Greenpeace: dal Consiglio europeo passi indietro nella lotta alla crisi climatica. L’Ue continua a puntare sulle fonti fossili
Importiamo combustibili fossili da regimi autoritari come Azerbaigian e Arabia Saudita e l’uranio russo è escluso dall’embargo
[24 Marzo 2022]
Secondo Greenpeace, «In attesa dell’incontro con il Presidente degli Stati Uniti Joe Biden per discutere di un’ulteriore risposta all’invasione dell’Ucraina da parte di Vladimir Putin, i rappresentanti dei 27 Paesi dell’Unione Europea non fanno altro che cercare alternative per prolungare l’uso dei combustibili fossili, dell’energia nucleare e dell’agricoltura industriale. I leader UE stanno facendo marcia indietro sulle misure per affrontare l’aggravarsi della crisi climatica e ambientale».
Jorgo Riss, direttore di Greenpeace EU, denuncia: «Invece di smettere di finanziare la guerra di Putin ponendo fine alla dipendenza dell’Europa dalle fonti fossili, i nostri leader hanno deciso semplicemente di cambiare fornitori. Ma passare da forniture di combustibili fossili della Russia a quelle dell’Azerbaigian o dell’Arabia Saudita, mentre si escludono le esportazioni di uranio russo in Europa dalle sanzioni, non porterà pace né sicurezza. I combustibili fossili hanno una lunga storia legata a conflitti e guerre, da qualunque parte provengano: i governi devono abbandonarli prima possibile, non cercare nuovi fornitori».
Gli ambientalisti ricordano che «L’Unione Europea continua a finanziare la guerra in Ucraina importando gas, petrolio e carbone russi. Per le sole importazioni di petrolio, l’Ue e il Regno Unito pagano alla Russia quasi 200 milioni di euro al giorno. Anche l’industria europea dell’energia nucleare dipende dalla Russia per circa un quarto della fornitura di uranio arricchito, con la compagnia energetica statale russa Rosatom – finora esentata dalle sanzioni – incaricata della costruzione, manutenzione e smaltimento dei rifiuti radioattivi dei reattori in diversi Paesi europei. Quasi nessuno di questi scambi commerciali è stato finora interrotto, nonostante i discorsi retorici dei leader politici e alcune sanzioni specifiche da parte dell’Ue».
Intanto, per non importare gas e petrolio dal regime putiniano russo accusato giustamen te di violare le regole democratiche e di fare la guerra, l’Unione europea cerca di importare più gas e petrolio da altri regimi f dittatoriali e guerrafondai. Come spiega in una nota Greenpeace EU, «Nel frattempo, il regime dell’Azerbaigian (che è in guerra contro l’Armenia, ndr), corteggiato dall’Europa, è pronto a raddoppiare le proprie esportazioni di gas nei prossimi anni, e diversi governi dell’Ue si sono impegnati a sviluppare le importazioni di gas fossile liquefatto dal Qatar o dagli Stati Uniti, il che renderebbe l’Europa dipendente dal gas per decenni. Mentre i governi dell’UE prendono in considerazione nuove sanzioni petrolifere e guardano alla monarchia assoluta dell’Arabia Saudita (che da 7 anni ha invaso e bombarda lo Yemen, ndr) come fornitore alternativo, il gigante energetico Saudi Aramco ha annunciato di aver raddoppiato i profitti sulla scia della crisi energetica».
La critica alle politiche europee mascherate da solidarietà è feroce: «Nel frattempo, i governi dell’Ue hanno annunciato tagli alle tasse sui carburanti , che avvantaggiano in modo sproporzionato i più ricchi della società ed estendono la nostra dipendenza dai combustibili fossili. La Commissione europea ha anche annunciato un aiuto finanziario di 500 milioni di euro agli allevatori che devono affrontare la mancanza di mangimi, utilizzati principalmente negli allevamenti intensivi, e le forniture di fertilizzanti sintetici a causa della guerra, e un’assistenza specifica per il settore della carne suina per mantenere alti i prezzi. La Commissione, sostenuta da diversi governi, ha anche affermato di voler allentare le protezioni ambientali per incoraggiare gli agricoltori a coltivare più mangimi per la produzione industriale di carne e ritardare l’attuazione dell’European Green Deal, per la quale hanno spinto i lobbisti dell’industria agricola».
Riss conclude: «I nostri leader dovrebbero sostenere una capillare opera di efficientamento energetico delle nostre case, di incentivi alle energie rinnovabili e di potenziamento dei trasporti pubblici puliti, tutelando le persone più vulnerabili e assicurando che gli agricoltori europei producano cibo per le persone, non mangime per gli allevamenti intensivi».