Emissioni zero? Ecco quanto inquina il web (e chi lo naviga)
[9 Aprile 2014]
Computer, smartphone e tablet, ora orologi, occhiali e altra tecnologia indossabile. La straordinaria rivoluzione del web segue ormai l’uomo industrializzato a ogni suo passo, poggiandosi sull’idea della nuvola e dell’immaterialità (che fa rima con sostenibilità). Non è immediato percepirlo, ma il web è tutt’altro che immateriale. Affonda ancora profondamente le sue radici in un terreno fatto di datacenter e miliardi di cavi, o più semplicemente di dispositivi fisici che occorre alimentare tramite altrettanto tangibili energia. Forse non lo sai, dunque, ma anche il web inquina. Per non parlare delle terre rare presenti all’interno dei dispositivi e del fine vita degli stessi.
Certo, potrebbe essere che sia anche un prezzo o che ci sia un prezzo per una percentuale di inquinamento che riteniamo indispensabile per lo sviluppo “buono” dell’umanità, ma comunque l’impatto zero (come i rifiuti zero) rimane solo un buono slogan. Rete Clima, un ente italiano no-profit che propone azioni concrete in campo ambientale per la promozione della sostenibilità ed il contrasto al cambiamento climatico, parta da questa semplice ma ormai contro intuitiva constatazione per lanciare oggi il progetto CO2 Web, per rendere l’utilizzo della rete più sostenibile.
Anche un semplice click, come ogni attività umana, genera emissioni e conseguente impatto ambientale. La principale voce di consumo (e di inquinamento) del web – ricorda Rete Clima, che riunisce giovani ricercatori italiani – è l’energia elettrica: essendo ancora in buona parte ottenuta mediante combustione di fonti energetiche fossili, il consumo di energia comporta la produzione di grandi quantità di emissioni nocive. È stato calcolato che la cosiddetta Information and Communication Technology globale (internet, video, voce e altri servizi cloud) ogni anno produca più di 830 milioni di tonnellate di anidride carbonica. Si tratta di circa il 2% delle emissioni globali di CO2. Le proiezioni dicono, inoltre, che la quota è destinata a raddoppiare entro il 2020.
Rete Clima ha calcolato che, in media, un sito con 100.000 pagine viste al mese emette 288 kg di CO2. E ognuno di noi? In un anno l’attività un utente medio del web emette qualcosa come 243,6 kg di emissioni climalteranti ogni anno. Infatti, un’internauta che utilizza il web per 100 ore al mese emette in un anno 86,4 kg di CO2 (pari a un’andata e ritorno tra Milano e Bologna); 500 email (da1MB) in un mese valgono alla fine dell’anno 114 kg di CO2, mentre 100 video su Youtube al mese, moltiplicati per dodici, corrispondono a 43,2 kg di CO2.
Per diminuire alla fonte l’emissione di gas climalteranti dovremmo modificare l’approvvigionamento energetico delle imprese e delle multinazionali che al web danno corpo in tutto il mondo, ma anche il singolo utente può ridurre le proprie emissioni, e compensare il resto. Per farlo, Rete Clima propone un decalogo di buone azioni per la riduzione del proprio impatto durante l’uso del web, e poi di lasciare che siano degli alberi a fare il resto del lavoro per nostro conto. Più precisamente, la compensazione viene realizzata da Rete Clima tramite la posa di alberi in Italia, all’interno di boschi urbani realizzati per la tutela della naturalità locale ed il contrasto al cambiamento climatico globale. Inoltre, le azioni di forestazione compensativa sono rivolte anche alla promozione della sostenibilità del territorio con il coinvolgimento delle scuole locali in progetti di educazione ambientale.
«Vogliamo che la compensazione avvenga in Italia, per creare momenti di interazione soprattutto con gli abitanti di domani, i bambini – ha dichiarato Paolo Viganò, responsabile di Rete Clima – anche per questo la quota di sottoscrizione comprende già una parte da destinare a progetti di educazione ambientale scolastica». E ora, dopo aver letto questo articolo, non ti resta che andare a calcolare quanta CO2 hai emesso, e agire di conseguenza.