I dati raccolti nell’Artico confermano che non c’è nessuna pausa nel riscaldamento globale
L’Artico si sta riscaldando più velocemente di quanto si credesse e influenza tutto il pianeta
[22 Novembre 2017]
I ricercatori si sono a lungo interrogati su un’apparente contraddizione presente nei calcoli sui cambiamenti climatici che sembrava suggerire che tra il 1998 e il 2012 il riscaldamento globale potrebbe essersi fermato o aver rallentato anche se l’aumento delle emissioni di gas serra in quel periodo avrebbe dovuto far accelerare il fenomeno. Già a giugno lo studio “Possible artifacts of data biases in the recent global surface warming hiatus” aveva rivelato che probabilmente quello “iato” che era diventato il cavallo di battaglia dei negazionisti climatici era solo un’illusione causata da dati inesatti» ora le prove che la pausa del riscaldamento globale non c’è mai stata arriva direttamente dal campo e dalla linea del fronte del global warming: l’Artico.
Infatti, il nuovo studio “Recently amplified arctic warming has contributed to a continual global warming trend”, pubblicato su Nature Climate Change da un team di ricercatori cinesi e dell’università dell’Alaska . Fairbanks (Uaf), afferma di aver definitivamente risolto il “mistero” dimostrando che la percezione della cosiddetta “pausa di riscaldamento globale” era il risultato dell’esclusione dei dati dall’Artico nei calcoli dei trend riscaldamento globale.
Le analisi della temperatura superficiale dall’Artico dimostrano che il rapido riscaldamento avvenuto nella regione nell’ultimo decennio ha contribuito significativamente ad incrementare il gtrend globale al riscaldamento globale, piuttosto che una pausa o un rallentamento.
detto Xiangdong Zhang, uno scienziato dell’atmosfera che lavora per l’International Arctic research center dell’Uaf spiega: «Abbiamo ricalcolato le temperature globali medie dal 1998-2012 e abbiamo scoperto che il tasso di riscaldamento globale ha continuato a salire a 0,112° C per decennio invece di rallentare a 0,05° C per decennio, come si pensava in precedenza. Le nuove stime hanno anche dimostrato che l’Artico stesso si è riscaldato da 5 a 6 volte in più della media globale durante quel periodo di tempo, quasi tre volte più velocemente di quanto si pensasse in precedenza».
Per arrivare a queste conclusioni i ricercatori dell’Uaf, dell’università Tsinghua di Pechino e delle agenzie cinesi che studiano l’Artico hanno analizzato i dati di temperatura raccolti dalle boe alla deriva nell’Oceano Artico e Zhang spiega ancora: «Quando abbiamo esaminato i dati osservazionali che sono la base per stimare il tasso di riscaldamento globale, abbiamo scoperto che nell’Artico c’era un grande divario. Non c’erano quasi osservazioni sull’Artico»..
Per migliorare il dataset sia nel tempo che nello spazio, il team sino-americano si è basato sui dati delle temperature raccolti dall’ International Arctic Buoy Program dell’università di Washington e per i dati globali hanno utilizzato le nuove e corrette temperature della superficie del mare della National oceanic and atmospheric administration (Noaa). Ma Zhang fa notare che «Per stimare meglio le temperature medie, i ricercatori hanno dovuto sviluppare nuovi metodi per incorporare i dati della temperatura artica nei dati globali della temperatura. In realtà, utilizzando il nostro approccio, abbiamo anche esteso i nostri dati sull’Artico fino all’inizio del secolo scorso. Così abbiamo scoperto che il riscaldamento globale è continuato a causa del contributo del riscaldamento amplificato dell’Artico».
Zhang conclude: «Non c’è rallentamento e non c’è pausa. E negli ultimi dieci anni il ritmo del riscaldamento globale è accelerato nell’Artico. Questo è importante, questa è la caratteristica più importante nella ricerca sul riscaldamento globale. La ricerca sottolinea l’importanza di considerare l’Artico quando si pensa al cambiamento climatico. L’Artico è remoto solo in termini di distanza fisica. In termini scientifici, è vicino a ognuno di noi. E’ una parte necessaria dell’equazione e la risposta riguarda tutti noi».