Effetto farfalla, come sfruttarlo per prevedere il tempo

Un metodo che spiega anche la “pausa” nel riscaldamento globale

[19 Agosto 2015]

L’atmosfera è così instabile che, secondo una nota “teoria”, il battito delle ali di una farfalla che potrebbe cambiare il corso degli eventi meteorologici. Il celebre effetto farfalla significa anche che l’affidabilità delle previsioni meteorologiche scende drasticamente al di là di 10 giorni.

Il nuovo  studio “Using scaling for macroweather forecasting including the pause”, pubblicato su Geophysical Research Letters da Shaun Lovejoy, un fisico canadese della  McGill University di  Montreal, dimostra come sfruttare direttamente la “memoria da elefante” dell’atmosfera di produrre previsioni delle temperature che sono un po’ più preciso rispetto ai tradizionali computer models numerici. .

Alla McGill University  sottolineano che «Oltre a questo, ci sono forti sbalzi di temperatura, con aumenti tendono ad essere seguito da diminuzioni, e viceversa. Lo stesso schema vale più di mesi, anni e decenni».

Lovejoy  spiega che «Questa tendenza naturale a tornare ad uno stato di base è l’espressione della memoria del clima che è così forte che stiamo ancora sentendo gli effetti delle fluttuazioni secolari. Mentre riscaldamento atmosferico antropico impone una tendenza generale all’aumento delle temperature, le fluttuazioni naturali intorno a questa tendenza seguono lo stesso schema della memoria lunga (…) Questo nuovo metodo potrebbe contribuire a migliorare le notoriamente carenti previsioni stagionali, così come a produrre migliori proiezioni climatiche a lungo termine».

Effetto farfalla che Lovejoy  utilizza considerando  il tempo atmosferico  come casuale e utilizza i dati storici per forzare la previsione a riflettere un clima realistico. «Questo gli permette di superare i limiti dell’approccio standard – dicono all’università canadese –  nel quale   le rappresentazioni imperfette del tempo atmosferico spingono un computer model ad essere coerente con il suo modello climatico, piuttosto che con il clima reale». Lovejoy. È convinto che «Il nuovo metodo rappresenta anche un miglioramento rispetto ad altre tecniche di previsione statistica che sfruttano solo la memoria a breve termine del clima».

Lo studio di Lovejoy utilizza una semplice versione del suo nuovo metodo per dimostrare che la cosiddetta pausa nel riscaldamento globale dal 1998 può essere ben spiegato con l’aiuto dei dati storici atmosferici e lo scienziato conclude: «inoltre,  tale metodo è più preciso in questo periodo rispetto ai computer models standard utilizzati, per esempio, dall’International Panel on Climate Change».

Il modello di Lovejoy prevede anche che «Se le emissioni di gas serra continuano al ritmo del post 2000, c’è una probabilità del 97,5% che la “pausa” nel riscaldamento globale sarà finita prima del 2020».