I4C: fondamentale anticipare gli obiettivi climatici al 2025 per fermare il riscaldamento globale a 1,5° C. Tagliare le emissioni entro il 2030 del 44% rispetto ad oggi

Il rapporto Ipcc e l’Italia: siamo l’unico Paese fra i big dell’Ue dove le rinnovabili non crescono più

Stiamo perdendo la leadership nel processo di decarbonizzazione dell’economia

[5 Aprile 2022]

Secondo Edo Ronchi, presidente della Fondazione per lo Sviluppo sostenibile e promotore di Italy for Climate (I4C), «il nuovo rapporto dell’IPCC conferma l’urgenza di agire immediatamente per limitare l’aumento della temperatura al di sotto di 1,5° C, fissando la deadline del 2025 entro la quale iniziare a ridurre le emissioni globali, che anche nel decennio appena trascorso hanno continuato a crescere, anche se a ritmi inferiori rispetto al passato. Abbiamo quindi una manciata di anni per mettere in campo azioni efficaci in grado di invertire la rotta seguita fin qui. Le politiche messe in campo fino al 2020 porteranno in realtà ad un aumento della temperatura globale di 3,2° C a fine secolo. Il richiamo a rivedere al rialzo i target di riduzione presentato alla recente COP26 di Glasgow è più che evidente. Il documento sottolinea anche la criticità connessa con i combustibili fossili, pur senza indicare una deadline esplicita per gli investimenti: afferma infatti che le infrastrutture dedicate ai combustibili fossili, esistenti e attualmente programmate, senza ulteriori interventi di riduzione delle emissioni, ci porteranno a superare il limite di +1,5° C».

L’ex ministro dell’ambiente del primo governo Prodi ricorda che «Negli ultimi dieci anni sono cresciute le politiche e le iniziative in favore del clima e soprattutto una vasta gamma di tecnologie a basse emissioni si è diffuso e ha ridotto significativamente i propri costi, a cominciare dall’eolico e il fotovoltaico. Cresce il numero di Paesi che da diversi anni sta riducendo stabilmente le proprie emissioni ed è in linea con l’obiettivo dei +2°C. Importante anche il dato sulle aree urbane, con oltre 800 città che si sono impegnate a raggiungere obiettivi net zero, questo proprio a fronte della quota crescente di emissioni deriva dalle aree urbane segnalata dall’IPCC. Secondo l’analisi per ogni settore dell’economia sono già oggi disponibili opzioni che potrebbero portare almeno a dimezzarne le emissioni entro il 2030. Insomma, la strada è stretta ma l’obiettivo è oggi più che mai raggiungibile. E un mondo decarbonizzato, sottolinea il rapporto, è anche un mondo in grado di garantire una migliore qualità della vita».

A Italy for Climate fanno notare che che, rispetto alle precedenti edizioni, «L’ultimo Rapporto di Valutazione dell’IPCC, pur continuando a stressare la gravità della situazione e la necessità di agire nell’immediato per limitare i datti del cambiamento climatico in corso, presenta un tono per alcuni versi più ottimista. Questo è dovuto al fatto che in particolare nell’ultimo decennio sono stati registrati diversi segnali incoraggianti, che non sono stati in grado ancora di piegare la curva delle emissioni mondiali di gas serra ma che potrebbero dare un contributo decisivo nei prossimi anni. È il caso ad esempio del crollo dei costi di generazione di eolico e fotovoltaico, oramai convenenti rispetto alla generazione elettrica da fossili, o delle batterie per il settore automotive, dinamiche richiamate con forza nel Report».

Altro aspetto evidenziato dall’ultimo Report è che «Le soluzioni per mitigare le emissioni di gas serra non solo esistono già su vasta scala, ma sono anche già adottabili in tutti i settori, almeno per raggiungere le prime tappe di riduzione delle emissioni al 2025 e al 2030. Edifici, trasporti, industria, agricoltura e uso del suolo hanno dei potenziali diversi per contribuire al taglio delle emissioni ma sono tutti coinvolti in due aspetti chiave della transizione: l’elettrificazione dei consumi, ovvero la sostituzione degli usi energetici alimentati da combustibili fossili con alternative alimentate da energia elettrica (con una quota sempre maggiore di generazione da fonti rinnovabili); e le trasformazioni cosiddette “dal lato della domanda”, ovvero le abitudini di vita quotidiana negli edifici, di consumo e di mobilità che tutti noi possiamo intraprendere e che collettivamente possono avere, secondo l’IPCC, un ruolo cruciale nella rapida adozione di tecnologie sempre più pulite».

Quello che secondo I4C invece manca nel documento e che è stato motivo di tensione tra il gruppo degli esperti e i Governi nella fase di stesura finale del Summary for policy makers, «E’ una indicazione netta sulla eliminazione dei combustibili fossili, magari con una deadline almeno agli investimenti in queste tecnologie, come chiedevano in molti. Tuttavia il messaggio circa l’urgenza di tagliare quanto prima gli investimenti in combustibili fossili rimane centrale nel documento».

Italy for Climate  si è chiesta: come si posiziona l’Italia rispetto alle indicazioni della comunità scientifica globale espresse dall’IPCC? E risponde: «L’Italia, in linea con il trend europeo, ha avviato un importante processo di decarbonizzazione dell’economia negli ultimi trent’anni che ha portato ad una riduzione delle emissioni nazionali al 2021 di circa il 20% rispetto al 1990. Ma negli ultimi anni l’Italia sta perdendo la sua leadership su questi temi, avendo rallentato moltissimo il taglio delle emissioni (fra il 2014 e il 2021 le emissioni si sono ridotte solo del 3%) proprio nel momento in cui le tecnologie pulite sono diventate più efficaci e disponibili ed è cresciuta la consapevolezza sulla crisi climatica. Una delle cause principali di questo rallentamento è dovuto allo stallo delle fonti rinnovabili, che proprio dal 2014 hanno smesso di crescere nonostante il forte know how italiano acquisito nello scorso decennio e l’abbondante disponibilità di risorse primarie (come sole e vento)».

La Roadmap per la neutralità climatica dell’Italia elaborata da Italy for Climate indica che, per rimetterci in rotta con la traiettoria delle emissioni individuata dall’IPCC,  «Dobbiamo urgentemente invertire la rotta e tagliare le emissioni entro il 2030 del 44% rispetto ad oggi. Questo sarà possibile solo se riusciremo a tagliare i consumi di energia del 15% e a raddoppiare il consumo di energia da fonti rinnovabili, a partire da quelle del settore elettrico, il cui stallo degli ultimi anni dovrà ripartire a ritmi 8/9 volte superiori a quelli registrati negli ultimi anni. A contribuire a questa transizione saranno tutti i settori, con interventi e tecnologie che già oggi realizziamo ma di cui dovremo accelerare tantissimo la diffusione. In questo primo decennio, a contribuire di più al taglio delle emissioni nazionali saranno gli edifici, il cui margine di miglioramento è particolarmente alto in Italia per la vetustà del parco immobiliare, e l’industria (che è il settore che più di tutti ha contribuito al taglio delle emissioni nazionali dal 1990 ad oggi, ma potrà farlo ancora di più grazie al miglioramento e all’elettrificazione dei processi produttivi. I trasporti e l’agricoltura sono invece i due settori a cui è richiesto un contributo relativamente più contenuto nei prossimi anni, ma non per questo meno ambizioso perché la diffusione su larga scala di soluzioni di decarbonizzazione in questi due settori è oggi ancora complessa».

I4C pubblica anche una scheda “Italia – Roadmap Italy for climate” che riassume la situazione del nostro Paese. Ecco cosa c’è scritto:

Emissioni di gas serra

L’Italia negli ultimi anni ha fortemente rallentato i progressi di decarbonizzazione. Tra il 2005 e il 2014 abbiamo ridotto le emissioni del 27% (cioè di circa 17 milioni di tonnellate di CO2 equivalente in media ogni anno). Ma fra il 2014 e il 2019, cioè fino a prima della pandemia, la riduzione è stata solo del 2% (pari a circa 2 milioni di tonnellate di CO2 eq. in media ogni anno).

La pandemia ha portato anche in Italia ad un crollo delle emissioni senza precedenti (-36 milioni di tonnellate di CO2 eq. in un solo anno). Ma nel 2021 le stime preliminari dell’Enea registrano un deciso rimbalzo (+32 milioni di tonnellate di CO2): le emissioni sono già ritornate quasi ai livelli pre pandemia. Se confermato, questo dato attesterebbe l’Italia nel 2021 a circa 415 milioni di tonnellate di CO2 eq., ovvero ad una riduzione complessiva delle emissioni di solo il 20% rispetto all’anno base 1990 (la media UE27 si attesta a oltre il 25%).

Performance settoriali

Alla generale decarbonizzazione degli ultimi trent’anni i settori emissivi hanno contribuito in modo molto diverso. Guardando ai dati pre-pandemia, oltre l’80% della riduzione è avvenuta nell’industria, in parte a causa della crisi economica del 2009 e in parte grazie ad importanti progressi di efficientamento energetico. I trasporti sono l’unico settore che non le ha diminuite (anzi le ha aumentate), mentre gli edifici e l’agricoltura hanno registrato solo una timida riduzione.

La pandemia ha colpito i settori in modo diverso: oltre la metà del crollo delle emissioni è avvenuta nei trasporti, mentre la restante riduzione è avvenuta fra industria ed edifici (che includono sia quelli residenziali che commerciali, uffici, etc.). L’unico settore a non essere stato colpito dal punto di vista delle emissioni è l’agricoltura.

Benchmark europeo

L’Italia nel complesso ha una buona performance di decarbonizzazione nel contesto europeo, ma a causa dei rallentamenti degli ultimi anni sta perdendo la sua leadership. Ad esempio ha sia una economia a minore impatto di emissioni (258 tonnellate di CO2eq. per ogni milione di € di Pil prodotto) che un fabbisogno di energia pro capite più contenuto (grazie al clima più favorevole).

Ma è in particolare sulle fonti rinnovabili che il nostro Paese aveva acquisito una importante leadership, che ora sta perdendo: continuiamo ad avere una quota di consumi di energia da fonti rinnovabili (18,2%) fra le più alte nel benchmark europeo, ma abbiamo perso molto terreno perché siamo l’unico Paese fra i big dell’UE dove le rinnovabili non crescono più (solo +3% negli ultimi cinque anni, a fronte di una media UE27 del 13%).

Fonti rinnovabili nel settore elettrico

Tutte le fonti rinnovabili devono crescere e sostituire il consumo di combustibili fossili (nei trasporti, negli usi termici), ma sappiamo che è soprattutto nella generazione elettrica che le fonti rinnovabili hanno il maggiore potenziale, soprattutto grazie ad eolico e fotovoltaico.

Ma negli ultimi 8 anni, a causa della mancanza di incentivi prima e delle complessità burocratiche poi, le installazioni di nuovi impianti da fonti rinnovabili elettriche hanno smesso di crescere.

Dal 2014 abbiamo installato in media solo 1 Gigawatt ogni anno, troppo poco considerando che per raggiungere gli obiettivi climatici al 2030 dovremo installarne ben 9 ogni anno. Il ritmo necessario al 2030 può sembrare inarrivabile, ma dobbiamo ricordarci che lo abbiamo già fatto: nel 2011, anno di boom del fotovoltaico in Italia, ne abbiamo installati ben 11.

Gli obiettivi climatici al 2030: -55% di emissioni

Cosa deve fare l’Italia per mettersi in rotta con gli obiettivi di neutralità climatica indicati dalla comunità scientifica e confermati nel Rapporto IPCC? Anche l’Italia deve seguire le indicazioni del Green Deal europeo e puntare ad una riduzione delle emissioni entro il 2030 del 55% (rispetto all’anno base 1990).

Questo significa realizzare entro la fine di questo decennio un taglio delle emissioni molto significativo (circa -20 milioni di tonnellate di CO2 eq ogni anno), un valore più alto rispetto a quanto sarà necessario tagliare ogni anno nei decenni successivi (-13 milioni fra il 2030 e il 2040 e -10 milioni fra il 2040 e il 2050), perché oggi il potenziale di diffusione di alcune tecnologie a zero emissioni è già molto alto e perfettamente in grado di impartire una forte accelerazione alla decarbonizzazione (basti pensare alle fonti rinnovabili elettriche).

L’obiettivo del 55% segue anche un principio di equità intergenerazionale nella tutela del clima: non è giusto rimandare ai prossimi decenni, e quindi sulle spalle delle attuali giovani generazioni, il maggiore sforzo di riduzione delle emissioni.

Gli obiettivi climatici al 2030: -15% di consumi di energia e raddoppio delle fonti rinnovabili

Nell’ultimo decennio i progressi in termini di transizione energetica, cioè di riduzione dei consumi di energia e di crescita delle fonti rinnovabili, si sono molto rallentati. Dovranno invece invertire subito questo trend, altrimenti sarà impossibile raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni, anche considerato che l’energia costituisce circa l’80% di tutte le emissioni di gas serra. I consumi di energia in particolare dovranno ridursi quasi del 15% entro il 2030, e a ridursi saranno soprattutto i combustibili fossili (petrolio -43% e gas -34%), mentre aumenteranno i consumi elettrici (arrivando ad una quota del 32% di elettrificazione di tutti i consumi di energia) e ovviamente le fonti rinnovabili, che arriveranno a coprire una quota del 43% dei consumi totali di energia.

Infatti le fonti rinnovabili, che sono l’altro grande pilastro della transizione energetica, al 2030 dovranno raddoppiare i consumi attuali, e non solo nel settore elettrico, dove la crescita sarà maggiore, ma anche negli usi termici (bioenergie, pompe di calore, etc.) e nei biocarburanti, in particolare grazie al biometano.