Greenpeace, in Italia continua a peggiorare la copertura di giornali e tv sulla crisi climatica
«Più di una notizia su cinque diffonde argomenti a favore dello status quo e contro le azioni per il clima»
[25 Luglio 2023]
Il giornalismo italiano ha da tempo un rapporto complicato con la crisi climatica in corso, che è ulteriormente peggiorato nel corso di quest’anno, secondo il nuovo rapporto sul tema che Greenpeace Italia ha commissionato all’Osservatorio di Pavia.
Lo studio ha esaminato, nel periodo fra gennaio e aprile 2023, come la crisi climatica è stata raccontata dai cinque quotidiani nazionali più diffusi (Corriere della Sera, la Repubblica, Il Sole 24 Ore, Avvenire, La Stampa), dai telegiornali serali delle reti Rai, Mediaset e La7 e da un campione delle 20 testate di informazione più seguite su Instagram.
«Il risultato più sconcertante del rapporto è tuttavia l’elevato numero di notizie – più di una su cinque – che hanno diffuso argomenti a favore dello status quo e contro le azioni per il clima, come sostenere che la transizione ha costi eccessivi o invocare una gradualità negli interventi che favorisce l’inazione, criticare gli attivisti climatici o le auto elettriche», spiega Giancarlo Sturloni, responsabile della comunicazione di Greenpeace Italia.
Un trend evidente soprattutto sulla stampa di estrema destra, che continua a diffondere posizioni negazioniste o comunque minimizzanti la crisi climatica in corso e il ruolo dei combustibili fossili nell’alimentarla, adottando sempre più frequentemente meccanismi di difesa psicologici primitivi di fronte ad una realtà che spaventa.
«Sono narrative tossiche, spesso infarcite di fake news – sottolinea Sturloni – che circolano soprattutto per bocca di politici e aziende interessate a ritardare il più possibile l’abbandono dei combustibili fossili, essenziale per non soccombere a un’altalena di alluvioni, siccità e ondate di calore sempre più estreme. Sui media il clima rischia di trasformarsi in un terreno di scontro politico e a farne le spese saranno purtroppo le persone più esposte al caos climatico già sotto gli occhi di tutti».
Più nel dettaglio, secondo i dati raccolti dall’Osservatorio di Pavia nel primo quadrimestre del 2023 i principali quotidiani italiani hanno pubblicato in media 2 articoli al giorno in cui si fa almeno un accenno alla crisi climatica, ma quelli realmente dedicati al problema sono stati meno della metà.
Si tratta di «risultati inferiori alla media del 2022», tant’è che nella prima parte dell’anno la crisi climatica non è finita quasi mai in prima pagina: è successo meno di una volta al mese, e in genere trovano spazio solo le notizie legate agli eventi meteo estremi, come caldo record e nubifragi di questi giorni.
In compenso resta ampio lo spazio offerto alle pubblicità dell’industria dei combustibili fossili e delle aziende dell’automotive, aeree e crocieristiche, tra i maggiori responsabili del riscaldamento del pianeta: la media è stata di 4 pubblicità a settimana su ogni quotidiano esaminato.
L’influenza del mondo economico sulla stampa è emersa anche dall’analisi dei soggetti che hanno più voce nel racconto della crisi climatica: al primo posto si trovano infatti aziende ed esponenti dell’imprenditoria (25%), che staccano politici e istituzioni nazionali (15%) e associazioni ambientaliste (11%), mentre tecnici e scienziati sono appena il 7%.
Greenpeace ha dunque aggiornato la classifica dei principali quotidiani italiani, valutati mediante cinque parametri:considerando la media, soltanto Avvenire si è avvicinato alla sufficienza (con 5,2 punti su 10), scarsa La Stampa (4,2), bocciati la Repubblica (3,6) e il Corriere (3,4), pessimo Il Sole 24 Ore (appena 2,8).
Anche i telegiornali si confermano poco interessati al riscaldamento globale: nelle edizioni di prima serata, meno del 2% delle notizie trasmesse ha fatto almeno un accenno alla crisi climatica. Gli argomenti più trattati sono stati alcuni eventi estremi (siccità e anomalie climatiche) e le proteste degli attivisti.
Il TG5 (con il 2,7% sul totale delle notizie trasmesse) e il TG1 (2,4%) sono i telegiornali che hanno dato più spazio ai cambiamenti climatici, mentre fanalino di coda si è confermato ancora una volta il TG La7 di Enrico Mentana, con appena l’1,1% delle notizie trasmesse.
Per quanto riguarda infine le testate d’informazione più diffuse su Instagram, nella prima parte dell’anno le notizie sulla crisi climatica sono state poco meno del 3%. Rispetto al totale dei post pubblicati, hanno dato più spazio alla crisi climatica will_ita (11%), domanieditoriale (9%), torcha (7%) e il_post (6%), mentre chiudono la classifica ilfoglio (1,3%), laveritaweb (0,9%), avvenire.it (0,7%) e liberoquotidiano (0%).
Non ci sono però solo cattive notizie: proprio Greenpeace ha recentemente inaugurato la coalizione “Stampa libera per il clima”, riunendo le prime dieci testate italiane – tra cui greenreport – impegnate a “offrire un’informazione libera, completa, onesta e trasparente, senza omettere le responsabilità dell’industria dei combustibili fossili e l’inazione della politica, né la disponibilità di soluzioni per una rapida transizione verso le fonti rinnovabili”.
Le testate firmatarie si sono inoltre impegnate a rifiutare ogni forma di finanziamento dell’industria dei combustibili fossili, principale responsabile della crisi climatica che stiamo vivendo.