Cop26: a Glasgow c’è un gap di credibilità di un grado sugli obiettivi 2030
Climate Action Tracker: ci stiamo dirigendo verso 2,4 ̊ C di riscaldamento o più. Ridimensionati ottimismo e promesse dei governi
[10 Novembre 2021]
Il nuovo rapporto “Glasgow’s 2030 credibility gap: net zero’s lip service to climate action Wave of net zero emission goals not matched by action on the ground” di Climate Action Tracker ridimensiona l’ottimismo del direttore esecutivo dell’International energy agency (Iea), Fatih Birol, che solo pochi giorni fa aveva detto che tutti gli impegni climatici attualmente presentati alla COP26 Unfccc in corso a Glasgow avrebbero portato a un aumento delle temperature globali di 1,8° C, sempre più degli 1,5° C ottimali dell’Accordo di Parigi ma anche meno dei 2° C limite.
Infatti, presentando alla COP26 il suo nel suo aggiornamento globale annuale, Climate Action Tracker (CAT) evidenzia che «Glasgow ha un enorme gap di credibilità, azione e impegno mentre il mondo si sta dirigendo ad almeno 2,4 ̊ C di riscaldamento, se non di più». E il CAT ha anche avvertito che «La “buona notizia” del potenziale impatto degli obiettivi net zero annunciati sta portando false speranze rispetto alla realtà del riscaldamento derivante dall’inazione dei governi».
Ecco i principali del rapporto: Con tutti gli impegni presi, compresi quelli presi a Glasgow, nel 2030 le emissioni globali di gas serra saranno ancora circa il doppio di quelle necessarie per il limite di 1,5° C. Lo stallo nell’azione climatica da parte di leader e governi sui loro obiettivi a breve termine ha ridotto nell’ultimo anno il gap di emissioni per il 2030 solo del 15-17%.. Solo con gli impegni per il 2030 – senza obiettivi a lungo termine – nel 2100 l’aumento della temperatura globale sarà di 2,4° C. Il riscaldamento previsto con le attuali politiche (non con le proposte) – ciò che i Paesi stanno effettivamente facendo – è ancora più alto, a 2,7° C con un miglioramento di soli 0,2° C nell’ultimo anno e quasi un grado sopra gli annunci net zero che i governi hanno fatto. Dal Leaders’ Summit convocato dal presidente Usa Joe Biden nell’aprile 2021, la stima della temperatura dello scenario “impegni e obiettivi” standard del CAT di tutti i NDC e gli obiettivi vincolanti a lungo termine è scesa da 0,3° C da 2,1° C, grazie principalmente all’inclusione degli obiettivi net zero di Usa e Cina, ora formalizzati nelle loro strategie a lungo termine presentate all’Unfccc. Mentre il riscaldamento previsto da tutti gli annunci net zero, se pienamente attuati come nello “scenario ottimistico” del CAT, scende a 1,8° C entro il 2100 (stesso dato dell’Iea), il CAT fa notare che «Questa stima è tutt’altro che una notizia positiva, data la qualità degli obiettivi net zero e l’enorme gap tra ambizione e azione nel 2030. Questo percorso “ottimistico” è molto lontano dal limite di 1,5° C dell’Accordo di Parigi, con il picco di riscaldamento del XXI secolo a 1,9* C e con circa il 16% di possibilità di superare un riscaldamento di 2,4° C.
Bill Hare, CEO di Climate Analytics, un’organizzazione partner di CAT, ha commentato: «La stragrande maggioranza delle azioni e degli obiettivi 2030 non è coerente con gli obiettivi net zero: c’è un gap di quasi un grado tra le attuali politiche dei governi e i loro obiettivi net zero netto. Va molto bene per i leader affermare di avere un obiettivo net zero, ma se non hanno piani su come arrivarci e i loro obiettivi per il 2030 sono bassi come lo sono molti, allora francamente questi obiettivi net zero lo sono solo a parole per una vera azione climatica. Glasgow ha un grave gap di credibilità».
Più di 140 governi, che insieme rappresentano il 90% delle emissioni globali, hanno annunciato obiettivi di net zero. Ma l’analisi CAT di 40 Paesi, i cui annunci net zero coprono l’85% delle emissioni mondiali, di mostra che «Solo un piccolo numero, che copre solo il 6% delle emissioni globali, è classificato come “accettabile” e ha piani reali in atto per arrivarci».
Niklas Höhne, del NewClimate Institute, altra organizzazione partner del CAT, sottolinea che «Mentre l’ondata di obiettivi net zero appare come una notizia notevole, non possiamo sederci e rilassarci. Nella situazione in cui, anche con i nuovi impegni, le emissioni globali nel 2030 saranno ancora il doppio di quelle richieste per 1,5°C, tutti i Paesi devono urgentemente pensare a cosa possono fare in più».
E, data questa situazione, nelle fasi finali della COP26 di Glasgow, i governi dovrebbero concentrarsi sulla chiusura del gap credibilità, cosa che può essere fatta solo aumentando l’ambizione di mitigazione climatica per il 2030 e colmando il gap di finanziamenti essenziali per molti Paesi in via di sviluppo per fare il grande salto necessario per ridurre le loro emissioni a livelli compatibili con gli 1,5° C.
Höhne ha aggiunto che «Se l’enorme gap del 2030 non potrà essere ridotto a Glasgow, i governi devono accettare di tornare l’anno prossimo, entro la COP27, con obiettivi nuovi e più forti. I leader di oggi devono essere tenuti a rendere conto di questo enorme gap 2030. Se aspettiamo altri 5 anni e discutiamo solo degli impegni per il 2035, il limite di 1,5° C potrebbe andar perso».
E Hare non ha dubbio su quale sia la prima cosa da fare subito: «Il carbone deve essere messo fuori dal settore energetico entro il 2030 nell’OCSE e a livello globale entro il 2040 e, nonostante lo slancio politico e i chiari benefici, oltre la mitigazione dei cambiamenti climatici, c’è ancora un’enorme quantità di carbone in cantiere».
I più grandi Paesi carboniferi, Cina, India, Indonesia e Vietnam, devono ridurre la loro filir era del carbone, ma non possono invece passare al gas perché, come fa notare CAT, «Stiamo assistendo all’ascesa di un’industria del gas che spinge il suo prodotto come alternativa, ancora sostenuta da molti governi. Non possiamo permettere che i combustibili fossili vengano sostituiti con altri combustibili fossili».
Per concludere, CAT ha anche scoperto che «Gli annunci per ridurre il metano e la deforestazione fatti a Glasgow riducono solo leggermente, se non per niente, il gap delle emissioni».