Oltre 1 milione di migranti bisognosi di assistenza nel Corno d'Africa

I migranti che fuggono dal disastro climatico del Corno d’Africa finiscono nella guerra dello Yemen

Libia: il numero di migranti che vogliono tornare nella loro patria è molto più alto dei voli disponibili

[17 Febbraio 2023]

L’International Organization for Migration (IOM) e altri 47 partner hanno chiesto 84 milioni di dollari per fornire assistenza umanitaria e allo sviluppo a oltre 1 milione di migranti e alle comunità che li ospitano, molte delle quali sono vulnerabili e necessita di aiuto urgente lungo la rotta orientale dal Corno d’Africa allo Yemen.

L’appello, lanciato nell’ambito del Regional Migrant Response Plan (MRP) for the Horn of Africa and Yemen, punta ad «Affrontare i gravi bisogni umanitari, nonché i rischi di protezione e le vulnerabilità che i migranti nella regione hanno di fronte e aumenterà la fornitura di servizi di salvataggio e resilienza» e a «Costruire iniziative e perseguire l’attuazione di soluzioni sostenibili a lungo termine per i migranti e le comunità di accoglienza».

Il direttore generale dell’IOM, António Vitorino, ha dichiarato all’Associated Press che «Il numero di donne e bambini che migrano dal Corno d’Africa verso i paesi del Golfo attraverso lo Yemen è aumentato in modo significativo ed è motivo di preoccupazione. L’insidioso viaggio dall’Etiopia, Somalia e Gibuti attraverso lo Yemen, chiamato la rotta migratoria orientale, ha visto un aumento del 64% nell’ultimo anno di persone in cerca di mezzi di sussistenza migliori, con un numero maggiore di donne con bambini e bambini che viaggiano da soli. Il cambiamento climatico è un motore dell’aumento della migrazione. In passato, donne e bambini spesso rinunciavano al pericoloso viaggio attraverso il deserto, fatto principalmente a piedi. In precedenza gli uomini lasciavano le loro famiglie e facevano il viaggio nella speranza di trovare lavoro e mandare soldi a casa. La pressione sta aumentando, mentre il numero dei migranti aumenta»

L’IOM spiega che «La rotta orientale è una delle rotte migratorie più trafficate, complesse e pericolose del mondo. Complessivamente nel 2022 il numero di migranti entrati a Gibuti è quasi raddoppiato rispetto all’anno precedente. Nello stesso anno, lungo la rotta sono stati registrati 89 migranti morti o scomparsi a causa di trasporti pericolosi, malattie, condizioni ambientali difficili, annegamento in mare e violenza». Ma il nuomero dei morti è probabilmente molto più alto perché vittime e sparizioni di migranti non vengono spesso  denunciate.

Ogni anno migliaia di migranti lasciano i loro paesi del Corno d’Africa e si spostano lungo la rotta orientale verso le monarchie petrolifere del Golfo. Durante la loro migrazione, la maggior parte dei migranti effettua la pericolosa traversata del Mar Rosso partendo da  Bossaso, in Somalia, o da  Obock, a Gibuti, per cercare di approdare nello Yemen in guerra civile/internazionale da anni e, da qui, via terra verso i Paesi del Golfo.

Vitorino  denuncia che «La rotta orientale è una crisi trascurata, facilmente dimenticata in mezzo ad altre crisi globali, e dobbiamo accordare ai migranti il ​​sostegno e la dignità che meritano. Il piano regionale di risposta ai migranti è stato concepito per affrontare le sfide vaste e complesse su questa rotta e per farlo in modo coerente e coordinato».

I migranti che partono dal Corno d’Africa provengono in gran parte da tre ex colonie italiane: Etiopia, Eritrea e Somalia, pur di lasciarsi alle spalle siccità, fame, guerre e dittature cercano di attraversare il poverissimo Yemen – dove è in corso una guerra tra gli Houthi sciiti che governano il nord del Paese e il governo fantoccio sunnita sostenuto da Arabia sauduita ed Emirati Arabi Uniti che governa il sud  – per cercare do raggiungere altre dittature dove finiranno speso a fare lavori durissimi e malpagati ma dove almeno potranno sopravvivere e mandare qualche dollaro a casa. Una migrazione continua e innescata dalle crisi interconnesse di clima  e guerre, fattori socioeconomici e fattori stagionali più tradizionali.

Vitorino converma: « Alcuni dei migranti non sono consapevoli dei pericoli, inclusa la guerra nello Yemen e l’IOM deve migliorare la consapevolezza dei pericoli. Per i migranti che scelgono ancora di intraprendere il viaggio, l’IOM  dovrebbe offrire assistenza sanitaria di base e altri servizi e in alcuni casi riportarli nei loro Paesi di origine. L’anno scorso abbiamo riportato volontariamente in Etiopia 2.700 migranti e al loro arrivo abbiamo fornito assistenza post-arrivo per aiutarli a tornare nelle loro regioni di origine».

L’IOM sottolinea che «I finanziamenti raccolti attraverso questo appello affronteranno i bisogni umanitari e di protezione più immediati e critici dei migranti in situazioni vulnerabili; sosterranno il loro ritorno volontario nei Paesi d’origine in modo sicuro e dignitoso e garantiranno che si reintegrino con successo nelle loro comunità».  Che poi sarebbe quello che ha detto di voler fare durante la sua recente visita in Etiopia la primo ministro Giorgia Meloni nel Corno d’Africa. Anche se poi l’Italia definisce tassisti del mare e complici dei trafficanti di esseri umani le agenzie Onu e le ONG che stanno attuando questi progetti di aiuto, assistenza e ritorno.

Infatti, il direttore generale dell’IOM fa notare che «Il piano fornisce un meccanismo flessibile per tutti gli stakeholders per rispondere ai trend migratori in evoluzione e alle più ampie sfide umanitarie e di sviluppo che interessano i migranti, le comunità ospitanti e i rispettivi governi»

L’IOM assicura che «Il finanziamento attraverso questo appello aiuterà ulteriormente gli sforzi degli stakeholders per affrontare i fattori trainanti della migrazione irregolare; rafforzare la capacità dei governi della regione in materia di gestione della migrazione; garantire il coordinamento degli sforzi e rafforzare la collaborazione interstatale e interregionale per affrontare le dimensioni nazionale e regionale della migrazione che collega il Corno d’Africa e lo Yemen».

Ma Vitorino ha ricordato inoltre che «Aumenta anche la migrazione di persone dall’Africa occidentale attraverso la Libia verso l’Europa e la difficile situazione di quei migranti, in particolare quelli detenuti in Libia, è una preoccupazione globale, ha affermato. Sappiamo dove si trovano i centri di detenzione ufficiali e vi abbiamo accesso, non permanente, mai da solo, ma sotto la sorveglianza delle guardie giurate. Ma abbiamo accesso per fornire assistenza. Ma l’organizzazione delle Nazioni Unite non ha accesso ai centri di detenzione non ufficiali, che sono particolarmente preoccupanti. Gli abusi nei centri di detenzione ufficiali e non ufficiali sono stati ampiamente segnalati. L’instabilità politica della Libia rende difficile avere la cooperazione politica necessaria per smantellare i centri di detenzione non ufficiali. L’IOM si sta impegnando per coinvolgere più migranti nei programmi di rimpatrio volontario al fine di ridurre quelli in detenzione. E’ difficile perché il numero di migranti che vogliono tornare è molto più alto dei voli disponibili dalla Libia».

E’ con questo “governo” che la Meloni (ed Eni) ha recentemente confermato lo scellerato patto anti-migranti e per il gas e il petrolio che consegna finanziamenti e armi a quelle stesse forze che secondo l’IOM violano i diritti umani e che sono di fatto coloro che gestiscono il traffico di esseri umani. Forse l’Italia farebbe intanto bene a finanziare qui voli aerei chiesti dall’IOM per rimpatriare i migranti che languono nelle galere pubbliche e private della Libia, subendo torture e violenze sessuali, in attesa che le loro famiglie paghino un riscatto, indebitandosi a vita e dando il via a un ciclo senza fine di povertà, migrazione e disperazione.

Il capo dell’IOM ha concluso: «Spero che i fattori che portano a un aumento della migrazione, come il cambiamento climatico e i conflitti, possano essere affrontati per ridurre il numero di persone che si allontanano dalle proprie case. E’ necessario che i migranti seguano rotte migratorie legali. Sebbene il processo sia complicato e ingombrante, non può essere paragonato alle condizioni di pericolo di vita lungo le rotte illegali».