Il Sahel ostaggio dell’estremismo violento e dei cambiamenti climatici
Situazione umanitaria drammatica in Mali e Niger, i baluardi dell’Ue e dell’Italia contro i profughi
[17 Dicembre 2019]
Negli ultimi mesi il Sahel è stato scosso da una violenza settaria senza precedenti, dove gli interventi militari (e i cosiddetti aiuti europei e italiani per fermare i migranti e i profughi) sembrano aver aggravato una situazione già terribile.
Durante una riunione del Consiglio di sicurezza dell’Onu dedicata alla regione, Mohamed Ibn Chambas, a capo dell’United Nations office for West Africa and the Sahel (Unowas), ha invitato tutti i Paesi a sostenere le iniziative locali per prevenire la violenza e a favorire il dialogo inter-comunitario: «Gli attacchi incessanti contro degli obiettivi civili e militari hanno fatto a brandelli la fiducia dell’opinione pubblica. Anche le forze internazionali nella regione hanno subito delle perdite importanti. Gli incidenti nelle regione dimostrano come il terrorismo, il crimine organizzato e la violenza intercomunitaria possono facilmente intrecciarsi».
Chambas ha fatto anche notare che «Gli estremisti legati ad Al Qaeda hanno deliberatamente sfruttato le rimostranze locali e le debolezze degli Stati. Alcuni dei conflitti locali più violenti nella regione riguardano la transumanza. I gruppi estremisti sono riusciti a farsi coinvolgere nella loro risoluzione. Quasi il 70% della popolazione dell’Africa occidentale dipendente dall’agricoltura e dal bestiame per il suo sostentamento. E’ quindi indispensabile trovare modi per garantire la coesistenza pacifica tra pastori e agricoltori».
L’inviato dell’Onu ha anche evidenziato la brutalità della violenza religiosa in tutta la regione con un aumento degli attacchi contro i cristiani in Burkina Faso: «I governi, gli attori locali, le organizzazioni regionali e la comunità internazionale si sono mobilitati per combattere questa violenza multidimensionale. L’approccio delle Nazioni Unite è stato quello di supportare i governi nazionali nella loro attuazione degli Obiettivi di sviluppo sostenibile e nella creazione di partenariati. Alcune delle principali lacune nelle risposte nazionali restano i sistemi giudiziari deboli. In questo contesto, il Consiglio di sicurezza dovrebbe dare il suo sostegno alle iniziative locali. Nel corso degli ultimi mesi, abbiamo constatato dei progressi nella lotta contro la violenza tra allevatori e agricoltori, con dei dialoghi locali iniziati in Mali, in Niger e in Nigéria».
Secondo Mohamed Ibn Chambas, di fronte all’estremismo violento l’unica speranza sta nei giovani: «Frenare l’ideologia violenta e l’intolleranza religiosa, è affrontare le parole d’odio. Qui c’è un ruolo chiave per i social media e per quelli tradizionali. Il Consiglio può svolgere un ruolo decisivo accompagnando tutti questi sforzi: oltre all’aiuto dei donatori e all’assistenza tecnica, l’assistenza in materia di sicurezza e di mantenimento dell’ordine resta vitale. Limitare I canali finanziari e di approvvigionamento utilizzati dai gruppi armati e i legami con il commercio illegale necessitano di una cooperazione internazionale. Delle sanzioni mirate e alter misure raccomandate da gruppi di esperti sono pertinenti come effetto leva. In particolare, il traffico illegale d’oro è sempre più documentato e denunciato».
Qualcosa si muove: il 13 dicembre Education Cannot Wait (ECW) ha annunciato una nuova tranche di finanziamento da 3,7 milioni di dollari per sostenere dei programmi educativi in situazioni di emergenza in Mali e in Niger che permetterà a più di 160.000 bambini/e e ragazzi/e colpiti da insicurezza, sfollamenti, conflitti e crisi di frequentare la scuola in due Paesi in cui la situazione umanitaria sta diventando esplosiva.
I fondi serviranno a costruire e ricostruire classi per 15.000 bambini e giovani non scolarizzati e a fornire materiale scolastico a più di 100.000 allievi. Favorirà anche una corretta igiene mestruale per più di 130.000 ragazze e assicurerà un ambiente scolastico più protetto per oltre 160.000 studentesse.
Ma nel Sahel colpito da guerre, cambiamenti climatici e carestie mancano ancora molti finanziamenti per l’educazione scolastica: 42 milioni di dollari solo nelle zone oggetto degli interventi. L’Onu spiega che «Le violenze e gli sfollamenti di popolazioni, l’insicurezza e le crisi continuano ad aggravarsi nel Sahel. Più di 320.000 bambini e giovani sono colpiti dalla chiusura delle scuole e da una recrudescenza degli attacchi contro le scuole che è stata registrata nei due Paesi dal 2017».
Ma la risposta in favore dei più giovani in situazioni e di emergenza in Mali e Niger ottiene anche risultati notevoli: secondo i rapporti di Cluster Éducation, nel 2019, circa 100.000 bambini e ragazzi hanno potuto accedere a un’educazione inclusiva e di qualità e a ottobre Cluster Éducation aveva fornito a più di 46.000 ragazze e ragazzi del materiale scolastico e un’alimentazione appropriata a 73.000 allieve. Sempre più bambini beneficiano di un sostegno psicologico e di programmi alimentari di cui hanno bisogno per far fronte ai trami legati a situazioni di sfollamento forzato e per carenza di cibo.
Yasmine Sherif, direttrice dell’ECW, ricorda che «Il Sahel è una delle regioni più instabili e più fragili del mondo. I bambini e I giovani pagano il tribute più pesante per I conflitti armati, gli sfollamento forzati, l’estrema povertà, gli effetti del cambiamento climatico, l’insicurezza alimentare e la malnutrizione che li colpiscono. Con I nostril partner, investiamo per offrire immediatamente delle possibilità di educazione alle ragazze e ai ragazzi più marginalizzati e vulnerabili in Mali e in Niger, perché possano apprendere e sviluppare le competenze di cui hanno bisogno per prosperare e diventare agenti del cambiamento».
La situazione resta drammatica in Niger – dove l’Italia ha speso e sta spendendo molto per addestrare i militari e per fermare i profughi prima che entrino in Libia – dove nelle regioni di Tillabéri e Tahoua più di 100.000 bambini in età scolare hanno bisogno di un aiuto umanitario.
Il Niger, il cui più grosso problema negli anni passati era stato il contenimento della guerriglia autonomista dei tuareg che volevano partecipare alla divisione delle royalties dell’uranio sfruttato dalla Francia, dopo la caduta di Gheddafi e il caos libico è diventato il Paese dove si “sfogano” dcrisi regionali come la guerra in Mali, l’insurrezione di Boko Haram in Nigeria e la crisi del bacino del Lago Ciad che determinano gran parte dell’insicurezza nei Paesi a nord della Nigeria, provocando ondate di profughi verso e all’interno del Niger e che hanno impatti negativi sia sulla debolissima economia del Paese che sull’accesso a servizi pubblici essenziali come l’educazione e la sanità. Tra i bambini rifugiati in Niger, 17.000 non hanno accesso a nessun tipo di sostegno educativo. In NIger Unicef, Save the Children e NRC norvegese stanno attuando dei programmi dell’ECW per 1,3 milioni di dollari.
In Mali va ancora peggio: 450.000 bambini hanno bisogno di aiuto umanitario e più di mille scuole sono chiuse a causa dei conflitti che devastano da anni il Paese. Qui World Vision e Unicef stanno attuando programmi per 2,4 milioni di dollari finanziati dall’ECW.
Violenze, destabilizzazione delle zone di frontiera, insicurezza alimentare, profughi e sfollati interni, impatti del cambiamento climatico, il Niger sembra al centro di un uragano geopolitico e climatico che preoccupa molto la vicesegretaria generale dell’Onu per gli affari umanitari, Ursula Mueller che, dopo un incontro con il premier nigerino Brigi Rafini à Niamey, ha lanciato un nuovo allarme: «Attualmente, 2,3 milioni di persone, vale a dire più di una persona su 10, hanno bisogno di assistenza umanitaria. L’anno prossimo, il numero di persone che avranno bisogno di un aiuto di emergenza rischia di raggiungere circa i 2,9 milioni. Questo rappresenterebbe un aumento del 26% risetto al 2019».
In Niger nel 2019 sono state uccise o rapiti 500 civili e mentre la Mueller visitava il Paese, il 10 dicembre, 71 soldati nigerini sono stati uccisi durante un attacco jihadista alla base di Inates, vicino alla frontiera col Mali.
E le violenze non sono l’unico fattore di destabilizzazione in Niger che attualmente è alle prese con le peggiori inondazioni da un secolo a questa parte. La Mueller ha evidenziato che «E’ andato perso l’equivalente de 150 campi da football di terre coltivate. Con la conseguenza di aumentare l’insicurezza alimentare l’anno prossimo, in un Paese che deve già far fronte alla malnutrizione cronica e alla povertà estrema».
Nonostante questo il Niger resta un Paese di transito per chi percorre le pericolose rotte verso l’Europa e che spesso si fermano in Libia. La Mueller ha chiesto ai Paesi occidentali di accelerare il processo di reinstallazione dei rifugiati evacuati dalla Libia di dar prova di solidarietà. Finora nel poverissimo Niger sono stati reinstallati 2.956 rifugiati grazie ai fondi EUTF dell’Unione europea.
La Mueller ha concluso sottolineando che «Il Niger è un protagonista chiave, non solo per l’area del bacino del Lago Ciad, ma anche per tutta la regione del Sahel e ben oltre, compresa l’Europa. La comunità internazionale deve aumentare il suo livello di sostegno e fornire sostegni più diversificati al Niger per aiutarlo a rispondere nel miglior modo possibile alle emergenze umanitarie, ma anche e soprattutto a rafforzare i progetti di sviluppo avviati dal governo,, in particolare nelle regioni più fragili».