Gli italiani alla ricerca del ghiaccio più antico del mondo, in Antartide
BE-OI, il progetto triennale europeo da 2,2 milioni di euro per decifrare la storia del clima
[15 Novembre 2016]
Glaciologi e climatologi di 10 paesi dell’Unione europea stanno cercando in Antartide il ghiaccio più antico sulla Terra. « La Commissione Europea finanzia il progetto “Beyond EPICA – Oldest Ice” (BE-OI) con 2,2 milioni di euro dal programma Ue Horizon 2020 per la ricerca e l’innovazione e durerà da ottobre 2016 a settembre 2019. Secondo i partecipanti al progetto, «Il consorzio Beyond EPICA – Oldest Ice (BE-OI) e i suoi partner internazionali sintetizzano una concentrazione di competenze scientifiche e infrastrutture per l’analisi di carote di ghiaccio unica a livello mondiale. BE-OI è una Coordination and Support Action. Presenta le basi scientifiche, tecnologiche e finanziarie per la sfida di estrarre campioni di ghiaccio che risalgono fino a 1,5 milioni di anni in un futuro progetto. Sarà un contributo importante per l’esplorazione futura dell’Antartide e promette scoperte rilevanti sul clima e sui flussi globali di anidride carbonica. Queste nuove conoscenze miglioreranno le proiezioni future sugli sviluppi del clima con dati quantitativi affidabili e permetteranno di formulare strategie più mirate per affrontare le sfide sociali poste dai cambiamenti globali. BE-OI è il contributo europeo per la ricerca globale di un luogo adatto all’estrazione di profonde carote di ghiaccio. Il consorzio tiene conto delle ricognizioni preliminari nell’area di Dome C nelle vicinanze della base italo/francese di Concordia e Dome Fuji, entrambe regioni promettenti nella parte orientale dell’Antartide. Altri consorzi si occuperanno di altre aree sotto l’egida dell’International Partnerships in Ice Core Sciences».
Coordina l’istituto tedesco Alfred Wegener, Helmholtz Centre for Polar and Marine Research (Awi) e, nell’ambito del Programma nazionale di ricerca in Antartide (Pnra), finanziato dal ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca (Miur), al consorzio partecipano, l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile (Enea) e l’Università di Bologna. Sono coinvolti scienziati delle università di Ca’ Foscari Venezia, Firenze e Milano-Bicocca, dell’Istituto per la dinamica dei processi ambientali del Consiglio nazionale delle ricerche (Idpa-Cnr) e dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv).
Gli altri membri del consorzio sono: Institut Polaire Français Paul Émile Victor (Ipev, Francia); Centre National de la Recherche Scientifique (Cnrs, Francia); Natural Environment Research Council – British Antarctic Survey (Gran Bretagna); Universiteit Utrecht – Institute for Marine and Atmospheric Research (Olanda); Norwegian Polar Institute (Norvegia); Stockholms Universitet (Svezia); Universität Bern (Svizzera); University of Cambridge (Gran Bretagna); Kobenhavns Universitet (Danimarca); Université Libre de Bruxelles (Belgio); Lunds Universitet (Svezia)
L’obiettivo – spiegano i ricercatori dell’Ingv – è trovare il punto della calotta antartica dal quale estrarre la carota di ghiaccio che permetta di andare più indietro nella storia del pianeta. Tale archivio temporale permetterà di decifrare i processi del sistema climatico del passato, per migliorare le proiezioni su quelli futuri». I ricercatori di BE-OI vogliono trovare ghiaccio risalente a un milione e mezzo di anni fa e il team italiano spiega: «Per dare l’idea, si pensi che il campione di ghiaccio più antico oggi disponibile risale a 800mila anni fa. Tali carote di ghiaccio contengono particelle di aria che risalgono al momento della loro formazione. Analizzate in laboratorio, rivelano la composizione dell’atmosfera del passato».
Carlo Barbante, professore all’università Ca’ Foscari Venezia e direttore dell’Idpa-Cnr, evidenzia che «Quello che ancora non siamo riusciti a comprendere è perché cambiò il ciclo dei periodi glaciali e interglaciali tra 900mila e 1,2 milioni di anni fa”, Prima della cosiddetta transizione di metà Pleistocene, i periodi glaciali e interglaciali si alternavano all’incirca ogni 40mila anni. Da allora invece ogni periodo è durato circa 100mila anni. Questa conoscenza deriva per esempio dall’analisi di campioni di sedimenti, i quali però sono privi di informazioni sui gas presenti nell’atmosfera». Barbara Stenni, anche lei dell’università Ca’ Foscari, aggiunge: «Non possiamo indagare il ruolo dei gas ad effetto serra, perché non abbiamo campioni adeguati per farlo, in quanto gli unici archivi geologici che contengono la composizione chimica dell’atmosfera sono le carote di ghiaccio».
Il progetto BE-OI nasce proprio per colmare questa lacuna, con analisi geofisiche, tecnologie di perforazione rapida e datazione del ghiaccio sul campo. Inoltre, le tecnologie di perforazione saranno ulteriormente sviluppate e testate. All’Ingv spiegano ancora: «Il primo lavoro sul campo partirà a breve: in Antartide il glaciologo Massimo Frezzotti (Enea) e i geofisici Stefano Urbini (Ingv) e Luca Vittuari (università di Bologna), assieme ai colleghi degli altri istituti coinvolti nel progetto, analizzeranno lo spessore dei ghiacci, le loro caratteristiche fisiche e la topografia del basamento roccioso in due differenti siti sia da aereo che a terra. Lo spessore della calotta glaciale è solo un primo indicatore della presenza di ghiaccio del passato, perché a determinare quanto sono antichi gli strati di ghiaccio sono l’accumulo di neve e i flussi del ghiaccio dal cuore dell’Antartide verso la costa. Durante il programma di ricerca sul campo gli scienziati contemporaneamente misureranno l’accumulo di neve, la dinamica del ghiaccio e useranno nuove tecnologie per perforare il ghiaccio e misurare le temperature».
Il spiega il coordinatore del progetto Olaf Eisen dell’Alfred Wegener Institute, ricorda che «Durante studi precedenti abbiamo individuato aree chiave in cui ci aspettiamo di trovare i più antichi archivi di ghiaccio della Terra. Ora dobbiamo verificarlo ed è importante per noi apprendere più possibile riguardo i processi di deposizione e della dinamica del ghiaccio».
Oltre a questi interrogativi scientifici, il progetto ha anche l’obiettivo di mettere assieme l’esperienza tecnologica e scientifica necessaria per affrontare questo progetto di perforazione profonda, per rifinire la pianificazione scientifica e la gestione del progetto e per definire budget e finanziamenti. Per generare il massimo avanzamento scientifico, sono coinvolte le più ampie comunità scientifiche europee dedicate alla paleoclimatologia e allo studio dei modelli climatici.