Inondati i campi profughi nel nord-ovest della Siria. Decine di migliaia di persone al gelo e senza rifugio
Massacro a Til Rifat: la Turchia accusata di crimini di guerra e genocidio
[27 Gennaio 2021]
L’United Nations Office for Coordination of Humanitarian Affairs (OCHA) ha lanciato un drammatico allarme: «Le forti piogge e le inondazioni nel nord-ovest della Siria hanno peggiorato la situazione di decine di migliaia di sfollati interni, distruggendo le loro tende, cibo e effetti personali nel bel mezzo dell’inverno.
A Idlib e Aleppo, almeno 196 siti di sfollati interni hanno subito danni, con molte strade che portano ai campi che sono state distrutte dalle forti piogge cadute sulla Siria nord-occidentale tra il 14 e il 20 gennaio,
Secondo il Bollettino “Syrian Arab Republic – Recent Developments in Northwest Syria”, appena pubblicato dall’OCHA, sono state colpite almeno 67.600 sono state colpite e più di 3.760 tende sono state distrutte e oltre 7.720 danneggiate. L’Ocha sottolinea che «Migliaia di persone sono state trasferite temporaneamente, molte delle quali hanno bisogno di un riparo, cibo e supporto per prodotti non alimentari. immediatamente e a lungo termine. La pioggia e le basse temperature evidenziano la continua necessità di carburante e riscaldamento, vestiti invernali, coperte, cibo, mezzi di sussistenza e acqua, servizi igienici e prodotti per l’igiene».
L’OCHA avverte che, senza una sufficiente preparazione per l’inverno, con rifugi e campi per resistere alle dure condizioni e mantenere al caldo gli occupanti, i profughi sempre più disperati potrebbero ricorrere a pratiche rischiose, come bruciare materiali pericolosi per riscaldarsi, aumentando il rischio di innescare incendi e di respirare fumi tossici.
L’OCHA ricorda che «La probabilità di incendi accidentali è aumentata dalle difficoltà di accesso a combustibili sicuri, a causa della scarsità e dei prezzi elevati del carburante, nonché del generale deterioramento economico nel nord-ovest della Siria». Nei campi dei profughi sfuggiti all’occupazione del nord-ovest della Siria da parte dell’esercito turco, oppure dagli scontri tra esercito del regime di Bashir al-Assad e i jihadisti o semplicemente rimasti senza casa dopo i bombardamenti incrociati di siriani, russi e turchi, nell’ultimo mese sono stati segnalati circa 17 incendi che hanno colpito 28 famiglie, distrutto 28 tende, provocando un morto e 7 feriti.
Intanto, come denuncia l’Onu, «I combattimenti in corso nella regione continuano a mettere a dura prova i civili, soprattutto vicino alle autostrade M4 e M5, due arterie chiave che collegano la capitale Damasco con la città di Aleppo e gran parte della Siria settentrionale».
Ci sono state diverse vittime tra i civili, compresi bambini, a causa dei bombardamenti aerei, dei colpi di artiglieria o di ordigni esplosivi improvvisati (IED) o di munizioni e bombe inesplose. Alcuni incidenti si sono verificati nelle aree residenziali o nei mercati locali, aumentando il rischio per i civili
L’OCHA conclude: «Le continue ostilità, nuovi e prolungati sfollamenti e una continua erosione della resilienza delle comunità dopo un decennio di conflitto, hanno lasciato milioni di persone in un disperato bisogno di assistenza. In tutta la Siria, si stima che 13 milioni di persone – oltre il 70% della popolazione – necessitino di aiuti nel 2021. Le Nazioni Unite stimano che 10,5 milioni di persone riceveranno assistenza umanitaria durante l’anno per un costo di 4,2 miliardi di dollari, che è un aumento del 10% rispetto al 2020».
Un inferno congelato, una violazione dei diritti umani intollerabile, una vergogna al quale il mondo dovrebbe finalmente porre termine.
Intanto L’Organizzazione per i diritti umani di Afrin ha denunciato il massacro di Til Rifat e ha accusato lo Stato turco di aver commesso crimini di guerra e genocidio.
In una dichiarazione, l’Organizzazione per i diritti umani di Afrin afferma: «Le violazioni dei diritti e i crimini commessi dall’esercito turco di occupazione e dalle sue bande contro tutti i civili nella Siria settentrionale e orientale, e di coloro che si sono trasferiti a Shehba dopo essere fuggiti dalla persecuzione dello stato turco e delle bande ad Afrin continuano. ll 23 gennaio 2021, alle 13:45, le forze di occupazione hanno preso di mira il distretto di Til Rifat con il fuoco di artiglieria. Come risultato dell’attacco, 4 civili, tra cui 2 bambini, sono rimasti uccisi e molte altre persone sono rimaste ferite».
Ricordando il massacro del 2 dicembre 2019, nel quale 10 civili, 8 dei quali bambini, furono uccisi e molte persone sono rimaste ferite, l’Organizzazione per i diritti umani di Afrin ha denunciato che «Questo massacro è stato commesso davanti agli occhi del mondo, ma finora nessuno si è opposto ai crimini dello Stato turco che violano il diritto internazionale e la Convenzione di Ginevra».
La dichiarazione evidenzia che «Questi sono crimini organizzati e pianificati che cercano di annientare gli sfollati interni, i costituenti, le religioni e la diversità di Afrin. Secondo il diritto e le convenzioni internazionali, questi crimini equivalgono a crimini di guerra, crimini contro l’umanità e crimini di genocidio».
L’Organizzazione per i diritti umani di Afrin ha invitato «tutte le organizzazioni per i diritti umani e del diritto internazionale internazionale, in particolare le Nazioni Unite, ad adempiere ai propri doveri umanitari, a fare pressione sullo stato turco per porre fine ai suoi continui crimini e a ritirarsi dalle regioni che occupa. Tutti coloro che sono coinvolti in questi crimini devono essere immediatamente ritenuti responsabili».