Giustizia climatica: i finanziamenti per le popolazioni più vulnerabili restano insufficienti
I dilemmi della Cop22 Unfccc al tempo di Donald Trump
[9 Novembre 2016]
Durante un evento speciale tenutosi alla 22esima Conferenza della parti dell’United Nations climate change conference (Cop 22 Unfccc) in corso a Marrakech, lo Standing committee on finance ha presentato il suo Biennial Assessment and Overview of Climate Finance Flows e la segretaria esecutiva dell’Unfccc, Patricia Espinosa, ha riconosciuto le difficoltà di acquisire una visione mondiale della finanza climatica che viene comunque ritenuta essenziale.
«Come sappiamo tutti – ha detto la Espinosa – la finanza è al centro di un’attuazione di successo dell’Accordo di Parigi. Oltra a questo, la finanza è al centro del raggiungimento degli obiettivi dello sviluppo sostenibile. Sono contenta di vedere che questa valutazione biennale indica che avanziamo nella direzione giusta. Primo, abbiamo i segnali che i Paesi sviluppati si mobilitano per l’obiettivo dei 100 miliardi di dollari all’anno entro il 2020.Secondo, l’assetment riporta che la finanza e mondiale, in generale, indica un aumento chiaro nel 2014 in rapporto alle valutazioni precedenti. Terzo, questo assetment è la testimonianza dello sforzo condotto per una maggiore trasparenza delle finanze pubbliche e private».
Su questa base positive, che potrebbe essere congelata e terremotata dall’isolazionismo e dallo scetticismo climatico del no-presidente Usa Donald Trump, La Espinosa ha rimarcato che «La valutazione contribuisce a identificare i settori in cui la comunità internazionale deve raddoppiare gli sforzi per fare dei progressi tangibili» e ha fatto gli esempi dello squilibrio tra la finanza dedicata all’attenuazione (70% dei finanziamenti pubblici) rispetto alla finanza dedicata all’adattamento (solo il 25% dei finanziamenti nel loro insieme). Poi, abbandonando un ottimismo molto di facciata, ha sottolineato che c’è bisogno di «fondi più durevoli e prevedibili dedicati all’adattamento, in particolare basati sul Green Climate Fund e l’Adaptation Fund. Questo è importante in quanto abbiamo bisogno di chiarezza sulle aree di possibile miglioramento ».
Secondo stime Onu, gli investimenti per rispettare tutti gli obiettivi dello sviluppo sostenibile (Sdg), tra i quali quelli legati al clima, dovranno essere tra i 5 e i 7 trilioni di dollari all’anno.
La Espinosa ha evidenziato che «Molto è accaduto nel 2015 e nel 2016 compresi degli spostamenti di investimenti da parte di banche e fondi pensione – cose che non avevamo mai visto prima – fino agli impegni da parte delle imprese e agli impegni assunti prima e a Parigi dalle nazioni sviluppate, per esempio, per il Green Climate Fund. In questo senso, abbiamo un nuovo scenario rispetto a due o tre anni fa».
Tuttavia la segretaria esecutiva dell’Unfccc ha sottolineato ancora una volta che «Il livello non è ancora all’altezza della sfida, anche in termini di costruzione della resilienza. Secondo il “New Climate Economy report”, un anno dopo Parigi, i finanziamenti legate al clima e agli Sdg relativi ammontano a meno dell’1% del totale di circa 11 trilioni di dollari destinati alle infrastrutture globali e alle bond issuances Questo significa che c’è uno spazio enorme per miglioramento, nonché enormi opportunità da cogliere».
Ma per riuscirci sono necessarie misure normative per la costruzione di un sistema finanziario e politico più sostenibile. Secondo un nuovo rapporto dell’Unep Finance Initiative sul collegamento tra sviluppo sostenibile è sistema finanziario, si sta iniziando a realizzarlo, ma è necessario fare molto di più. La frenata che in questo senso viene dalle elezioni presidenziali americane potrebbe congelare questo cambiamento urgente. Anche perché troppi finanziamenti continuano ad andare ad investimenti ad alto tenore di carbonio. «Questo deve cambiare, con la politica che deve fornire segnali sempre più chiaro agli investitori che la crescita low-carbon è la nostra direzione collettiva – ha evidenziato la Espinosa – . Sono questi cambiamenti nel mondo mainstream della finanza globale che porteranno a una visione trasformativa dell’Accordo di Parigi e degli Sdg, per la vita alla quale le nazioni del mondo sono destinate. Per ottenere questi diritti c’è urgente bisogno che facciano parte della nostra attenzione collettiva, a partire da qui a Marrakesh. Siamo stati in grado di registrare che siamo sulla strada giusta. Questo ci permette di andare avanti rapidamente».
Poi ha fatto irruzione Donald Trump col suo codazzi d Big Oil, King Coal e di improbabili consiglieri ecoscettici che sono convinti che il mondo debba andare in tutt’altra direzione e tornare a dirigersi verso il baratro climatico.
Non a caso è stata Ségolène Royal, la ministro dell’ecologia della Francia, uno dei governi che sembra più scioccato dall’elezione di Trump a lanciare a Marrakech un appello «A concretizzare la giustizia climatica, soprattutto per l’Africa». La Royal, ha ricordato che «La giustizia climatica consiste nell’assicurare I finanziamenti e il trasferimento di tecnologie a questo continente che ha subito maggiormente gli impatti dei cambiamenti climatici, soprattutto la desertificazione. L’Africa è anche chiamata a far fronte agli impegni della crescita demografica che aumenterà entro il 2020. I 10 miliardi di dollari destinati al sostegno dello sviluppo delle energie rinnovabili a livello continentale, si dimostrano una decisione presa dagli africani e per gli africani».
Ma un anno dopo l’Accordo di Parigi è evidente che I finanziamenti destinati alle popolazioni più vulnerabili sono insufficienti. Il presidente della Cop22 Unfccc, il ministro degli esteri del Marocco Salaheddine Mezouar (che forse non si immaginava che alla Casa Bianca sarebbe arrivato Trump) ha detto che Marrakech «Cambiamo paradigma verso un’economia low-carbon che necessita di flussi di finanza climatica importanti destinati ai Paesi più vulnerabili. In particolare in quei Paesi che aspettano dei progetti concreti e basano le loro speranze sul fatto che gli Stati siamo più ambiziosi e che la società civile si impegni a fianco dagli Stati. Uno deli impegni principali di questa Cop è il finanziamento» di 5 grandi cantieri con i Paesi in via di sviluppo: l’acqua, l’energia, le foreste e l’agricoltura.
Benjamin Schachter, responsabile cambiamento climatico per l’Alto commissariato ai diritti umani dell’Onu, ha concluso: «E’ tempo di agire e di prendere delle misure immediate di attenuazione e di adattamento, assicurando allo stesso tempo che le azioni per il clima siano di beneficio per i gruppi più vulnerabili».
Chissà cosa ne pensa la delegazione statunitense alla Cop22 Unfccc, che sa bene che quel che viene detto e chiesto a Marrakech è l’esatto contrario di quel che dice e che farà Donald Trump quando si insedierà alla Casa Bianca?