Disastri climatici: i dati dell’Atlas Wmo per ogni regione del mondo
In 50 anni, in Europa 1.672 disastri, 159.438 morti e 476,5 miliardi di dollari di danni economici
[2 Settembre 2021]
Per evidenziare gli impatti di specifici rischi meteorologici, climatici e idrici, l”Atlas of Mortality and Economic Losses from Weather, Climate and Water Extremes (1970-2019)”, presentato ieri da World meteorological organization (Wmo), Organizzazione mondiale della sanita (Oms) e United Nations office for disaster risk reduction (Undrr), disaggrega i dati per sottotipo e sub-sottotipo di disastro e fornisce una ripartizione regionale, spiegando che «Questo ha lo scopo di informare lo sviluppo delle politiche e il processo decisionale per proteggere vite e mezzi di sussistenza e rafforzare gli standard nella contabilità delle perdite e nei relativi database sui disastri».
A livello mondiale, il 44% dei disastri è stato associato alle inondazioni (inondazioni fluviali 24%, altri tipi di inondazioni 14%) e il 17% a cicloni tropicali. I cicloni tropicali e la siccità sono stati i pericoli più diffusi per quanto riguarda le perdite umane, rappresentando rispettivamente il 38% e il 34% dei decessi correlati a disastri dal 1970 al 2019. In termini di perdite economiche, il 38% è stato associato ai cicloni tropicali, mentre diversi tipi di inondazioni rappresentano il 31%, alluvioni fluviali (20%), inondazioni in generale (8%) e inondazioni improvvise (3%).
L’Atlas illustra la diversità dell’impatto dei cambiamenti climatici nelle diverse regioni del mondo, confermando che fanno più vittime nei Paesi in via di sviluppo e più danni economici nei Paesi sviluppati.
In Asia, dal 1970 al 2019 sono stati registrati 3 454 disastri, con 975.622 vite perse e 1,2 trilioni di dollari di danni economici segnalati. L’Asia rappresenta quasi un terzo (31%) dei disastri meteorologici, climatici e idrici segnalati a livello globale e quasi la metà dei decessi (47%) e un terzo (31%) delle perdite economiche associate. La maggior parte di questi disastri è legata a inondazioni (45%) e tempeste (36%). Le tempeste hanno avuto i maggiori impatti causando il 72% delle morti, mentre le inondazioni hanno portato alle maggiori perdite economiche (57%). I primi 10 disastri registrati in Asia rappresentano il 70% (680.837 morti) del totale delle vite perse e il 22% (266.62 miliardi di dollari) delle perdite economiche per la regione
Dal 1970 al 2019, in Africa, 1 695 disastri registrati hanno causato la perdita 731.747 vite e danni economici per 38,5 miliardi di dollari. In 50 anni in Africa si sono verificati il 15% dei disastri meteorologici, climatici e idrici, del 35% dei decessi associati e dell’1% delle perdite economiche segnalate a livello globale. Sebbene i disastri associati alle inondazioni siano stati i più diffusi (60%), la siccità ha causato il maggior numero di morti, con il 95% di tutte le vite perse nella regione. La maggior parte dei decessi si è verificata durante le gravi siccità in Etiopia nel 1973 e 1983 (totale 400.000 vittime), in Mozambico nel 1981 (100.000) e in Sudan nel 1983 (150.000).
In Sud America i primi 10 disastri registrati hanno rappresentato il 60% delle vite totali perse (34.854) e il 38% delle perdite economiche (39,2 miliardi di dollari). Le inondazioni rappresentano il 90% degli eventi nella top ten dei disastri per numero di morti e il 41% della top ten per perdite economiche. Nel complesso, le inondazioni hanno portato al maggior numero di disastri (59%), alla maggior perdita di vite umane (77%) e alla più alta perdita economica (58%) per la regione nel periodo di 50 anni.
In Nord America, America Centrale e Caraibi, si sono registrati disastri 1.977 disastri, 74 839 morti e perdite economiche per 1,7 trilioni di dollari. Negli ultimi 50 anni, la regione ha rappresentato il 18% dei disastri meteorologici, climatici e idrici, il 4% dei decessi associati e il 45% delle perdite economiche associate di tutto il mondo. Tempeste (54%) e inondazioni (31%) sono state la causa prevalente dei disastri registrati. Le tempeste hanno provocato la più grande perdita di vite umane (71%) e perdite economiche (78%) nella regione. Gli Stati Uniti rappresentano un terzo (38%) delle perdite economiche globali causate da condizioni meteorologiche, climatiche e pericoli acquatici.
Tra il 1970 e il 2019, la regione del Pacifico sudoccidentale ha registrato 1 407 disastri, 65 391 morti e 163,7 miliardi di dollari di perdite economiche. La maggior parte di questi disastri è stata associata a tempeste (45%) e inondazioni (39%). Le tempeste hanno rappresentato il maggior numero di morti (71%). Le perdite economiche sono state equamente distribuite tra quattro tipi di pericoli: tempeste (46%), inondazioni (24%), siccità (17%) e incendi (13%). I disastri causati da condizioni meteorologiche, climatiche e idriche in Australia hanno rappresentato il 54% (88,2 miliardi di dollari) delle perdite economiche nell’intero Pacifico sudoccidentale.
In 50 anni, in Europa, 1.672 disastri registrati hanno provocato 159.438 morti e 476,5 miliardi di dollari di danni economici Sebbene le inondazioni (38%) e le tempeste (32%) siano state la causa prevalente nei disastri registrati, le temperature estreme hanno rappresentato il maggior numero di morti (93%), con 148.109 vite perse in 50 anni.Le due ondate di caldo estreme del 2003 e del 2010 hanno rappresentato il maggior numero di morti (80%), con 127.946 vite perse nei due eventi. Questi due eventi distorcono le statistiche sul numero di morti in Europa. L’ondata di caldo del 2003 è stata responsabile della metà dei decessi in Europa (45%) con un totale di 72 210 decessi nei 15 Paesi colpiti.
Secondo studi peer-reviewed pubblicati nel supplemento annuale al Bulletin of the American Meteorological Society, «Nel periodo dal 2015 al 2017, 62 dei 77 eventi segnalati mostrano un’influenza antropica significativa. Quasi tutti gli studi sulle ondate di calore significative dal 2015 hanno rilevato che la probabilità è stata notevolmente aumentata dal cambiamento climatico antropogenico».
La Wmo evidenzia che «L’attribuzione degli eventi di siccità a fattori antropici non è così chiara come per le ondate di calore a causa della variabilità naturale causata da grandi oscillazioni oceaniche e atmosferiche come l’El Niño Southern Oscillation (ENSO). Tuttavia, la siccità dell’Africa orientale del 2016/2017 è stata fortemente influenzata dalle temperature calde della superficie del mare nell’Oceano Indiano occidentale alle quali ha contribuito l’influenza umana».
Il cambiamento climatico ha aumentato gli eventi estremi dell’innalzamente del livello del mare associati ad alcuni cicloni tropicali, che hanno aumentato l’intensità di altri eventi estremi come le inondazioni e i loro impatti, aumentando in molte parti del mondo.la vulnerabilità delle megalopoli costiere, ei delta, delle coste e delle isole
Un numero crescente di studi sta anche scoprendo l’influenza antropica sugli eventi di piogge estreme, a volte in combinazione con altre importanti influenze climatiche come l’ENSO. Gli esempi fatti dall’Atlas includono le precipitazioni estreme nella Cina orientale a giugno e luglio 2016 e l’uragano Harvey, che ha colpito Houston, negli Stati Uniti, nel 2017.
Mami Mizutori , rappresentante speciale del segretario generale dell’Onu per la riduzione del rischio di catastrofi, ha fatto notare che «L’incapacità di ridurre le perdite dovute ai disastri come stabilito nel Sendai Framework for Disaster Risk Reduction adottato dagli Stati membri delle Nazioni Unite nel 2015, sta mettendo a rischio la capacità dei paesi in via di sviluppo di eradicare la povertà e di raggiungere altri importanti Obiettivi di sviluppo sostenibile». Uno dei 7 obiettivi globali del Sendai Framework comprende gli allarmi precoci: «Aumentare sostanzialmente la disponibilità e l’accesso ai sistemi di allarme rapido multi-rischio e alle informazioni e valutazioni sui rischi di catastrofi per le persone entro il 2030».
Le statistiche dell’Atlas Wmo provengono dall’Emergency Events Database (EM-DAT) gestito dal Center for Research on the Epidemiology of Disasters (CRED) ma viene riconosciuto il ruolo svolto anche da altri sistemi e meccanismi di segnalazione dei disastri di Undrr e l’Atlante invita a rafforzare la segnalazione dei disastri e le relative statistiche per garantire che i dati sull’impatto dei pericoli siano riportati in modo accurato e coerente.
Il rapporto rivela le lezioni chiave apprese negli ultimi 50 anni e formula una serie di raccomandazioni, tra le quali: Rivedere l’esposizione ai pericoli e la vulnerabilità tenendo in considerazione un clima che cambia per riflettere il fatto che i cicloni tropicali possono avere percorsi, intensità e velocità diversi rispetto al passato. Rafforzare i meccanismi di finanziamento del rischio di catastrofi a livello nazionale e internazionale, in particolare per i Paesi meno sviluppati e i piccoli Stati e territori insulari in via di sviluppo. Sviluppare politiche integrate e proattive sui disastri a lenta insorgenza come la siccità.