Il picco delle emissioni di CO2 cinesi nel 2023
Cina, shock energetico: eolico e solare nel 2030 surclasseranno il carbone
[29 Agosto 2013]
Bloomberg New Energy Finance (Bnef) ha pubblicato il rapporto The future of China’s power sector – From centralised and coal powered to distributed and renewable?, dal quale emerge che le rinnovabili entro il 2030 costituiranno più della metà della nuova produzione di energia in Cina e che entro quella data la potenza installata di energie rinnovabili sarà uguale a quella del carbone. Buone notizie per il gigante asiatico, dunque, ma anche per il resto del mondo. Almeno nelle previsioni del gigante dell’informazione finanziaria nel mondo.
Il rapporto Bnef sottolinea che «Dopo la sua rapida espansione economica negli ultimi decenni, la Cina è diventata il mercato energetico più grande del mondo, il più grande emettitore di anidride carbonica a livello mondiale e consuma la metà del carbone nel mondo. Nel 2030 il suo mercato energetico sarà più che raddoppiato come dimensione e la posizione dominante del carbone sarà sfidata dalle fonti rinnovabili competitive, mentre crescono la consapevolezza dell’inquinamento ambientale, le prospettive dello shale gas e per un potenziale prezzo per le emissioni di carbonio».
Il rapporto esamina alcune questioni: quali sono gli scenari realistici per lo sviluppo del settore energetico della Cina fino al 2030, dato il veloce declino costi rinnovabili, il potenziale dello shale gas e l’aumento dell’efficienza energetica? Oltre alla tanto necessaria volontà politica agli alti livelli per realizzare il sogno della “Beautiful China”, quali sono i driver economici e tecnologici che spingono la transizione cinese verso un futuro più pulito? Come dovrebbe posizionarsi il business in previsione della prossima ondata di riforme del mercato energetico e per di beneficiare dell’evoluzione dell’industria energetica cinese nei prossimi 20 anni?
La risposta che dà Bnef è che «La nuova leadership cinese sta rispondendo alle richieste di una crescita economica più equa e sostenibile e alle preoccupazioni per il degrado ambientale. Ci si aspetta che le attese riforme strutturali riducano gradualmente l’interferenza del governo nell’economia, consentano che più capitali privati entrino in settori dominati dallo Stato come l’energia e che vengano imposti ulteriori controlli ambientali».
In questo contesto i ricercatori del Bnef hanno previsto le prospettive del settore energetico cinese in base a 4 scenari che arrivano fino al 2030: Traditional Territory, New Normal (il base case), Barrier Busting e lo scenario Barrier Busting, che include il carbon price.
Tristan Edis su Climate Spectator spiega che «Questo studio ha cercato di esaminare come i cambiamenti tecnologici ed economici potrebbero realisticamente alterare il volto e la crescita del settore energetico della Cina. Hanno trovato che la posizione dominante di carbone sarà sfidata da: un miglioramento tecnologico più veloce e dalla riduzione dei costi delle tecnologie dell’energia rinnovabile; dall’aumento della preoccupazione sociale e, di conseguenza, della regolamentazione governativa per l’inquinamento ambientale; dalle prospettive dello shale gas; da un potenziale prezzo sulle emissioni di carbonio.
Secondo il Bnef le ragioni principali alla base della rapida crescita delle energie rinnovabili sono, invece: il continuo calo dei costi tecnologici di eolico e fotovoltaico che li rendono più economici; l’aumento dei costi delle centrali a carbone per i nuovi controlli ambientali; l’attesa integrazione del fotovoltaico distribuito nell’economia cinese.
«Ora – scrive Edis – mentre le energie rinnovabili, insieme al nucleare, dominano completamente i nuovi aumenti di energia, la capacità di produzione di energia del carbone cresce ancora in termini assoluti. Il carbone rimane la principale fonte di produzione di energia, ma nello scenario New Normal la sua quota di produzione di energia cala, a partire dal 72% nel 2012, al 58% nel 2030. Inoltre, a causa dei fattori lower capacity inferiori delle energie rinnovabili (la quantità di energia prodotta per unità di potenza installata), la loro quota di produzione di energia sale dal 21% nel 2012 al 29% nel 2030 a dispetto del fatto che dominino i nuovi impianti».
Il rapporto Bnef prende in esame anche le probabili emissioni di CO2 dell’industria energetica, e in tutti i suoi scenari di emissioni della Cina cominciano a calare prima di 2030. Se verrà imposto un prezzo del carbonio sull’energia cinese, come è stato indicato dal governo di Pechino, le emissioni raggiungeranno il picco già nel 2023 e questo con un carbon price relativamente basso di 99 yuan (16 dollari) per tonnellata di CO2 nel periodo 2017 – 2030.
Secondo le proiezioni del rapporto, la stabilizzazione e la riduzione delle emissioni nel periodo 2020 – 2025 sarebbe impressionante, visto che il Bnef prevede che il mercato energetico cinese raddoppierà entro il 2030 e che in Cina è ancora in corso un processo di industrializzazione urbana, qualcosa che il mondo occidentale ha superato nei primi anni del XX secolo.
Le ricadute di questa trasformazione dell’energia cinese andranno ben oltre la Cina: anche il resto del mondo beneficerà enormemente delle maggiori economie di scala, dato che la Cina fornirà turbine eoliche, pannelli solari fotovoltaici e termici e tecnologie nucleari, con le quali però – non lo dimentichiamo – le industrie europee e dovranno fare i conti in termini di concorrenza economica e, dunque, di possibilità occupazionali.
«Così la Cina aiuterà effettivamente a decarbonizzare il resto del mondo – conclude Edis – Infatti, la Cina ha già dimostrato cosa ha in serbo con la riduzione del costo dei moduli fotovoltaici solari, tanto che ormai sono comuni sui tetti delle cinture delle periferie in Australia».