Clima, il Cile rinuncia a ospitare la COP25 Unfccc
Il governo di destra in difficoltà di fronte alle proteste popolari. Non si terrà nemmeno la Conferenza dei Paesi Asia-Pacifico
[31 Ottobre 2019]
Dopo le grandi proteste per il carovita e per chiedere una nuova costituzione democratica che sostituisca quella del regime fascista di Pinochet, il presidente della Repubblica del Cile, Sebastián Piñera, che aveva tentato, senza riuscirci, di piegare con una feroce repressione e dichiarando lo Stato di emergenza un movimento popolare che è diventato immenso, ha annunciato che «il Governo è impegnato nel portare avanti le priorità delle quali il paese necessita e un ampio, trasversale e profondo dialogo per rispondere alle domande dei cittadini» (che in realtà gli chiedono di dimettersi insieme all’intero nuovo governo che ha appena nominato) e per questo ha annunciato che «Il Cile non realizzerà le conferenze Asia-Pacific Economic Cooperation (APEC) e della COP25 sul cambiamento climatico previste per novembre e per dicembre di quest’anno».
In una drammatica dichiarazione letta alla Moneda con accanto i ministri degli esteri Teodoro Ribera e dell’ambiente Carolina Schmidt, Piñera, ha detto che «Come Presidente di tutti i cileni devo sempre porre i problemi e gli interessi dei cileni, i loro aneliti e le loro speranze, in prima fila».
Poi il presidente cileno ha assicurato che «La prima preoccupazione e priorità del Governo è quella di concentrarsi assolutamente nel ristabilire pienamente l’ordine pubblico, la sicurezza cittadina e la pace sociale, così come dare impulso all’agenda sociale per rispondere alle principali domande dei cittadini».
Ma i cileni che sono scesi in piazza – e che pure avevano votato per Piñera perché delusi dal governo di centro-sinistra di Michelle Bachelet – sono stufi di un neoliberismo che ha consegnato le risorse del Paese in mano a multinazionali straniere e chiedono lo scioglimento del Parlamento e l’elezione di un’Assemblea Costituente che cancelli l’eredità del regime fascista del quale Piñera e molti suoi ministri sono e prosecutori politici.
Di fronte a un popolo che ha sconfitto la repressione invadendo le piazze e sfidando la morte, le violenze, la tortura, gli stupri e gli arresti arbitrari, ora Piñera chiede che «Si avvii un ampio e profondo processo di dialogo in tutto il Cile e un’istanza di colloqui e accordi con le distinte forse politiche per arrivare ai necessari accordi al Congresso per approvare le leggi che vadano a dar vita alla Nueva Agenda Social». Una bella marcia indietro per chi aveva cercato furbescamente di dividere i partiti di sinistra dalla piazza e tra di loro e aveva più volte apostrofato i manifestanti con frasi sprezzanti accusandoli di essere dei sovversivi antidemocratici.
Nonostante la rinuncia alla Cop25 dell’ United Nations framework convention on climate change (Unfccc), Piñera ha però confermato che «Il Cile conferma il suo impegno con gli obiettivi dell’APEC per dare impulso al libero commercio e con la COP25, come trasformare il Cile in un Paese carbon-neutral, proteggere gli oceani e le foreste».
Riguardo al summit climatico mondiale che doveva tenersi a Santiago del Cile, Piñera ha detto di aver contattato il segretario generale dell’Onu António Guterres che «ha compreso e ha appoggiato la decisione presa dal Governo e ha ratificato che il Cile continuerà a presiedere la COP fino a che il Regno Unito non ospiterà il meeting nel 2020».
Il problema è che ora bisogna organizzare in meno di un mese – e capire dove farla – la COP25 che doveva tenersi in Cile e la segretaria esecutiva dell’Unfccc, Patricia Espinosa non ci è rimasta per niente bene. Ieri ha rilasciato una dichiarazione nella quale traspare tutta la sua irritazione per la decisione di Piñera: «Solo oggi, sono stata informata della decisione del governo del Cile di non ospitare la COP25 a causa della difficile situazione nella quale si trova il Paese. Stiamo studiando attualmente altre alternative per l’evento»