Europa 2030, su energia e clima le politiche sono chiare ma il governo non ci sente
Il resoconto dell'importante convegno tenutosi a Roma, da parte della relatrice Simona Fabiani
[10 Ottobre 2014]
Una bella iniziativa quella di ieri al Campidoglio organizzata da Greenpeace, Legambiente e WWF per parlare del pacchetto clima-energia in vista del Consiglio Europeo dei prossimi 23 e 24 ottobre. È però mancato l’interlocutore principale: il governo.
L’iniziativa Europa 2030, obiettivi ambiziosi per la lotta ai cambiamenti climatici e l’energia era stata preceduta da una lettera di 15 associazioni ambientaliste europee, che invitava il Presidente del Consiglio Renzi – Presidente di turno del Consiglio dell’Unione Europea – ad assumere un ruolo decisivo per l’assunzione di target ambiziosi nella strategia energetica europea al 2030, anche per dare un contributo alla definizione successiva di obiettivi ambiziosi e vincolanti alla COP 2015 di Parigi.
Ieri un coro di voci in armonia ha analizzato le cause e le opportunità che ci spingono ad accelerare la transizione a un nuovo modello di sviluppo sostenibile. La scienza ci dice, inequivocabilmente, che non possiamo più aspettare, che dobbiamo intervenire subito, prima che sia troppo tardi. I cambiamenti climatici già oggi causano danni drammatici: basti pensare alle alluvioni, le piogge violente, la desertificazione, le carestie e le milioni di persone costrette a migrare. Ma il cambiamento è reso urgente anche dal dramma sociale, dall’aumento delle diseguaglianze, della disoccupazione e della povertà.
In Europa ci sono 26 milioni di disoccupati. Le politiche neoliberiste di austerità e rigore, di tagli alla spesa sociale e smantellamento dei servizi pubblici, di deregolamentazione del mercato del lavoro e abbattimento dei salari hanno mostrato in tutta evidenza di essere la causa della crisi, e non possono dunque essere la soluzione per uscirne.
Serve un grande piano di investimenti per una crescita sostenibile e la creazione di posti di lavoro di qualità. Juncker, il nuovo presidente della Commissione Europea, a luglio aveva promesso un pacchetto di investimenti europei di 300 miliardi per la crescita e l’occupazione ma non abbiamo riscontro di queste risorse, a meno che non si tratti di fondi strutturali già previsti per il 2014/2020.
Per attuare le politiche di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici servono investimenti pubblici e privati che consentano la riconversione dell’economia, la tutela e manutenzione del territorio, l’efficientamento energetico degli edifici, la transizione energetica e allo stesso tempo una grandissima opportunità occupazionale: per questo si dovrebbe da subito svincolare dal patto di stabilità tutti gli investimenti pubblici che vanno in questa direzione.
In particolare la transizione energetica è più che mai urgente, non solo per mitigare gli effetti devastanti sul clima, ma anche quelli sulla salute delle popolazioni nonché per una vasta serie di convenienze economiche e sociali. Si pensi ai benefici che si avrebbero sulla bilancia dei pagamenti raggiungendo un’efficenza energetica del 40% e oltre: attualmente l’Europa importa più del 50% dell’energia che consuma; l’efficienza energetica, insieme allo sviluppo delle fonti rinnovabili, consentirebbe di ridurre le importazioni di energia e di abbattere i costi per le famiglie e per le imprese, rendendo queste ultime anche più competitive sul mercato. Per quanto riguarda l’occupazione è inoltre ormai evidente come l’efficientamento energetico e le energie rinnovabili abbiano un impatto occupazionale notevolmente superiore a quello legato alle fonti fossili.
Tutte queste considerazioni sono così scontate che ci chiediamo perché i governi non intraprendano l’unica strada sensata, e perché continuino a prevalere gli interessi di poche grandi lobbies a scapito del bene comune. Eppure è quello che sta succedendo. A livello globale, europeo e italiano.
Il governo Renzi negli ultimi provvedimenti ha – nell’ordine – rimesso in discussione in modo retroattivo il sistema degli incentivi alle rinnovabili e penalizzato l’autoconsumo di energia (legge 116/2014) e con lo Sblocca Italia dichiara opere di interesse strategico nazionale i gasdotti, i rigassificatori, le perforazioni, gli stoccaggi (non l’efficienza e le rinnovabili) e “investe” nelle grandi opere infrastrutturali, invece di destinare le poche risorse alla prevenzione del rischio idrogeologico, alla tutela del patrimonio artistico e culturale, all’istruzione, alla sanità.
Si potrebbe riassumere che il governo pensa di creare posti di lavoro liberalizzando i licenziamenti e con “una bella colata di cemento” alla Cettolaqualunque. Personalmente sono di un altro avviso, penso che la giustizia climatica e la giustizia sociale debbano andare di pari passo, che una distribuzione equa della ricchezza e delle risorse naturali si conquisti garantendo la piena occupazione e la dignità del lavoro, e che la sicurezza alimentare, l’accesso all’acqua e all’energia, l’ambiente siano diritti universali e non possano sottostare alle regole del mercato e del profitto.