuta per l’assurdità che è, con una sempre maggiore pressione per mantenere i cosiddetti assets sotto terra e proteggerli da ciò che io chiamo “etica bloccata”.
E360: Lei scrive che ci scoraggiamo perché loro stessa natura non è ordinata, e che questo sembra particolarmente casuale e, in quasi tutti i suoi dettagli, imprevedibile. Come mai?
Lifton: Gli esseri umani non sono creature lineari e ordinate. Siamo più complicati di questo. E nei vari studi che ho fatto, la mente può contraddirsi; può credere una cosa un giorno e qualcos’altro un altro giorno. E sappiamo che il comportamento è un adattamento alle circostanze. Ebbene, anche una credenza può essere un adattamento alle circostanze. Tutto ciò ci dice che le credenze cambiano e che siamo erratici, in generale, la nostra psiche può essere abbastanza erratica. Detto questo, si possono ancora notare tendenze significative. Quindi abbiamo una sterzata che è irregolare. Il termine stesso suggerisce irregolarità nelle sue origini da Lucrezio, il poeta romano, millenni fa. E tuttavia, può essere abbastanza definita nella sua direzione. A mio avviso, negli ultimi decenni ha avuto effetti in modi profondi. C’è la tentazione di rinunciarci quando vediamo personaggi potenti come Trump e Pruitt fare il male che stanno facendo al nostro Paese e al mondo. Ma credo che sia fondamentale riconoscere l’importanza e la forza di ciò che io chiamo sterzata climatica, che prende veramente in considerazione la consapevolezza di specie del pericolo che affrontiamo, nonché la capacità di adottare le misure necessarie per evitare, in realtà, la fine della nostra civiltà.
e360: Lei scrive: “Il risultato più importante del meeting [sul clima di Parigi] potrebbe essere stata una maggiore consapevolezza di essere tutti membri di una singola specie minacciata”. Negli Stati Uniti, almeno in questo momento, “we’re in this all together.” non è sentito come zeitgeist. Ma lei ripone grande speranza nell’accordo di Parigi, vero?
Lifton: Ho grande speranza dalle possibilità che ha sollevato. Non l’ho mai visto come sufficiente di per sé. In ogni lotta, in tutti i movimenti, non c’è mai il momento della kumbaya. Non c’è mai il momento del satori, dove tutto è realizzato. Piuttosto, c’è una lotta continua con alti e bassi. E con l’elezione di Trump e tutto ciò che rappresenta, l’estremismo del suo comportamento pericoloso riguardo al clima, con tutto ciò, ovviamente c’è stata una reazione e una risposta, la chiamano depressione di massa, in relazione ad un’azione appropriata sul clima. Detto questo, penso che dovremmo riconoscere il quadro più grande che anche Trump ha problemi a districarsi da Parigi. Quando c’è stata questa reazione estrema, la reazione arrabbiata, in tutto il Paese con governatori e sindaci e in tutto il mondo con i Paesi europei, e un’insistenza nel portare avanti gli impegni di Parigi, è tornato indietro. E ora non è chiaro se ci siamo tolti da Parigi. Le spiegazioni o le interpretazioni date dalla sua Amministrazione sono, come è accaduto spesso, poco chiare: “Sì, andremo ai meeting sul clima. Sì, forse possiamo negoziare sul cambiamento climatico. Sì, ci stiamo ancora ritirando da Parigi”. Il loro intero pensiero è incerto a causa della pressione della sterzata e del grado in cui viene tenuto nascosto.
E360: Lei scrive sul suo libro che “le minacce nucleari e climatiche hanno subito forme maligne di normalizzazione che sopprimono e distorcono le nostre percezioni del loro pericolo”. Per quanto riguarda il cambiamento climatico, vede le correzioni che coinvolgono la geoingegneria sotto la stessa luce della normalizzazione maligna?
Lifton: Sì. Vedo le grandi previsioni della geoingegneria come quella che io chiamo “rescue technology”. Chiamano la tecnologia a prendere in considerazione ciò che noi esseri umani non siamo riusciti a risolvere nelle nostre menti, anche se è nostra responsabilità fare esattamente questo. Vedo [la geoingegneria] come un disperato ultimo passo, molto mal consigliato, e come una forma che talvolta giustifica l’insuccesso nell’ adottare le azioni necessarie riguardo al cambiamento climatico. E, in tal modo, potrebbe sostenere quello che io chiamo la “normalità maligna” del cambiamento climatico. Ora penso che cose come queste siano l’ultima assurdità, come lo chiamo.
e360: Alla fine del suo libro, da una spiegazione dettagliata del motivo per cui un uomo di 91 anni, che non vedrà i peggiori effetti del cambiamento climatico, si preoccupa di questo problema. Potrebbe condividerli in parte con noi adesso?
Lifton: A volte si suppone che quando si raggiungono le ultime fasi della vita, non si debba preoccuparsi del futuro umano. Uno, dopo tutto, non sarà lì. Ma per molti di noi può essere il contrario, e penso di non essere da solo in questo. Se ci si considera, come faccio, una parte del flusso umano, una parte della Grande Catena dell’Essere, una parte della connessione umana, che si estende da generazione in generazione, ovviamente comprendendo i propri figli e nipoti – e ne ho. Ma è più di questo. E’ continuare la catena umana di cui si fa parte. E, nel mio caso, è quel a cui ho cercato di contribuire in qualche modo, in modo modesto, per tutta la mia vita nel mio lavoro.
Questa intervista è stata pubblicata il 26 ottobre 2017 su Yale Environment 360 con il titolo “Climate Change and the Human Mind: A Noted Psychiatrist Weighs In”