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Etiopia, è carestia per 10 milioni di persone: in corso peggiore siccità da 30 anni (VIDEO)
[18 Aprile 2016]
Nella regione dell’Afar, dalla cittadina di Telelak dove si trova una delle sedi di LVIA in Etiopia, si vedono famiglie di pastori che camminano lungo la strada arida e impolverata. Al loro seguito ci sono le poche bestie rimaste in vita, che sono solo un vago ricordo delle mandrie con cui questi pastori solevano spostarsi.
Questa volta non si tratta degli spostamenti tipici della cultura nomade e pastorale, perché queste persone stanno scappando dalla siccità e dalla carestia che hanno colpito il Paese e soprattutto la zona dell’Afar, più arida e vulnerabile di altre regioni dell’Etiopia. Lasciano le loro terre e cercano rifugio nella vicina regione dell’Amhara che presenta condizioni ambientali migliori ma dove la migrazione, se continuerà in modo massiccio, prospetta nuove conflittualità per la gestione delle scarse risorse naturali: acqua e pascoli, in questa area del mondo significano, in modo più chiaro ed esplicito che altrove, “Vita”.
Come ha denunciato l’OMS, è in corso la siccità peggiore degli ultimi 30 anni in Etiopia e in Somalia. «L’Etiopia sta affrontando uno dei più seri choc climatici della propria storia, con dieci milioni di persone a rischio di perdere raccolti e bestiame, oltre ad avere gravi carenze d’acqua e problemi di salute – spiega Ahunna Eziakonwa-Onuchie, coordinatore della risposta siccità per l’Onu -. Stiamo lanciando una campagna per un aumento dei fondi che sia commisurato alla scala e alla gravità della crisi».
Anche la cooperazione italiana si è mobilitata e questa mattina si è tenuta alla Farnesina una conferenza stampa in cui il Vice Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, Mario Giro, il Direttore Generale della Cooperazione allo Sviluppo, Gianpaolo Cantini e il Direttore dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo, Laura Fringenti, hanno presentato il Piano Nazionale di risposta all’emergenza alimentare provocata dal fenomeno climatico “El Niňo” in cinque Paesi dell’Africa tra cui l’Etiopia.
Il Piano prevede 10 Milioni di Euro per finanziare sia interventi di prima emergenza in favore delle comunità più vulnerabili, sia progetti destinati a consentire la ripresa delle attività agro-pastorali. La realizzazione degli interventi interesserà 5 Paesi (Etiopia, Mozambico, Malawi, Swaziland e Zimbabwe)
L’associazione LVIA è impegnata in Afar con attività volte a migliorare le condizioni di vita di queste popolazioni con l’ambizioso obiettivo di creare “resilienza”, vale a dire la capacità di vivere in ambienti ostili reagendo a crisi climatiche che sono sempre più frequenti in tutto il mondo ma che qui in Etiopia mostrano il loro lato più estremo.
Cristina Coletto, volontaria LVIA in Etiopia è basata nella sede di Telelak in Etiopia: «Il nostro è un intervento lungo e complesso che costruisce sviluppo nel lungo termine, ad esempio con attività volte a dare maggiore sostenibilità alla pastorizia attraverso tecniche per la tutela del suolo e la conservazione dell’acqua. Qui in Afar abbiamo iniziato due anni fa, con finanziamenti di ECHO e del MAE. Adesso è chiaro che bisogna attivarsi nell’emergenza, con risultati immediati, per salvare vite umane. E per questo, ci stiamo attivando come LVIA insieme al Governo etiope ed altre Ong internazionali. Ma è importante non perdere di vista l’importanza degli interventi a lungo termine, sui quali continueremo ad impegnarci, perché con il peggioramento climatico vediamo che crisi come siccità e carestie sono sempre più frequenti, Sono interventi che vogliono permettere di prevenire, in futuro, le emergenze umanitarie.». Ci spiega Cristina.
Le popolazioni dell’Afar stanno pagando le conseguenze della siccità iniziata nel 2015, in cui le piogge sono state molto al di sotto del livello minimo. Nel 2016 la situazione è peggiorata perché le piogge hanno nuovamente tardato ad arrivare. Normalmente nei primi mesi dell’anno dovrebbe piovere, ma nel 2016 qualche pioggia è iniziata solo a marzo.
Cristina ci aggiorna sulla situazione in Afar: «Il livello delle falde e dei fiumi è diminuito ancora e i prati per il pascolo sono quasi scomparsi. Ci sono molti casi di animali morti e le condizioni del bestiame sono pessime. Questo è molto grave per le popolazioni locali che basano il proprio sostentamento proprio sul bestiame. La disponibilità di prodotti animali quali la carne e il latte, alla base dell’alimentazione dei pastori, è quasi ridotta a zero e le famiglie sono costrette a cercare alimenti al mercato. Questo provoca una situazione di emergenza alimentare per molte famiglie che non hanno accesso ai mercati e sta aumentando in modo allarmante il numero dei bimbi malnutriti. I prezzi di alimenti base, come la farina, in marzo sono aumentati a causa della scarsa disponibilità nei mercati locali. Anche il prezzo del bestiame è sceso, mentre il prezzo del foraggio è aumentato perché scarso, andando a peggiorare le condizioni economiche delle popolazioni pastorali. Quasi 10.000 famiglie, cioè il 3% della popolazione dell’Afar, sono già migrate verso le vicine regioni Amhara, Oromia e Tigray, in cerca d’acqua e pascolo.».
C’è stata una significativa risposta dal governo, insieme alle agenzie ONU e alle Ong ma data la gravità della situazione sono necessari supporti addizionali ed interventi di emergenza.
LVIA è già attiva nell’emergenza, con interventi nella woreda di Dewe dove collabora con la FAO supportando le attività di distribuzione di foraggio per il bestiame, trattamenti veterinari e la realizzazione di una campagna di vaccinazione. Inizierà inoltre a breve un intervento supportato da ECHO per agire nell’immediato migliorando l’accesso all’acqua.
Per sostenere e contribuire alle attività promosse da LVIA in Afar: http://www.lvia.it/sostienici/cittadini-solidali/dona-adesso
di LVIA – Associazione Internazionale Volontari Laici