Fondi pensione, banche e cambiamento climatico, l’Italia comincia a discuterne
Ma intanto bisognerebbe anche disinvestire da petrolio, carbone e nucleare
[11 Novembre 2015]
Per la prima volta in Italia, un pool di investitori istituzionali e di banche internazionali discute insieme di sostenibilità ambientale delle politiche di finanziamento, grazie all’iniziativa di engagement collettivo dei fondi negoziali italiani, promossa da Cometa – il fondo pensione complementare dei lavoratori dell’industria metalmeccanica, dell’installazione di impianti e dei settori affini – con il coordinamento di Assofondipensione..
Al centro dell’incontro di Milano, tenutosi a meno di 20 giorni dalla Conferenza delle parti Unfccc di Parigi, ci sono stati i risultati dell’indagine realizzata dall’agenzia di rating sociale ed ambientale Vigeo, dalla quale emerge una realtà italiana non certo all’avanguardia: anche se «Oltre la metà degli istituti interpellati (58%) presta attenzione al tema del climate change. Ma resta ancora molta strada da fare: solo il 10% delle banche considera prioritario quantificare le emissioni di C02 dei portafogli dei clienti e appena il 3% comunica il rischio clima agli stakeholder – dicono a Cometa – In uno scenario nel quale il problema delle emissioni e le controversie legate alla trasparenza dei controlli coinvolgono i player dei più grandi mercati mondiali, è significativo rilevare che, di 40 tra le principali banche a livello globale interrogate a riguardo, 23 (il 58%) sia disposta a confrontarsi sul tema del climate change e condivida la necessità di adottare pratiche di finanziamento sostenibili che puntino a una gestione responsabile degli investimenti».
Analizzando l’indagine di Vigeo e le risposte provenienti dai vari continenti «Si registra come in Australia la totalità delle banche si sia dimostrata disponibile al confronto; buona anche la risposta degli istituti europei (72%), che componevano la parte più numerosa del campione. Più tiepida la risposta degli USA (25%)».
Dalla ricerca emerge che «Le banche sono particolarmente attive sia sul fronte dell’integrazione del climate change nel processo di risk management, che coinvolge il 53% degli istituti interpellati, sia nel finanziamento a fonti di energia rinnovabile, aspetto che vede l’impegno del 43% degli istituti. In prima linea, Australia, Stati Uniti ed Europa».
Ma l’iniziativa di Cometa potrebbe segnare un buon punto di partenza: per la prima volta, un pool di investitori istituzionali, 14 fondi negoziali, per un patrimonio totale di oltre 20 miliardi di euro, ha aperto un tavolo di approfondimento con le banche sulle tematiche della sostenibilità ambientale, con l’obiettivo di «avviare un’azione di dialogo e di confronto con i maggiori istituti di credito internazionali per verificarne l’approccio al ”climate change” nelle politiche di finanziamento e stimolare l’adozione di comportamenti virtuosi».
Annamaria Trovò, presidente del Fondo Cometa, ha spigato che «Promuovendo questa iniziativa – la prima di questo tipo in Italia – abbiamo voluto richiamare l’attenzione sul ruolo di primo piano che il comparto bancario può svolgere nel contrasto al cambiamento climatico, investendo in settori che hanno una forte incidenza sull’ambiente. Come Fondo Cometa confermiamo il nostro impegno nella promozione di una cultura dell’investimento sostenibile. Una attività che il Fondo porta avanti dal 2010, attraverso iniziative che coinvolgono i soggetti finanziari nella tutela dei valori sociali ed ambientali legati ai processi di investimento». Secondo Marco Barbaro, amministratore delegato di BNP Paribas Investment Partners, «Con questo studio molto completo abbiamo uno stato dell’arte dei mezzi impiegati nell’industria degli investimenti per far fronte ai rischi climatici. Nel quadro del Montreal Carbon Pledge, che impegna i firmatari a misurare e pubblicare l’impronta di carbonio del loro portafoglio, BNP Paribas Investment Partners sta anticipando i temi di COP21».
Peccato che la sua banca sia finita nel passato nel mirino di Greenpeace e di altre associazioni ambientaliste per i suoi finanziamenti alle centrali nucleari e agli armamenti. Emerge ancora una volta la necessità non solo di investire nelle energie rinnovabili e nelle tecnologie low carbon, ma anche di disinvestire da petrolio, carbone, nucleare e armi, se davvero si vuole dare una mano a costruire un mondo più pulito e sicuro.
Comunque Severin Fischer, responsabile per l’ambiente e responsabilità finanziaria di BNP Paribas, ha sottolineato che «Il cambiamento climatico modifica le regole del gioco nel settore bancario e il settore bancario può essere un “game-changer” proprio nella battaglia sul cambiamento climatico. Da un lato, gli investitori devono ridurre i rischi di svalutazione degli attivi legati al clima, dall’altra parte possono migliorare la transizione energetica capitalizzando il settore delle energie rinnovabili e i programmi di efficienza energetica. BNP Paribas è fortemente impegnata a intraprendere azioni in tutte le direzioni».
Simonetta Bono, customers relationship manager di Vigeo, conclude: «Il cambiamento climatico è un tema molto urgente e azioni per il contenimento del riscaldamento globale non possono esser più procrastinate. E’ importante che il mondo della previdenza italiano abbia colto la severità del problema, scendendo in campo in modo organizzato e diventando parte attiva di un processo di cambiamento sociale. Il dialogo con le banche è solo all’inizio e, nel tempo, permetterà agli investitori di identificare i rischi e le opportunità legati al climate change».