Cnr, ecco come i cambiamenti climatici spingono l’arrivo di migranti in Italia

Un’analisi delle migrazioni dalla fascia africana del Sahel, che rappresentano circa il 90% degli ingressi sul nostro territorio, mostra il legame con carestie, ondate di calore e aumento della temperatura

[26 Marzo 2019]

Nonostante la politica dei “porti chiusi” propagandata dal ministro Salvini, nei fatti i migranti in Italia continuano ad arrivare come testimonia lo sbarco a Lampedusa di 23 persone nella nottata di oggi, dopo altri 16 arrivi sull’isola registrati ieri. Posto che non è utile né possibile cancellare il fenomeno delle migrazioni, è indubbiamente utile capire i motivi che spingono queste persone ad intraprendere un viaggio forzato: il pensiero vola a guerre, carestie o la semplice ricerca di condizioni economiche migliori, ma in realtà anche i cambiamenti climatici rivestono ormai un ruolo determinante. Cambiamenti climatici che i Paesi più poveri hanno contribuito solo in minima parte a creare, mentre larga parte degli effetti legati al consumo di combustibili fossili nei Paesi di più antica industrializzazione (come l’Italia) ricade su di loro.

Il legame tra migranti e riscaldamento globale è ormai ampiamente accertato in letteratura scientifica, ma adesso per la prima volta uno studio – Linear and nonlinear influences of climatic changes on migration flows: a case study for the ‘Mediterranean bridge’, dell’Istituto sull’inquinamento atmosferico del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Iia) – si preoccupa di valutare quantitativamente l’influenza dei cambiamenti climatici sulle migrazioni dalla fascia africana del Sahel all’Italia. Un dato che dovrebbe interessare anche il ministro Salvini, dato che queste «rappresentano circa il 90% degli ingressi sul nostro territorio dalla rotta mediterranea», spiega Antonello Pasini, ricercatore del Cnr-Iia e autore dello studio svolto in collaborazione con Stefano Amendola, dottorando in fisica dell’Università di Roma Tre.

Per un’analisi più accurata, i ricercatori si sono concentrati sul periodo 1995-2009, precedente alle primavere arabe e alla crisi siriana, escludendo così conflitti recenti ed evidenziando meglio eventuali incidenze climatiche. «Nello specifico – argomenta Pasini – abbiamo utilizzato un semplice modello lineare e un altro più sofisticato di intelligenza artificiale, un sistema a rete neurale recentemente sviluppato dal nostro gruppo, in grado di evidenziare cambiamenti non graduali ed effetti del superamento di determinate soglie nelle variabili meteo-climatiche. Con il modello a rete neurale siamo stati in grado di spiegare quasi l’80% della variabilità nelle correnti migratorie verso l’Italiaprendendo in considerazione i soli dati meteo-climatici, per causa diretta e per influenza sull’ammontare dei raccolti annuali».

L’agricoltura rappresenta quindi un collegamento tra cambiamenti climatici e migrazioni. «Raccolti poveri ed eventuali carestie, congiuntamente alle ondate di calore durante la stagione di crescita, amplificano il fenomeno migratorio», chiarisce Pasini. Ma il fattore dominante che ha indotto queste migrazioni sembra essere però la temperatura, tanto da far pensare che il superamento di una soglia di tolleranza termica, umana ed animale, possa avere un ruolo primario sulle variazioni dei flussi migratori. «Oggi sappiamo che i paesi africani sono molto vicini a queste soglie. I nostri risultati modellistici rappresentano ovviamente solo un primo passo verso studi più ampi, che possano vedere la collaborazione con scienziati sociali per una valutazione più completa di tutti i fattori che influenzano le migrazioni – conclude il ricercatore Cnr – Nonostante ciò, ritengo che già ora le evidenze presentate in questo studio vadano seriamente prese in considerazione dal mondo della politica, affinché anche in Africa si adottino strategie doppiamente vincenti, come il recupero di terreni degradati e desertificati, che possano condurre a mitigare il riscaldamento globale e, nel contempo, a creare situazioni che prevengano il triste fenomeno delle migrazioni forzate».

L. A.