Energia e clima: Greenpeace, Legambiente e Wwf sulle pagelle Ue sui piani nazionali al 2030

L’Ue deve alzare il tiro e l’Italia deve e può fare molto di più

[19 Giugno 2019]

La Commissione europea  ha pubblicato la valutazione delle proposte di piani presentate dagli Stati membri per attuare gli obiettivi dell’Unione dell’energia, in particolare gli obiettivi concordati a livello Ue in materia di energia e clima per il 2030, e ritiene che «I piani nazionali rappresentino già un impegno considerevole, ma rileva i margini di miglioramento esistenti sotto diversi aspetti, in particolare per politiche mirate e personalizzate che consentano di centrare gli obiettivi per il 2030 e mantenere anche a lungo termine la rotta verso l’impatto climatico zero».  La Commissione ricorda che «L’Unione europea è la prima grande economia a adottare un quadro giuridicamente vincolante per tener fede agli impegni assunti con l’accordo di Parigi ed è la prima volta che gli Stati membri elaborano proposte di piani nazionali integrati per l’energia e il clima (PNEC). I contributi verso le fonti rinnovabili e l’efficienza energetica previsti attualmente dai piani non sono tuttavia sufficientemente ambiziosi da permettere all’Ue nel suo insieme di raggiungere gli obiettivi che si è data in materia di energia e clima; per far ciò sarà necessario un salto di qualità collettivo».

L’Unione europea conferma di essere «determinata a rispettare gli impegni di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra assunti e a fornire ai cittadini energia sicura, a costi accessibili e sostenibile. In materia di energia e clima abbiamo creato un sistema di governance unico nel suo genere, in cui Unione e Stati membri programmano insieme per raggiungere collettivamente gli obiettivi che si sono dati per il 2030 e per realizzare una transizione verso un’economia a impatto climatico zero entro il 2050 che sia equa socialmente ed efficace in termini di costi».

La Commissione Ue ha analizzato le proposte di piani nazionali valutandone il contributo aggregato, a livello di UE, verso gli obiettivi dell’Unione dell’energia e i traguardi per il 2030 e dice che «Allo stato attuale le proposte di PNEC presentano contributi insufficienti sia per le fonti rinnovabili sia per l’efficienza energetica: per le fonti rinnovabili la lacuna da colmare potrebbe arrivare a 1,6 punti percentuali (rispetto al target del 32%); per l’efficienza energetica, addirittura potrebbe essere di 6,2 punti percentuali (se si considera il consumo di energia primaria, rispetto al target del 32.5%) o di 6 punti percentuali (se si considera il consumo di energia finale)». Sarà possibile solo raggiungere l’attuale obiettivo del 40% di riduzione delle emissioni climalteranti, risultato inferiore a quanto inizialmente previsto (45%) grazie al pieno raggiungimento degli obiettivi su rinnovabili ed efficienza.

La Commissione conclude ricordando che «Fortunatamente gli Stati membri dispongono ancora di 6 mesi per innalzare il livello di ambizione sul piano nazionale. Con le sue raccomandazioni e valutazioni dettagliate, la Commissione intende aiutare gli Stati membri a mettere a punto i piani entro fine 2019 e ad attuarli efficacemente negli anni successivi. I piani nazionali dovrebbero offrire chiarezza e prevedibilità alle imprese e al settore finanziario al fine di stimolare gli investimenti privati necessari. Faciliteranno altresì agli Stati membri la programmazione dei finanziamenti nell’ambito del prossimo quadro finanziario pluriennale 2021-2027».

Il vicepresidente della Commissione Ue per l’Unione dell’energia, Maroš Šefčovič, ha evidenziato che «Con questi primi piani nazionali per l’energia e il clima l’Unione dell’energia arriva al livello nazionale: analogamente all’Ue, gli Stati membri presentano tutti politiche integrate per la transizione climatica ed energetica in una prospettiva decennale. In un lasso di tempo relativamente breve tutti gli Stati membri sono riusciti ad elaborare proposte notevoli, ma la proposta perfetta non esiste. Le raccomandazioni della Commissione indicano gli aspetti nei quali sono necessari maggiori sforzi in vista della scadenza di fine anno per la presentazione dei piani definitivi: chiedono ad esempio maggiore ambizione, una descrizione più dettagliata delle politiche, maggiori precisazioni sui bisogni di investimento o maggiori sforzi sull’equità sociale. Chiarezza e prevedibilità sono il vero e proprio vantaggio competitivo della politica europea in materia di energia e clima. Sfruttiamo quindi al meglio quest’occasione dando ai piani nazionali la forte spinta finale di cui hanno bisogno».

Legambiente commenta: «Sono dunque piani inadeguati a fronteggiare l’emergenza climatica che stiamo vivendo. Soprattutto se si tiene conto che gli attuali obiettivi europei non sono in linea con la soglia critica di 1.5° C e quindi inadeguati a rispondere con efficacia a questa crisi climatica».

Non a caso, domani il Consiglio Europeo ha in agenda l’adozione di una Strategia climatica europea in grado di far fronte all’emergenza climatica con l’obiettivo di raggiungere zero emissioni nette al più tardi entro il 2050 e quindi incrementare l’attuale obiettivo del 40% al 2030. Il Commissario Ue per l’azione per il clima e l’energia, Miguel Arias Cañete ha dichiarato: «Lo scorso novembre la Commissione ha proposto che l’Unione europea raggiunga l’impatto climatico zero entro il 2050. Ha mostrato la via da seguire e si è messa alla guida del processo. È positivo constatare che un numero sempre maggiore di Stati membri la segue alla ricerca di tale obiettivo. Valutate le proposte di piani nazionali presentate dagli Stati membri, giudico positivamente i notevoli sforzi compiuti. Ciò non toglie che, per incanalare l’Ue nella giusta direzione verso il contrasto dei cambiamenti climatici e la modernizzazione dell’economia, occorra alzare ancora nei piani definitivi il livello di ambizione. Invito il Consiglio ad avviare una discussione sulle principali priorità indicate dalla Commissione, così da aiutare la stesura di piani definitivi che presentino un adeguato livello di ambizione».

Analizzando la valutazione della Commissione europea, anche Greenpeace European Unit fa notare che «Sulla base dei piani esistenti, la maggior parte dei governi non raggiungerà gli obiettivi dell’Ue in materia di efficienza energetica ed energie rinnovabili per il 2030. Questi obiettivi non sono in linea con l’obiettivo dell’accordo di Parigi sul clima di limitare il riscaldamento globale a 1,5° C». Per questo Greenpeace chiede all’Ue  di «Ridurre le emissioni di gas serra del 65% entro il 2030 (rispetto ai livelli del 1990) e di raggiungere le emissioni nette entro il 2040, in linea con i pareri scientifici per prevenire una catastrofe climatica».

La responsabile di Greenpeace Polska, Anna Ogniewska, ha sottolineato: «Non sorprende che molti Paesi siano in ritardo rispetto all’azione per il clima. La maggior parte dei governi si sta solo svegliando ora sull’emergenza climatica, mentre cresce la preoccupazione dell’opinione pubblica e gli scienziati avvertono che la finestra per poter agire si sta chiudendo rapidamente. Se è seriamente intenzionata a guidare gli sforzi globali per fermare la crisi climatica, l’Ue deve alzare il tiro. Questo significa aumentare l’obiettivo delle emissioni del 2030 e sostenere un obiettivo di emissioni net-zero per il  2040. Ogni ritardo nell’azione climatica costerà vite umane, distruggerà il mondo naturale e ci priverà del nostro futuro».

Guardando al nostro Paese, Legambiente dice che «L’Italia può e deve mettere in campo un Piano in grado di vincere la sfida climatica» e secondo il vice presidente nazionale del Cigno Verde, Edoardo Zanchini, «Il piano italiano è nelle condizioni non solo di attuare le raccomandazioni della Commissione senza grandi sforzi, ma soprattutto di mettere in campo un’azione climatica più ambiziosa in grado di far fronte concretamente all’attuale emergenza climatica. Il messaggio chiaro che viene dalla Commissione è che serve maggiore ambizione per tradurre in realtà gli impegni dell’Accordo di Parigi. I piani nazionali, da completare entro la fine dell’anno, vanno rivisti in coerenza con le strategie nazionali di lungo temine che dovranno allinearsi alla strategia europea».

Per Legambiente, «Sarà cruciale per l’Italia mettere in campo da subito un pacchetto dettagliato di misure per abbandonare il carbone entro il 2025 puntando con forza su rinnovabili ed efficienza energetica, anziché continuare a puntare sul gas. A tal fine sarà importante avviare immediatamente un programma di eliminazione dei sussidi alle fonti fossili – che ammontano ormai a 19 miliardi di euro – già a partire dalla prossima legge finanziaria. Risorse che dovranno essere destinate anche a sostenere la transizione verso un’economia circolare e libera da fonti fossili delle comunità interessate dalla chiusura delle centrali a carbone e dalla riconversione degli impianti industriali energivori».

Anche il Wwf Italia ritiene che «il governo italiano debba assumere il parere espresso dalla Commissione UE sulla bozza di PNIEC (Piano nazionale integrato per l’Energia e il Clima) presentata a Bruxelles a inizio anno come un incoraggiamento a proseguire il lavoro, correggendo le evidenti carenze, innanzi tutto quella di strumenti attuativi». Mariagrazia Midulla, responsabile clima ed energia del Wwf Italia, aggiunge: «Leggeremo il corposo materiale che la Commissione ha distribuito, ma ci pare che le raccomandazioni generali date oggi in conferenza stampa dal Commissario Arias Canete siano particolarmente adatte a descrivere il compito che attende ora il governo in generale e i ministeri dello sviluppo economico, dell’ambiente e dei trasporti in particolare. C’è molto spazio di miglioramento, a partire dal target per le rinnovabili, inadeguato rispetto all’innalzamento europeo al 32% e rispetto alle potenzialità italiane. Non è solo questione di obiettivi, è soprattutto la sostanza degli strumenti su come raggiungerli, visto che il PNIEC non è un libro dei sogni, ma un impegno che verrà costantemente verificato in un dialogo con l’Unione. L’Italia deve dire “come” e “con che cosa”, e poi farlo davvero, a partire dalla rimozione dei sussidi ai combustibili fossili».

Il Wwf fa notare che «La Commissione richiama i Paesi alla necessità di essere ambiziosi. Per esempio rilanciando la leadership dell’Unione sulle rinnovabili, una questione non solo di sicurezza energetica e di politica climatica responsabile, ma imperativo per sfruttare al meglio il potenziale di crescita economica “verde”: ebbene, in questo l’Italia, pur baciata da una posizione geografica favorevole, è molto indietro sia come investimenti che come capacità di creare le condizioni adatte». La Midulla sottolinea che «Al contrario, l’Italia pare orientata investire molto su nuove infrastrutture e nuova capacità termoelettrica a gas, di cui non ha davvero bisogno, come abbiamo dimostrato anche in uno studio (Phase‐out del carbone al 2025 – Ipotesi e impatti nello scenario elettrico) da noi commissionato nel 2017e non si preoccupa abbastanza di investire nelle tecnologie e nello sviluppo futuro, a partire dalle energie rinnovabili, dall’efficienza e dal risparmio energetico, su cui va fatto molto di più, e dagli accumuli, cioè dai sistemi per stoccare l’energia prodotta dalle rinnovabili e garantire la disponibilità e la stabilità del sistema. Sul phase out del carbone, dalla prima lettura dei documenti della Commissione appare chiaro che l’Italia non è affatto sola in questa decisione: si è aggiunta anche la Slovacchia. Vanno convinti i più conservatori e attendisti, il phase out entro il 2025 si può e si deve fare, dando impulso a veri e propri piani di sviluppo sostenibile dei territori e delle comunità che garantiscano non solo il lavoro che c’è oggi, ma le opportunità molto maggiori del lavoro di domani”, dice Midulla».

Proprio mentre la Commissione Ue rendeva note le sue valutazioni, il Wwf ha reso noto un documento di osservazioni al PNIEC nel quale, tra l’altro, sottolinea «La carenza di una visione più a lungo termine che consenta di stabilire bene le tappe del percorso». La Midulla conclude: «Qui non si tratta di dire che va tutto bene o va tutto male, ma cerchiamo di stimolare il Governo a operare in modo sistemico, anche perché ormai non si può più lavorare a compartimenti stagni, quel che si fa sui trasporti si riflette sul settore elettrico, è vero, ma anche viceversa. Ci auguriamo che, dopo la fase delle domande, arrivi presto l’occasione di un coinvolgimento diretto degli stakeholder, in un percorso davvero partecipato».