Economia: il rischio climatico è sia cronico che acuto

Un premio Nobel e un leader degli investimenti energetico spiegano cosa significa per gli investitori

[4 Giugno 2019]

Come scrivono su Barron’s  David Schimel,  premio Nobel e senior climate researcher del Jet Propulsion Laboratory Nasa, e Thomas Stoner,  uno che da 25 è leader degli investimenti ambientali ed energetici, «La ricerca del guadagno può portare gli investitori in luoghi strani. Ma mai più di quando quegli stessi investitori hanno anche l’obiettivo di aiutare a salvare il pianeta».

Secondo Schimel e Stoner (entrambi ai vertici di Entelligent),  conciliare gli interessi finanziari con la riduzione degli effetti dei cambiamenti climatici può portare gli investitori a prendere in considerazione scelte alle quali non avrebbero mai pensato prima e fanno l’esempio della navi da crociera: «Diciamo che le navi da crociera sono un acquisto migliore dei parchi a tema, perché i secondi sono fermi, le prime no, e la possibilità di spostare un asset può essere vantaggioso in un futuro non troppo lontano dove il tempo estremo è una minaccia per tutti noi. Confrontando i meriti relativi dei transatlantici e delle montagne russe potresti farti quotare nel più grande paper della nazione. Ma è un evento secondario rispetto a ciò che è effettivamente necessario quando attualmente si tratta di investimenti reali sostenibili: un piano che non tratti di grandi rendimenti e di una migliore gestione ambientale come servizio di nicchia alla ricerca di investimenti di nicchia. Per troppo tempo, gli investimenti in cambiamenti climatici sono stati relegati sotto il più ampio ombrello degli investimenti in Environmental, Social and Governance (ESG). Vale a dire, è qualcosa a cui gli investitori più seri si limitano a prestare il proprio intervento aggiungendo alcuni fondi ESG al proprio portafoglio. Una siepe di benessere che funge anche da punto di riferimento conveniente quando i clienti socialmente consapevoli chiedono come il fondo si sta preparando per un pianeta in via di riscaldamento».

Naturalmente, per il Premio Nobel e per il mega-investitore, non c’è niente di sbagliato nell’investire parte del capitale nei progetti di energia rinnovabile e questi investimenti hanno contribuito a far calare i costi delle rinnovabili rendendole competitive con i combustibili fossili.

Ma gli investimenti facili “di nicchia” nell’eolico e nel solare hanno impedito in qualche modo agli investitori “normali” di vedere i maggiori guadagni disponibili in questi settori. Tutti dovrebbero investire in modo responsabile.

Per Schimel e Stoner «Quello che serve è un modo per quantificare il rischio climatico per tutti i titoli. Non solo per gli emettitori, e non solo quelle compagnie direttamente coinvolte nella conversione energetica. Ma prendendo ogni singolo elemento dell’ecosistema economico e misurando tre elementi: la sensibilità di un’azienda al rischio delle risorse, quello che stanno facendo per ridurre il loro impatto e come queste azioni le preparano meglio l’incertezza che ci attende. Un tale approccio richiede innanzitutto di prendere in considerazione i possibili scenari climatici legati alle temperature, alle emissioni di carbonio ma anche alla produzione e al consumo di energia. Tale approccio consente ad un investitore di affrontare il rischio della transizione da un’economia high carbon a quella che tutti dovrebbero sperare sarà presto un’economia low carbon. Quando si guarda ai mercati e si creano modelli predittivi, si deve tener conto di ciò che è temporaneo e e di ciò che è qui per restare. Nel caso del cambiamento climatico, è entrambe le cose. Abbiamo eventi acuti, come gli incendi in California che hanno recentemente fatto fallire PG&E, ma abbiamo anche la emergente pressione cronica di un clima che cambia. Gli investimenti non possono essere sostenibili concentrandosi solo sull’uno o l’altro».

Tanto per capirsi, scommettere sugli shock del cambiamento climatico per approfittarne (come nel caso della gara per le risorse dell’Artico) non salverà gli investitori dall’esposizione cronica al rischio climatico.

Schimel e Stoner fanno un altro esempio_ quello dell’incredibile quinquennio di Best Buy che, mentre in tutto il mondo crollavano le vendite al dettaglio, grazie a decisioni intelligenti prese da un nuovo team esecutivo, come una nuova politica di corrispondenza dei prezzi per impedire ai clienti di acquistare su Amazon, è riuscito a crescere. Meno conosciuta è invece l’impegno di Best Buy  a ridurre del 20% le sue emissioni di CO2 – obiettivo superato – grazie all’ammodernamento dei negozi con sistemi di illuminazione e di stoccaggio più efficienti dal punto di vista energetico. Un investimento che non ha fatto risparmiare denaro nel breve periodo ma che ha messo al sicuro Best Buy   dai potenziali shock di un evento climatico acuto.

Una resilienza climatica che si sta estendendo a settori che normalmente non sono considerati green, come i viaggi in aereo. La compagnia United Continental ha promosso iniziative per ridurre il consumo di carburante come qualcosa che aveva solo fini ambientali, ma gli effetti sono stati avvertiti soprattutto dagli investitori della compagnia: in un solo anno fiscale l’United è riuscita a risparmiare 343 milioni idi dollari e questo ha ulteriormente aumentato le sue prospettive di profitto dopo il recente e improvviso aumento dei prezzi del carburante.

Ormai, e per fortuna, avere un piano per affrontare il rischio climatico non è più qualcosa relegato a dei manager che gestiscono oscuri ETF e fondi comuni di investimento: «Quando anche i biscotti Oreo prevedono di avere ingredienti rispettosi dell’ambiente, sai che un’idea è diventata mainstream» dicono Schimel e Stoner, che concludono: «Ma gli investimenti destinati a spiegare un mondo che cambia devono essere più mondiali. Le limitate puntate del passato devono diventare ampi investimenti in compagnie del tipo di quelle che gli ambientalisti normalmente eviterebbero. E ogni settore, ogni industria e ogni azienda devono poter essere misurati rispetto a come si comporterebbe negli scenari migliori e peggiori, così come per tutto il resto».