Il progresso non si misura col Pil: il parere delle Regioni europee
Marini (Umbria): «Definire un metodo più appropriato e universale di misurare il progresso»
[12 Febbraio 2016]
Il Comitato delle Regioni europee (European Committee of the Regions – Cor) ha approvato il parere “Indicatori per lo sviluppo territoriale. Oltre il Pil”, che chiede all’Unione europea di «Misurare meglio i progressi sociali, non limitandosi all’uso esclusivo del Prodotto interno lordo (Pil). Anzi, andare oltre il Pil per poter definire, con maggiore aderenza alla realtà di un dato territorio, il suo reale sviluppo economico. Criteri aggiuntivi e complementari al Pil potrebbero essere, ad esempio, quelli in grado di rilevare gli aspetti ambientali ed energetici dei vari Paesi, i tassi di occupazione e disoccupazione, oppure i dati relativi alla produttività, agli investimenti in ricerca e innovazione, o ancora lo stato dell’inclusione sociale in riferimento al numero di persone a rischio povertà e la distribuzione del reddito».
La relatrice del parere è stata la presidente della Regione Umbria Catiuscia Marini (PD) che ha evidenziao la necessità di un approccio multidimensionale per misurare la qualità della vita: «La sfida politica generale è quella di definire un metodo più appropriato e universale di misurare il progresso che comprenda gli aspetti economici, sociali e ambientali. Ritengo opportuno sottolineare che per prendere le decisioni giuste è infatti necessario “conoscere” e “ciò che misuriamo ha effetti su ciò che facciamo”. Vi è infatti uno stretto legame tra misurazione, percezione e azione, le scelte politiche vanno prese con lungimiranza, sulla base di valori sociali ampiamente condivisi. Tutto ciò, se volessimo riferirci all’Umbria, significherebbe poter contare su quote maggiori di fondi europei da destinare per esempio all’innovazione, all’internazionalizzazione delle imprese, all’export. Oppure, per ciò che riguarda le politiche per il lavoro, avere misure che siano in grado di favorire il riassorbimento o la prima occupazione di lavoratori con alta qualificazione o specializzazione».
La Marini è convinta che «L’assegnazione dei fondi strutturali, compreso il fondo di coesione nel prossimo periodo finanziario pluriannuale, non debba basarsi unicamente sul Pil pro capite. Ecco perché il Comitato delle Regioni d’Europa ha deciso di esprimersi con un parere d’iniziativa su questo tema proprio per definire la posizione delle Regioni e delle autorità locali europee, anticipando l’inserimento di questo tema nel dibattito sulla futura politica di coesione post 2020 e per chiedere formalmente alla Commissione Europea di esprimersi a tale proposito».
Un parere che è in gran parte condiviso anche dalla commissaria Ue alle politiche regionali, Corina Cretu, che nel suo intervento sulle nuove politiche di coesione dell’Unione Europea, che devono mettere al centro sempre di più i territori e le realtà regionali grazie ad un partenariato più concreto, ha citato il «positivo lavoro di Catiuscia Marini che con il parere approvato oggi chiede di valutare la necessità di assumere nuovi criteri per la distribuzione delle risorse comunitarie, non limitandosi, come avviene ora, all’utilizzo del solo Pil pro capite».
Il Parere adottato dalla Commissione Coesione territoriale e Bilancio (Coter) del Comitato delle Regioni chiede che «vengano utilizzati metodi complementari al Pil che ne salvaguardano l’importanza, ma tengono conto della realtà a più dimensioni, includendo aspetti economici (tra cui produttività, innovazione ed esportazioni), il lavoro (tra cui tassi di occupazione e di disoccupazione), aspetti ambientali (tra cui intensità energetica dell’economia, quota di energia rinnovabile, emissioni di CO2) e l’inclusione sociale (tra cui numero di persone a rischio di povertà o esclusione sociale e distribuzione del reddito)».
Inoltre il Cor chiede che «seguendo l’approccio territoriale allo sviluppo tipico delle Politiche di coesione dell’Unione Europea, vengano riconosciute la presenza di bisogni e obiettivi differenziati nei diversi territori, perché anche gli obiettivi generali europei vanno calati nei diversi contesti territoriali». Per questo le Regioni europee chiedono alla Commissione Ue di provvedere «ad una regionalizzazione degli obiettivi della strategia Europa 2020, sinora fortemente improntata a un approccio “dall’alto”, che non tiene sufficientemente conto delle situazioni specifiche a livello locale e regionale».
Commissione europea e all’Eurostat dovrebbero quindi «fissare un calendario per coinvolgere gli enti locali e regionali nel processo di definizione degli obiettivi e fornire le statistiche regionali necessarie per definire, attuare, monitorare e valutare la strategia Europa 2020 rinnovata, stabilendo obiettivi differenziati in funzione del territorio».
Anche secondo Raffaele Cattaneo (Ncd), presidente del Consiglio regionale della Lombardia e presidente della Coter alla Cor, «È necessario accompagnare l’indicatore del Pil in modo complementare con altri indicatori La presenza di immigrati, l’invecchiamento della popolazione, la qualità della vita, l’inquinamento atmosferico, l’aumento della disoccupazione sono tutti aspetti significativi che possono contribuire a una distribuzione dei fondi strutturali europei più equa e più rispondente alle aspettative e alle esigenze dei territori dell’Unione europea. Contro il rischio di una nuova centralizzazione delle politiche di coesione, dobbiamo rilanciare la tutela e la valorizzazione delle specificità territoriali. Un abito solo di un’unica taglia rischia oggi di non poter essere più indossato da nessuno perché le caratteristiche e la crescita dei nostri territori non sono più uniformi e omogenee».
Ma il Pil che Cattaneo fa uscire dalla porta viene fatto rientrare dalla finestra: è stato lo stesso presidente del Consiglio regionale lombardi a rivendicare che «La Lombardia è la Regione con il quinto prodotto interno lordo a livello europeo e ha un investimento nei settori della ricerca e dello sviluppo pari all’1,6% del prodotto interno lordo, in linea con le migliori performance europee».
Fino al 18 di marzo, città e regioni europee possono concorrere all’edizione 2017 dello European Entrepreneurial Region (EER), la competizione promossa dal Cor che premia la miglior strategia di sviluppo imprenditoriale degli enti locali, e Cattaneo ha detto che «Amministratori pubblici e decisori devono agire per migliorare le condizioni in cui opera l’imprenditore e massimizzare il valore sociale e culturale del fare impresa. Creare condizioni migliori per le imprese favorisce un circuito virtuoso di fiducia che si traduce in occasioni di business, nuovi servizi, innovazione di prodotti e di processi. Le Regioni devono saper creare un sistema favorevole alla nascita e allo sviluppo delle imprese e rilanciare la competitività del territorio favorendo l’accesso al credito, la valorizzazione della ricerca e il supporto all’innovazione e all’internazionalizzazione». Insomma, il Pil per misurare la concessione dei fondi strutturali europei alle Regioni non piace, ma il paradigma di riferimento resta quello e “l’internazionalizzazione” che sta tanto a cuore a Cattaneo non è altro che la globalizzazione che a parole non piace alla Lombardia a trazione leghista.