I risultati contenuti nell’ultimo rapporto Swiss Re
I danni economici delle catastrofi naturali nel mondo sono aumentati del 102% in un anno
Ma gli scienziati avvertono: le attività umane responsabili per l’incremento degli eventi climatici estremi
[29 Marzo 2017]
Il colosso svizzero delle assicurazioni Swiss Re ha appena aggiornato con i dati 2016 il suo rapporto annuale dedicato all’analisi delle catastrofi – naturali o dovute all’attività umana – che hanno devastato il pianeta nell’ultimo anno. L’evento più devastante risulta essere l’urgano Matthew, che ha provocato oltre 700 morti (più di ogni altra singola catastrofe registrata nel 2016), ma il sinistro elenco è molto lungo: spiccano i devastanti eventi sismici che hanno colpito l’Italia, ma anche Giappone, Ecuador, Tanzania e Nuova Zelanda, come pure gli incendi che in Canada sono divampati nell’Alberta delle sabbie bituminose.
In tutto il mondo, sono circa 11.000 le persone che hanno perso la vita – o che sono state date per disperse – a causa delle principali catastrofi accadute nel 2016, mentre le perdite economiche globali hanno raggiunto quota 175 miliardi di dollari (+85% rispetto all’anno precedente): 166 imputati alle catastrofi naturali (+102%), 9 a quelle dovute all’intervento umano (-28%).
Ma quanto c’è di “naturale” in tali catastrofi? Per quanto riguarda in particolare quelle climatiche, la scienza è sempre più chiara nell’individuare il ruolo antropico. Come spiegano i ricercatori dell’Istituto di Potsdam per la ricerca sull’impatto climatico (Pik) in un articolo appena pubblicato su “Nature Scientific Reports”, le attività umane sono «responsabili dell’incremento del numero e dell’intensità di condizioni meteorologiche estreme».
«Il ripetersi di lunghi periodi di siccità e/o di piogge che si trasformano in alluvioni – riassume l’edizione italiana di Scientific American – dipende infatti in modo diretto dal riscaldamento globale legato ai gas serra: la “febbre” del pianeta determina infatti un blocco delle gigantesche correnti atmosferiche che permettono uno scambio fra le masse d’aria ai poli e quelle tropicali».
L. A.