L’opinione pubblica sembra inconsapevole che le temperature globali supereranno l’obiettivo di 1,5° C e i ricercatori vedono in atto crisi sociali e psicologiche
Gli shock climatici potrebbero innescare disordini e reazioni autoritarie
La politica della scialuppa di salvataggio armata della destra e la radicalizzazione del movimento climatico
[30 Gennaio 2024]
Nel febbraio 2019, Annals of the American Association of Geographers ha pubblicato il numero speciale “Environmental Governance in a Populist/Authoritarian Era” e nell’editoriale “Authoritarianism, Populism, and the Environment: Comparative Experiences, Insights, and Perspectives”. James McCarthy della Graduate School of Geography della Clark University scriveva: «Gli anni recenti hanno visto la diffusa ascesa di leader autoritari e di politiche populiste in tutto il mondo, uno sviluppo di intensa preoccupazione politica». Attraverso casi di studio che fornivano un’ampia copertura e prospettive geografiche, tematiche e teoriche, Il numero speciale degli Annals esaminava le numerose e profonde connessioni tra questa svolta autoritaria e populista e la politica e la governance ambientale e McCarthy riassumeva i principali punti in comune tra molti regimi autoritari e populisti contemporanei ed esaminava le loro relazioni con il neoliberismo, il fascismo e le forme più progressiste di populismo e i tre principali collegamenti con la politica ambientale che tutti condividono come contesti comuni: «Radici in decenni di governance ambientale neoliberIsta, cambiamento climatico e questioni integralmente correlate di sviluppo energetico e cambiamento agricolo, e complesse fusioni tra nazione e natura». Le 6 sezioni del numero speciale iguardavano: prospettive storiche e comparative (2 articoli); estrattivismo, populismo e autoritarismo (6 articoli); l’ambiente e la sua governance come proxy politico o arena per questioni di sicurezza e cittadinanza (7 articoli); razzializzazione e politica ambientale (5 articoli); politica della scienza e della conoscenza ambientale (6 articoli); alternative progressiste (5 articoli). La conclusione di questo i imponente lavoro era che «Le questioni ambientali, i movimenti e la politica possono e devono essere centrali nella resistenza contro la politica populista autoritaria e reazionaria e nelle visioni di alternative progressiste ad essa».
Da allora la situazione sembra essere solo peggiorata: la temperatura terrestre sta per superare il limite di 1,5 gradi Celsius oltre il quale i climatologi si aspettano che gli impatti del riscaldamento globale si intensifichino e i crescenti shock climatici potrebbero innescare ulteriori disordini sociali, mentre sono già in atto reazioni autoritarie e nazionaliste contro i movimenti per la giustizia sociale e climatica.
Attualmente il mondo si sta dirigendo verso un riscaldamento globale di 2,7° C entro il 2100, il che minaccerebbe la civiltyà così come la conosciamo nell’arco della vita dei bambini nati oggi.
Come fa notare Bob Berwyn su Inside Climate News, «I negoziatori di Parigi sono stati intenzionalmente vaghi riguardo allo sforzo di limitare il riscaldamento a 1,5 gradi, e l’Intergovernmental Panel on Climate Change ha inserito l’obiettivo nel contesto delle medie globali trentennali . All’inizio di questo mese, il rapporto annuale sul clima di Berkeley Earth ha mostrato che la temperatura media della Terra nel 2023 sarà di 1,54 gradi Celsius al di sopra della media preindustriale del periodo 1850-1900, segnando il primo passo oltre l’obiettivo».
Ma Reinhard Steurer dell’Universität für Bodenkultur Wien (BOKU), sottolinea che «Questo fenomeno viene a malapena registrato tra le persone che vengono bombardate da una propaganda climatica imprecisa e distratte dall’aumento del costo della vita e dalle guerre regionali. Il vero pericolo è che ci siano così tante altre crisi intorno a noi che non rimangano più energie per affrontare la crisi climatica. Troveremo tutti i tipi di ragioni per non impegnarci maggiormente nella protezione del clima, perché siamo sovraccarichi di altre cose come l’inflazione e le guerre che ci circondano».
Steurer non si aspetta alcun annuncio ufficiale da parte delle principali istituzioni climatiche fino a molto tempo dopo che la soglia di 1,5 gradi sarà effettivamente superata, quando tra alcuni anni probabilmente si avvicinerà già ai 2 gradi Celsius: «Penso che la maggior parte degli scienziati riconosca che l’1,5 è andato. Lo faremo per molto tempo, senza accettare i fatti, fingendo di fare un buon lavoro, fingendo che non sarà poi così male. Guardando indietro, utilizzare l’aumento della temperatura di 1,5 gradi come parametro chiave per valutare se l’azione per il clima stava funzionando potrebbe essere stata una cattiva idea. E’ un linguaggio che purtroppo, al di fuori della scienza, nessuno capisce veramente. Bisogna sempre spiegare che 1,5 significa un clima a cui possiamo adattarci e gestirne le conseguenze, 2 gradi di riscaldamento sono davvero pericolosi e 3 significa collasso della civiltà. In assenza di qualsiasi notifica formale del superamento dell’obiettivo 1,5, spero che sempre più scienziati parlino pubblicamente dei risultati peggiori. Farebbe davvero la differenza se gli scienziati parlassero di più del collasso sociale e di come prepararsi ad esso perché questo segnalerebbe che ora sta diventando reale. E’ molto più tangibile degli 1,5 gradi. Invece, il recente discorso pubblico sul clima è stato dominato da annunci ottimisti su come che la COP28 ha mantenuto vivo l’obiettivo dell’1,5. Questa è la classica politica performativa. Se l’industria dei combustibili fossili festeggia l’esito della COP, non è un buon segnoz.
Come molti scienziati sociali, Steurer è preoccupato che. mentre le persone cercano risposte facili al problema più complicato che l’umanità si sia mai trovata ad affrontare, gli shock climatici sempre più gravi che un riscaldamento superiore a 1,5 gradi comporta avranno fortissime ripercussioni politicamente: «Di solito si tratta di negazionismo, in particolare quando si tratta di Partiti di destra. Questa è la risposta più semplice che si può trovare. Prima o poi il riscaldamento globale sarà catastrofico, ma per ora il negazionismo funziona, E questo è tutto ciò che conta per le prossime elezioni».
le Paul Hoggett, professore emerito all’University of the West of England, ricorda che «Le radici scientifiche dell’obiettivo di 1,5 gradi risalgono alla ricerca dei primi anni 2000 culminata in una conferenza sul clima dell’università di Exeter nella quale gli scienziati scrissero per primi i rischi di innescare punti di non ritorno climatici irreversibili al di sopra di quel livello di riscaldamento. Penso che sia ancora visto come un indicatore chiave del passaggio da qualcosa che è incrementale, forse a qualcosa che cessa di essere incrementale. Ma c’è una seconda realtà, che è la realtà della politica e del processo decisionale. La prima realtà è profondamente inquietante, ma nel mondo politico l’1,5 è un fattore simbolico. E’ più retorico. è una narrazione degli 1,5, C’è una disconnessione tra scienza e politica. Stiamo quasi semplicemente alzando le spalle. Man mano che la prima realtà peggiora, la risposta politica e culturale diventa più perversa. Nel clima politico e sociale di oggi, caratterizzato da un’ascesa spietata di forme autoritarie di nazionalismo, un importante annuncio sul superamento della soglia dell’1,5 potrebbe essere accolto con un estremo diniego. Anche un annuncio da parte del Papa stesso verrebbe interpretato come l’ennesimo segno di un’élite globale che cerca di gettarci fumo negli occhi. Un numero crescente di narrazioni di destra vedono tutto questo semplicemente come un insieme di bugie. Penso che questo sia un problema enorme che diventerà sempre più importante nei prossimi anni. Stiamo tornando indietro al punto in cui eravamo 20 anni fa, quando ci fu un vero tentativo di ritrarre la scienza climatica come disinformazione. Ad esempio, sempre più commentatori di destra dipingeranno quel che esce dall’IPCC come un mucchio di bugie. I rapporti dell’IPCC rappresentano un principio fondamentale della modernità: l’idea che non esiste problema per il quale non sia possibile trovare una soluzione».
Nello studio “Reactionary States of Mind as the Holocene Ends”, pubblicato su Psychoanalytic Inquiry nel febbraio 2023, Hoggett ha scritto che «Tuttavia, nel corso degli ultimi 100 anni, questa ipotesi è stata periodicamente messa alla prova ed è stata giudicata carente. La crisi climatica è una di quelle situazioni senza una soluzione ovvia» e nel suo nuovo libro Paradise Lost? The Climate Crisis and the Human Condition afferma che «L’emergenza climatica è uno dei grandi motori del nazionalismo autoritario, che gioca sul terrore e sull’ansia che la crisi ispira. Queste sono emozioni politiche e individuali cruciali. E sono queste cose che guidano questo rifiuto irrazionale di vedere quel che abbiamo davanti agli occhi. In tempi di così grande incertezza, può scatenarsi una vera e propria piaga di sentimenti pubblici tossici, che forniscono il sostegno efficace a movimenti politici come il populismo, l’autoritarismo e il totalitarismo. Quando la realtà climatica inizia a diventare dura, proteggi i tuoi confini, proteggi le tue fonti di cibo ed energia e tieni fuori il resto. Questa è la politica della scialuppa di salvataggio armata».
La psicoterapeuta Rebecca Weston, co-presidente della Climate Psychology Alliance of North America, ha detto a Berwyn di Inside Climate News: «Non penso che alle persone piaccia affrontare cose che non possono influenzare. E nel trauma, le persone fanno tutto il possibile per smettere di provare ciò che è insopportabile provare. Questo potrebbe essere uno dei motivi per cui l’imminente superamento del limite di 1,5 gradi potrebbe non suscitare l’interesse dell’opinione pubblica. Ci proteggiamo dalla paura, ci proteggiamo dal profondo dolore a nome delle generazioni future e ci proteggiamo dal senso di colpa e dalla vergogna. E penso che l’industria dei combustibili fossili lo sappia. Ci può essere detto qualcosa, ancora e ancora e ancora, ma se abbiamo un’identità e un senso di noi stessi legati a qualcos’altro, faremo quasi sempre riferimento a quello, anche se a costo di fingere che qualcosa che è vero non è vero. Un disconoscimento così profondo fa parte di un elaborato sistema psicologico per affrontare l’insopportabile. Non è qualcosa da cui possiamo semplicemente tirarci fuori schioccando le dita. Le persone che sottolineano l’importanza del limite di riscaldamento di 1,5 gradi vengono additate perché stanno intromettendosi nella sicurezza psicologica delle persone, e diventano dei paria. Il modo in cui le società impongono questo concetto a livello emotivo è davvero sorprendente. Ma è difficile prevedere come le persone reagiranno al superamento dell’obiettivo 1,5. Penso che ruoti attorno alla questione dell’azione e alla questione del significato della propria vita. E penso che questo sia in competizione con tante altre cose che stanno accadendo nel mondo allo stesso tempo, non a caso, come le crisi politiche che stanno avvenendo a livello globale, lo spostamento verso l’estrema destra in Europa, lo spostamento verso l’estrema destra negli Stati Uniti e lo spostamento in Argentina. Queste cose non sono indipendenti, perché la mancanza di azione produce un desiderio di soluzioni false ed esclusive e di autoritarismo. Se c’è qualcosa che mi tiene sveglia la notte, non è l’1.5. Sono le implicazioni politiche di quel sentimento di impotenza. Le persone faranno moltissimo per evitare di sentirsi impotenti. Questo può significare che prima di tutto negano il problema. Oppure potrebbe significare che incolpano le persone che sono bersagli più facili, e ce ne sono molti a cui indicare nel mondo. Oppure può essere una disperazione assoluta e totale, e una svolta verso l’interno e verso un luogo disfattista. Il raggiungimento del limite di 1,5 acuirà le domande su come affrontare il problema politicamente e socialmente. Non credo che la maggior parte delle persone che stanno realmente monitorando il cambiamento climatico credano che sia una questione di tecnologia o scienza. Le persone che sono al corrente sanno profondamente che si tratta di questioni politiche, sociali ed emotive. E la mia sensazione è che questo approfondirà il senso di cinismo e rabbia e intensificherà la polarizzazione».
Dana Fisher, professoressa alla School of International Service e direttrice del Center for environment, community and equity dell’American University, guarda la cosa dall’altra parte dello spettro politoco: «Osservare la temperatura globale che supera la soglia di 1,5 gradi senza molta reazione da parte dell’opinione pubblica rafforza l’idea che l’attenzione sulla scienza fisica del cambiamento climatico negli ultimi decenni è andata a scapito dello studio di come le persone e le comunità saranno colpite e reagiranno al riscaldamento globale. E’ una follia continuare su questa strada proprio adesso. Si tratta di un rapporto abissale per i fondi destinati a comprendere il conflitto sociale che deriverà dagli shock climatici, dalla migrazione climatica e dai modi in cui i processi sociali dovranno cambiare. Niente di tutto questo è stato fatto. Il superamento della soglia di 1,5 gradi aggiungerà benzina al fuoco dell’avanguardia del movimento climatico. I gruppi che chiedono un cambiamento sistemico, che si scagliano contro la formulazione di politiche incrementali e contro il business as usual, saranno rafforzati da queste informazioni, e vedremo queste persone più coinvolte e più conflittuali».
E la pericolosa reazione a catena che la Fisher ha delineato nel suo nuovo libro Saving Ourselves: From Climate Shocks to Climate Action ne quale avverte che «Sulla base dei dati storici, è probabile che un aumento dell’attivismo climatico scateni un contraccolpo. Quando si vede crescere un grande ciclo di attivismo, si ottiene un aumento dei contromovimenti, in particolare quando l’attivismo diventa più conflittuale, anche se non violento, come abbiamo visto durante il periodo dei diritti civili. E porterà a scontri. Guardando la storia, ha detto, si vede che la repressione della disobbedienza civile è spesso il punto in cui ha inizio la violenza. Ci sono segnali che lo schema si ripeterà, con raid della polizia e persino arresti preventivi di attivisti climatici in Germania, e misure repressive simili nel Regno Unito e in altri Paesi. Penso che sia una storia importante di cui parlare, che le persone si opporranno all’azione climatica tanto quanto spingeranno per ottenerla. Ci sono quelli che avranno la sensazione di perdere l’accesso privilegiato alle risorse, ai finanziamenti e ai sussidi».
E lo scenario delle recenti proteste contro l’European Green Deal degli agricoltori in Europa sostenuti dalla destra – che possono bloccare tra gli applausi interi Paesi e scaricare letame e rifiuti di fronte a palazzi storici – e della criminalizzazione dei ragazzi che imbrattano un quadro senza danneggiarlo o bloccano il traffico mentre la gente impreca contro di loro perché perdono qualche minuto in attesa dell’arrivo della polizia.
La Fisher è convinta che «Un governo che affrontasse efficacemente il cambiamento climatico cercherebbe di affrontarlo assicurandosi che non ci siano vincitori e vinti chiari, ma gli shock climatici che derivano dal superamento della soglia di 1,5 gradi peggioreranno e intensificheranno le tensioni sociali. Ci saranno più posti in cui non potremo uscire in determinati periodi dell’anno a causa del fumo degli incendi, del caldo estremo, delle inondazioni o di tutte le altre cose che sappiamo che stanno arrivando. Questo farà in modo che più si alzino dal divano e diventino attivisti».
Il famoso climatologo James Hansen del Columbia University Earth Institute e autore principale dello studio “Global warming in the pipeline” pubblicato su Oxford Open Climate Change nel novembre 2023 e che dimostra che il riscaldamento sta accelerando a un ritmo che si tradurrà in un riscaldamento di 2 gradi entro una ventina di anni, ha evidenziato che «L’ignoranza dell’opinione pubblica sul superamento della soglia di 1,5 gradi da parte del pianeta dipende da per quanto tempo i poteri costituiti potranno farla franca gettando cortine fumogene e fingendo di fare qualcosa di significativo. Finché riescono a mantenere la finzione degli ,5° C, possono affermare che stanno facendo il loro lavoro. Continueranno a fingere finché la comunità scientifica permetterà loro di farla franca».
Peter Kalmus, NASA climate scientist e attivista ambientale, è d’accorsdo ma fa notare che «Anche una volta che la consapevolezza del superamento dell’1,5 sarà diffusa, potrebbe non cambiare molto le risposte sociali e politiche. Non si preoccupano abbastanza persone. Sono un attivista per il clima dal 2006. Ho provato così tante cose, ho avuto così tante conversazioni e ancora non so cosa servirà perché le persone se ne preoccupino. Forse non lo faranno ma. Essere sull’orlo di questa importante soglia climatica mi fa provare profonda frustrazione, tristezza, impotenza e rabbia. La sento da molto tempo. Ora, però, le cose sembrano ancora più surreali, mentre entriamo ancora più in profondità in questo luogo irreversibile, sembrando non preoccuparsene. Nessuno lo sa con certezza, ma potrebbe essere ancora fisicamente possibile per la Terra rimanere al di sotto di 1,5° C se l’umanità smettesse magicamente di bruciare combustibili fossili oggi. Ma non possiamo fermare i combustibili fossili così velocemente, anche se tutti lo volessero. La gente morirebbe. La transizione richiede preparazione. E ci sono molte persone che semplicemente non vogliono fare questa transizione. Ci sono alcune persone con un potere eccessivo che vogliono continuare attivamente ad espandere i combustibili fossili. Sono i principali beneficiari del capitalismo estrattivo, miliardari, politici, amministratori delegati, lobbisti e banchieri. E le poche persone che vogliono fermare quelle persone potenti non hanno capito come ottenere abbastanza potere per farlo. Non sono mai stato un grande sostenitore della fissazione di una soglia di temperatura globale. Per me è terribilmente chiaro che ogni molecola di combustibile fossile, CO2 o metano che l’umanità aggiunge all’atmosfera rende il riscaldamento globale irreversibile molto peggiore, come un meccanismo di dimensioni planetarie che gira molecola dopo molecola. Penso che l’inquadramento del bersaglio si presti a un ciclo di procrastinazione, fallimento e spostamento del bersaglio. Nel frattempo, gli impatti climatici continueranno a peggiorare in futuro. Non esiste un limite massimo, fino a quando non sceglieremo di eliminare i combustibili fossili o semplicemente fino a quando non saremo abbastanza meglio organizzati come civiltà per bruciare grandi quantità di combustibili fossili. Penso che sia giunto il momento che il movimento diventi ancora più radicale. Fermare il riscaldamento globale alimentato dai combustibili fossili è un compito di vita o di morte per l’umanità e per il pianeta, solo che la maggior parte delle persone non se ne è ancora resa conto».