Clima e tasse sull’energia, solo il 10,4% del gettito ha un legame diretto con le emissioni

Nell’ultimo anno l’Italia ha incassato 30,6 mld di euro dalle imposte sull’energia, in calo del 29,8% sul 2021

[31 Luglio 2023]

Nel 2022, il gettito delle imposte sull’energia in Italia è stato pari a 30,6 miliardi di euro, con una riduzione del 29,8% rispetto all’anno precedente.

Sulla contrazione complessiva del gettito incidono soprattutto le imposte sull’uso dell’energia elettrica (-7,9 miliardi) e sugli oli minerali e derivati (-6,2 miliardi). Fanno invece registrare gli aumenti più consistenti le imposte sul gas metano (+0,5 miliardi) e sui proventi derivanti dai permessi di emissioni (+0,6 miliardi).

Il taglio delle accise sui carburanti e l’azzeramento degli oneri di sistema sono i principali fattori alla base della riduzione del gettito, mentre l’aumento del prezzo delle quote allocate tramite asta ha inciso in senso contrario.

Prosegue la graduale riduzione della quota delle imposte sull’energia sul totale delle imposte e dei contributi sociali (da 6,2% nel 2019 fino a 3,7% nel 2022) e rispetto al Pil (da 2,6% nel 2019 fino a 1,6% nel 2022).

Nel 2022 le famiglie residenti hanno corrisposto il 51,8% del gettito (pari a 15,8 miliardi di euro correnti, in calo rispetto ai 18,8 miliardi del 2021 per effetto delle suddette riduzioni delle aliquote di accisa e degli oneri di sistema), mentre le attività produttive hanno contribuito per il 46,7% del gettito, (in calo rispetto al 55% del 2021); il rimanente 1,5% stato corrisposto dai non residenti (in calo rispetto al 1,8% del 2021).

Sulla base dei dati ad oggi disponibili, nel 2021, l’“Industria manifatturiera” ha corrisposto il 27,3% del gettito delle attività produttive (pari a circa 6,5 miliardi di euro correnti), gli “Altri servizi” (ossia i servizi diversi da “Commercio e riparazioni” e da “Trasporti e magazzinaggio”) il 20,6%, il “Trasporto e magazzinaggio” il 14,8% e il “Commercio e riparazioni” il 12,7%.

Le imposte sull’energia possono avere una relazione, diretta o indiretta, con il contenimento delle emissioni in atmosfera.

Tra le imposte sull’energia, l’unica che presenta una connessione diretta con le politiche di contenimento delle emissioni è quella relativa ai “Proventi da utilizzo dei permessi di emissione” allocati tramite asta, che rientra nell’ambito dei meccanismi previsti dal sistema europeo di scambio di quote di emissione.

Nel 2022 il gettito derivante da questa componente ha rappresentato ben il 10,4% delle entrate complessive da imposte sull’energia, a fronte dell’1% circa del periodo 2013-2017. Negli altri casi le imposte sull’energia, come più in generale le imposte ambientali, pur non presentando esplicite finalità di mitigazione delle emissioni, possono risultare comunque rilevanti per le politiche di contenimento influenzando le scelte di produttori e consumatori attraverso l’effetto che esercitano sul livello dei prezzi e sui prezzi relativi.

Ciò vale in particolare per le imposte sull’uso di prodotti energetici mediante combustione, la causa più rilevante di emissione in atmosfera. Nel 2022 questa componente ha contribuito a generare il 74,2% del gettito complessivo sull’energia, in forte aumento rispetto al 65,3% del 2021, anche per effetto della riduzione del gettito generato dagli oneri di sistema per il sostegno alle fonti rinnovabili. Questa imposta esercita un effetto indiretto sul contenimento delle emissioni, grazie all’incentivo a produrre energia utilizzando fonti diverse da quelle fossili.

Complessivamente, nel 2022 le entrate derivanti dai permessi di emissione, dalle accise sui prodotti energetici per la combustione e dagli oneri di sistema per il sostegno alle fonti rinnovabili hanno rappresentato il 90,4% del totale delle imposte sull’energia (il 94,0% nel 2021).

Anche nel 2021, come negli anni precedenti, la ripartizione tra attività produttive e famiglie delle imposte sui prodotti energetici usati in processi di combustione non ha riflettuto quella degli impieghi: il gettito maggiore delle imposte resta a carico delle famiglie, anche se scende al 55,5% del totale (era il 64,3% nel 2020) a fronte di una quota di impieghi pari al 30,3% (31,4% nel 2020).

Fra le attività produttive, i settori estrattivo e manifatturiero, e ancor più quello relativo alla fornitura di energia elettrica sono fra i più emblematici nell’evidenziare la non proporzionalità fra impieghi energetici e relative imposte.

Spiegano questa diversa ripartizione di impieghi e imposte tra famiglie e attività produttive, la diversa composizione degli impieghi per prodotto e per tipologia di uso (riscaldamento, trasporto, uso industriale) che ha effetti sul gettito in presenza di aliquote differenziate, nonché le esenzioni (o aliquote ridotte) di cui beneficiano alcuni comparti produttivi su cui si intende limitare il peso dell’imposizione fiscale energetica.

di Relazione annuale sulla situazione energetica nazionale, ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica