Delocalizzazione della CO2: dazi Ue alle frontiere per fermare le imprese che non rispettano le regole sulle emissioni
Il Parlamento europeo approva una tassa sul carbonio alle frontiere dell'Ue per contrastare la delocalizzazione della CO2
[11 Marzo 2021]
Mentre l’industria europea affanna per riprendersi dalla crisi provocata dalla pandemia di Covid-19 e dalla pressione economica legata alle importazioni a basso costo operate dai partner commerciali, l’Ue sta cercando di rispettare gli impegni climatici senza causare perdite di posti di lavoro o innescare delocalizzazioni. E, con questo obiettivo, il Parlamento europeo sostiene che «Per aumentare l’ambizione climatica globale e prevenire delocalizzazione delle imprese, l’Ue deve applicare un dazio su alcune importazioni da Paesi meno ambiziosi».
Per questo gli eurodeputati hanno adottato, con 444 voti favorevoli, 70 contrari e 181 astensioni, una risoluzione che propone l’introduzione di un Carbon Border Adjustment Mechanism (CBAM) compatibile con le regole dell’Organizzazione mondiale del commercio (Omc) l’OMC e non utilizzabile come strumento per rafforzare il protezionismo. La risoluzione sottolinea che «La maggiore ambizione dell’Ue sul cambiamento climatico non deve portare alla “fuga di carbonio”, ossia alla fuga all’estero delle imprese comunitarie. Difatti, gli sforzi globali per il clima non ne beneficerebbero, qualora la produzione dell’Ue venisse semplicemente spostata in Paesi terzi che hanno regole meno ambiziose sulle emissioni».
La delocalizzazione della CO2 (carbon leakage) è la pratica adottata dalle industrie con elevati livelli di emissioni di gas serra di trasferire la produzione al di fuori dell’Ue per evitare la più severa normativa europea sul clima. Dato che questa pratica non fa altro che spostare il problema altrove, gli eurodeputati vogliono arginare il fenomeno attraverso il CBAM.
I parlamentari europei hanno proposto di applicare un prezzo sulle emissioni di CO2 di alcuni beni importati nell’Ue, se provengono da Paesi con standard climatici meno ambiziosi e dicono che «Ciò creerebbe una parità di condizioni a livello globale, nonché un incentivo per le industrie europee e non europee a decarbonizzarsi, in linea con gli obiettivi dell’Accordo di Parigi».
La nuova tassazione delle merci alle frontiere Ue deve essere quindi progettata specificamente «Per soddisfare gli obiettivi climatici. Le entrate generate dovrebbero, propongono i deputati, essere utilizzate come parte delle risorse proprie per aumentare il sostegno agli obiettivi del Green Deal nel bilancio Ue». Ma come funzionerebbe una tassa sul carbonio alle frontiere? L’europarlamento spiega in una nota che «Ai prodotti provenienti da paesi con leggi sulle emissioni di CO2 meno severe di quelle dell’UE viene applicata la tassa sul carbonio alle frontiere in modo da garantire che le importazioni non siano economicamente più vantaggiose rispetto all’equivalente prodotto nell’Ue. Considerando il rischio che i settori più inquinanti possano delocalizzare la produzione in paesi con vincoli meno rigidi sulle emissioni di gas serra, l’aggiustamento del prezzo in base alle emissioni di CO2 è visto come un complemento essenziale all’attuale sistema di quote di carbonio dell’Ue, noto come il Sistema per lo scambio delle quote di emissioni dell’Ue (ETS)».
Il nuovo meccanismo dovrebbe essere parte di una più ampia strategia industriale Ue che copra tutte le importazioni di prodotti e materie prime previste dal Sistema per lo scambio delle quote di emissione dell’Ue (ETS) e, in una fase iniziale, già entro il 2023, dovrebbero coprire il settore energetico e i settori industriali ad alta intensità energetica, come il cemento, l’acciaio, l’alluminio, la raffinazione del petrolio, la carta, il vetro, i prodotti chimici e i fertilizzanti, che continuano a beneficiare di consistenti quote gratuite e rappresentano tutt’ora il 94% delle emissioni industriali nell’Ue».
Gli eurodeputati sono convinti che « Fissare il dazio del CBAM allo stesso valore delle quote Ue nell’ambito dell’ETS è una strategia che funzionerà meglio rispetto alle misure attuali, che danno quote di CO2 gratuite a determinati settori per combattere la delocalizzazione delle emissioni di carbonio».
La Commissione dovrebbe presentare una proposta legislativa sul CBAM nel secondo trimestre del 2021 come parte dell’European Green Deal, oltre a una proposta su come includere le entrate generate per finanziare parte del bilancio Ue. Gli eurodeputati hanno dato il loro appoggio alla proposta della Commissione di utilizzare i proventi generati dal Meccanismo come nuova fonte di entrata per il bilancio dell’UE, sottolineando al contempo «La necessità che la Commissione garantisca la piena trasparenza sull’allocazione di tali entrate».
Il relatore, il verde francese Yannick Jadot, ha concluso: «L’obiettivo del Parlamento europeo è quello di lottare contro il cambiamento climatico senza che ciò metta in pericolo le nostre imprese a causa di una concorrenza internazionale sleale dovuta alla mancanza di azioni sul clima in alcuni paesi. Dobbiamo proteggere l’Ue contro la concorrenza sleale climatica e allo stesso tempo garantire che le nostre imprese compiano tutti gli sforzi necessari per fare la loro parte nella lotta al cambiamento climatico. Il CBAM è una grande opportunità per conciliare clima, industria, occupazione, resilienza, sovranità e questioni di delocalizzazione. Dobbiamo smettere di essere ingenui e dobbiamo imporre lo stesso prezzo sulle emissioni di tutti prodotti, siano essi prodotti in Ue o meno, per garantire che anche i settori più inquinanti partecipino alla lotta contro il cambiamento climatico e innovino verso il carbonio pari zero. Questa è la nostra migliore possibilità per rimanere al di sotto del limite di 1,5° C per il riscaldamento globale, spingendo anche i nostri partner commerciali ad essere altrettanto ambiziosi per entrare nel mercato Ue».