Ma gli impegni dei Paesi sviluppati non bastano a mantenere l’aumento delle temperature a 2 gradi
Gas serra, gli Usa hanno presentato all’Unfccc il piano ufficiale per ridurli
Obama ha promesso un taglio del 26-28% rispetto al 2005 entro il 2025
[1 Aprile 2015]
Gli Usa hanno presentato all’Onu il loro impegno ufficiale per la riduzione delle emissioni di CO2, come contributo all’accordo globale che dovrebbe essere raggiunto alla Conferenza delle parti dell’United Nations Framework Convention on Climate Change (Cop Unfccc) che si terrà a dicembre a Parigi. Un obiettivo simile a quello dell’Unione europea.
L’annuncio è stato dato dall’amministrazione federale Usa con un Twitter nel quale si legge: «America is taking steps to #ActOnClimate, and the world is joining us», accompagnato da una foto della visita di Obama in Cina nel 2014 durante la quale ha firmato l’accordo climatico con l’altra grande potenza mondiale.
Ieri scadeva il termine per presentare gli impegni nazionali dei Paesi sviluppati da portare alla Cop Unfccc ma governi ecoscettici, con in testa il solito Canada, non hanno rispettato la scadenza.
Nella comunicazione dell’Amministrazione Obama all’Unfccc si legge: «Gli Stati Uniti hanno il piacere di comunicare il loro contributo determinato a livello nazionale, così come le informazioni per facilitare la chiarezza, la trasparenza, e la comprensione del contributo. Gli Stati Uniti sono fortemente impegnati a ridurre l’inquinamento dei gas serra, contribuendo in tal modo all’obiettivo della Convenzione. In risposta alla richiesta di Lima di comunicare alla segreteria il contributo previsto determinato a livello nazionale verso la realizzazione dell’obiettivo della convenzione di cui all’articolo 2, la stabilizzazione delle concentrazioni di gas serra nell’atmosfera a un livello tale da impedire pericolose interferenze antropogeniche con il sistema climatico, gli Stati Uniti intendono a conseguire l’economy-wide target di ridurre nel 2025 le proprie emissioni di gas serra del 26-28 per cento al di sotto del livello del 2005 e di fare il possibile per ridurre le proprie emissioni del 28%».
Il documento inviato alla segreteria Unfccc sottolinea che «L’obiettivo è giusto e ambizioso. Gli Stati Uniti hanno già intrapreso un’azione politica sostanziale per ridurre le nostre emissioni, facendo i passi necessari per metterci sul percorso per raggiungere l’obiettivo del 2020 di ridurre nel 2020 le emissioni all’interno di un range del 17 per cento al di sotto del livello del 2005. Ulteriori azioni per raggiungere il target 2025 rappresentano una forte accelerazione del ritmo attuale di riduzione delle emissioni di gas serra».
Gli Usa evidenziano che «Per raggiungere l’obiettivo 2025 sarà necessario un ulteriore riduzione delle emissioni del 9-11% oltre il nostro obiettivo 2020 rispetto al valore di riferimento del 2005 e una forte accelerazione del ritmo annuale 2005-2020 della riduzione, al 2,3-2,8 per cento l’anno, ovvero approssimativamente un raddoppio. Sono necessarie sostanziali riduzioni delle emissioni globali per mantenere l’aumento della temperatura globale al di sotto di 2 gradi Celsius e l’obiettivo 2025 è coerente con un percorso di profonda decarbonizzazione. Questo target è coerente con una straight line di un percorso di riduzione emissioni dal 2020, con una profonda riduzione delle emissioni a livello di economia di o superiore all’80% entro il 2050. Questo target fa parte di iuno sforzo collettivo di ampia portata per la transizione verso un’economia globale low-carbon il più rapidamente possibile. Il target riflette un processo di pianificazione che ha esaminato le opportunità all’interno delle autorità di regolamentazione esistenti, per ridurre le emissioni nel 2025 di tutti i gas serra da tutte le fonti in tutti i settori economici. Un certo numero di leggi esistenti, regolamenti e altre misure obbligatorie a livello nazionale, che abbiamo dettaglio delle informazioni fornite, sono rilevanti per l’attuazione del target».
Si tratta certamente di un grosso passo avanti rispetto alle amministrazioni repubblicane di Gerge W. Bush che negavano la necessità di un accordo globale sul clima, ma tutti gli esperti dicono che, mettendo insieme tutte le proposte nazionali pervenute all’Unfccc, siamo ben al di sotto degli impegni necessari per mantenere davvero l’aumento delle temperature globali entro i 2 gradi centigradi.
Todd Stern, il negoziatore capo Usa per il clima, aveva già detto alla BBC che il contributo statunitense sarebbe stato «molto ambizioso», ma anche avvertito che la Cop Unfccc di Parigi non risolverà il problema del clima, «Che avrebbe bisogno di un impegno costante durante decenni».
Obama nel 2013 ha annunciato un Climate action plan che prevede il taglio delle emissioni delle centrali elettriche e standard più severi per i veicoli, ma deve fare i conti con la feroce ostilità della maggioranza repubblicana al Congresso e on la lobby delle industrie fossili che finanziano i parlamentari ed ora ricorrono ai tribunali. Obama però questa volta ha dalla sua parte la maggioranza degli americani,: un nuovo sondaggio appena pubblicato ha rilevato che il 72% degli elettori sostiene la firma da parte degli Usa di un accordo internazionale sul clima.
Michael Brune, direttore esecutivo di Sierra Club, la più grande e diffusa associazione ambientalista Usa, ha detto: «Ci complimentiamo con l’amministrazione Obama perché prosegue nell’impegno ambizioso realizzato lo scorso novembre con la Cina, impegnandosi chiaramente in azioni significative per affrontare la crisi climatica e proteggere i nostri figli e nipoti. Abbiamo visto gli effetti dell’inquinamento da carbonio non mitigato richiedere il loro pedaggio in tutto il mondo, ma questo annuncio è un’ulteriore prova che gli Stati Uniti stanno intensificando la loro leadership mondiale nella ricerca di soluzioni. Il momentum per un’azione reale per il clima reale si sta realizzando ad un tasso storico. Con la nostra nazione che si allontana dal carbone e il mondo che abbraccia l’energia pulita ad un ritmo record, questo annuncio e altri simili aprono la porta per raggiungere l’obiettivo dei 2 gradi Celsius necessari per evitare cambiamenti climatici catastrofici. Nei prossimi mesi, ci aspettiamo che gli impegni ambiziosi aggiuntivi che siano in grado di dimostrare ulteriormente che il mondo è pronto ad agire ed a mantenerci sulla strada giusta per Parigi e oltre».
L’Unione europea ha proposto di ridurre entro il 2030 le sue emissioni del 40% rispetto ai livelli del 1990 (l’offerta Usa, prende a riferimento il 2005) ed anche Svizzera, Norvegia e Messico si sono impegnati per obiettivi simili. Secondo l’accordo firmato con gli Usa, la Cina dovrebbe raggiungere il picco delle emissioni entro il 2030, per poi calare, e per produrre il 20% della sua energia da nucleare e fonti rinnovabili.
Lo scenario di Greenpeace, Energy Revolution, dimostra che gli Usa entro il 2025 possono raggiungere un taglio del 40% delle emissioni rispetto al del 2005 e Luca Iacoboni, responsabile Campagna energia e clima di Greenpeace Italia, evidenzia che «Lo scenario di Greenpeace per gli Stati Uniti dimostra che è possibile tecnicamente ed economicamente tagliare le emissioni del 40 per cento. Il piano Obama per la riduzione degli impatti dei cambiamenti climatici dunque inizia a curare la ferita aperta, ma di fatto non frena l’emorragia. Come secondo emettitore al mondo di gas serra, gli Stati Uniti devono rafforzare il loro impegno prima della Cop sul clima di Parigi affinché si punti davvero ad un futuro 100 per cento rinnovabile per tutti. Purtroppo gli Stati Uniti ci hanno abituato ad obiettivi discreti e buone chiacchiere, ma scarsa sostanza. Se adesso volessero davvero mostrarsi dei leader nel cambiamento dovrebbero iniziare a ridurre la dipendenza dalle fossili, abbandonando definitivamente il progetto dell’oleodotto Keystone XL e le trivellazioni petrolifere nell’Artico».
Jeremy Woods, che gestisce il Global Calculator project all’Imperial College London ha detto a BBC News: «Le dichiarazioni sono un primo passo importante. Tuttavia, dal momento che la maggior parte degli esperti concordano sul fatto che tutti gli impegni previsti non saranno sufficienti a limitare il riscaldamento globale a 2° C, è di vitale importanza che ora la comunità internazionale abbia una visione chiara della portata della sfida che ha davanti. Negli ultimi dieci anni, le emissioni dell’Ue si sono ridotte, negli Usa sono rimaste più o meno stabili, ma in Cina sono aumentate notevolmente da poco più del 10% delle emissioni globali nel 2000 a poco meno del 30% nel 2013. Il mondo sta correndo nel senso opposto a quello necessario per ridurre le emissioni di gas serra. A meno che i principali emettitori (i governi così come il businesses) non possano trovare modi e motivi per cambiare radicalmente corso ci stiamo inoltreremo molto presto in acque inesplorate e pericolose».