Inondazioni nel Sahel: almeno 112 morti e più di 700.000 persone colpite
Estrema povertà, insicurezza alimentare, conflitti armati e rischi climatici aggravati dal COvid-19
[25 Settembre 2020]
L’United Nations high commissioner for refugees (Unhcr), sta intensificando le operazioni per assistere regione africana del Sahel, tra più di 700.000 persone colpite dalle devastanti inondazioni che hanno interessato la regione africana del Sahel. L’Unhcr dipinge un quadro apocalittico: «Decine di persone hanno perso la vita, tra cui una madre incinta e la figlia adolescente. Diverse altre migliaia necessitano con urgenza di riparo, acqua potabile e assistenza sanitaria lungo ampie aree di territorio in Burkina Faso, Ciad, Mali e Niger. Si ritiene che le fortissime piogge cominciate ad agosto siano le peggiori da oltre un decennio a questa parte. In tutto il Sahel, dove violenze incessanti e indiscriminate avevano già costretto oltre 3,5 milioni di persone a fuggire sia internamente sia oltre i confini dei Paesi della regione, le case sono andate distrutte, le strutture sanitarie danneggiate e le coltivazioni sommerse dagli allagamenti».
Millicent Mutuli, direttrice regionale dell’Unhcr per l’Africa occidentale e centrale, ricorda che «Rifugiati, sfollati interni e comunità di accoglienza vivevano già in condizioni estremamente precarie e necessitavano con urgenza del nostro aiuto. Le inondazioni arrecano nuove preoccupanti privazioni, ostacolando, allo stesso tempo, gli sforzi profusi dall’Agenzia per rispondere a una delle crisi peggiori e in più rapida crescita nel mondo».
In tutto il Sahel, le infrastrutture, comprese le strutture sanitarie, sono state gravemente danneggiate, condizionando le risposte dei diversi Paesi al Covid-19 e le capacità di assicurare trattamenti per altre malattie come malaria e morbillo. L’Unhcr avverte che «Dati i livelli di contaminazione delle fonti di approvvigionamento idrico e gli allagamenti dei servizi igienici, si teme con sempre maggior frequenza una possibile epidemia di colera».
Le inondazioni hanno distrutto le coltivazioni, aggravando la carenza di scorte alimentari e le vulnerabilità degli agricoltori e delle loro famiglie, le cui possibilità di sostentamento dipendono dai raccolti.
Il Niger è il Paese colpito più duramente con 71 morti, 90 feriti e oltre 350.000 persone interessate dalle conseguenze delle inondazioni, in particolare nella regione di Maradi. L’Unhcr ha da tempo mobilitato aiuti destinati agli sfollati interni che vivono in aree in cui sono costretti a guadare acque il cui livello arriva al bacino o ad attraversarle remando a bordo di canoe.
Le inondazioni hanno colpito sei siti che accolgono sfollati, lasciando oltre 9.000 rifugiati e sfollati interni nell’urgente necessità di riparo. L’Unhcr ha già distribuito 1.900 kit per alloggi e beni di prima necessità quali indumenti, coperte e kit igienici. In alcune aree sono state però esaurite le scorte di emergenza.
Una catastrofe che avviene, come ha ricordato ieri il presidente del Niger Mahamadou Issoufou intervenendo all’Assemblea generale dell’Onu, in un Pese dove solo un’azione internazionale potrebbe ristabilire a sicurezza che è compromessa dalle milizie jihadiste in tutto il Sahel e nel bacino del Lago Ciad.
«Il Niger è convinto che le numerose minacce che pesano sulla pace e la sicurezza internazionale non possono essere risolte dai singoli Stati, ma attraverso un’azione collettiva della comunità internazionale» ha detto Issoufou.
Per il Presidente del Niger, la creazione della coalizione per la lotta al terrorismo nel Sahel, l’istituzione di un comando congiunto per tutte le forze militari partecipanti comprese quelle francesi (Barkhane) ed europee (Takuba), l’imminente dispiegamento di un contingente di 3.000 uomini dell’Unione Aricana, le iniziative della Communauté économique des Etats d’Afrique de l’Ouest (Cedeao – Ecowas), «sono tutti elementi che fanno sperare in una vittoria sul nostro comune nemico: terrorismo e criminalità organizzata».
Dopo aver condannato il colpo di Stato militare in Mali del 18 agosto e chiesto una transizione guidata dai civili, Issoufou ha ricordato che «In Mali, e in tutta l’area del G5 Sahel, abbiamo bisogno del multilateralismo per continuare la lotta al terrorismo in tutte le sue forme, tenendo in debito conto della dimensione femminile e giovanile, perché è nel terreno fertile per la povertà che il terrorismo prospera. I bambini sono tra le prime vittime di attacchi terroristici contro le scuole nella regione centrale del Sahel, dove migliaia di bambini sono privati dell’istruzione. Tuttavia, la nostra regione non ha creato questi mali. Gli sono stati imposti. La nostra regione è una vittima. La minaccia alla sicurezza che ricade sul Sahel non è solo un problema locale ma una preoccupazione globale».
Il presidente del Niger ha chiesto che «Gli sforzi per la sicurezza e sviluppo compiuti dagli Stati del Sahel siano adeguatamente sostenuti nel quadro degli aiuti bilaterali e multilaterali.
Il presidente nigerino». Poi ha reso omaggio ai sacrifici compiuti dagli operatori umanitari, 6 dei quali sono stati uccisi il 9 agosto in un attacco terroristico a circa 50 chilometri dalla capitale Niamey. «So che la risoluzione 2175 del 2014 (del Consiglio di sicurezza dell’Onu sulla protezione del personale umanitario) li protegge, ma questa protezione deve essere rafforzata» e per questo ha chiesto «L’istituzione di un meccanismo di monitoraggio, comunicazione di informazioni e sanzioni per quanto riguarda gli attacchi contro gli operatori umanitari».
Uomini e donne che comunque continuano a lavorare a lavorare tra mile pericoli nel Sahel, come nel Burkina Faso, dove le inondazioni hanno interessato tutte e 13 le regioni, facendo registrare 41 persone decedute, 112 ferite e lasciando 12.378 nuclei familiari senza riparo. «A Kaya – raccontano all’Unhcr – una madre incinta e la figlia, in precedenza fuggite dalle violenze, hanno perso la vita quando la casa del vicino è crollata sulla loro tenda. Le piogge torrenziali hanno provocato danni estesi in un Paese in cui un abitante su cinque risultava essere già sfollato a causa delle violenze. Il Burkina Faso attualmente accoglie oltre un milione di sfollati interni, metà di tutti quelli presenti nell’intero Sahel».
Il personale dell’Agenzia Onu si è mobilitato rapidamente per rinforzare gli alloggi esistenti, costruirne di nuovi in aree più sicure e trasferire le famiglie sfollate colpite. L’Unhcr esorta da tempo le autorità del Burkina Faso a trasferire gli sfollati interni fuori dalle aree a rischio inondazioni.
In Ciad, dove oltre 236.000 persone sono state colpite dalle inondazioni, l’Unhcr e i suoi partner stanno urgentemente assicurando alloggi, cibo, beni di prima necessità e assistenza sanitaria. Nella provincia meridionale di Gore, sono stati colpiti 1.735 rifugiati e almeno 283 famiglie si sono ritrovate i propri terreni allagati e le coltivazioni distrutte. Le piogge torrenziali hanno reso le strade impercorribili, ostacolando le operazioni umanitarie volte a prestare assistenza ai rifugiati colpiti e l’accesso del personale dell’Agenzia agli uffici di Haraze e Shari.
Nel Ciad orientale, la maggior parte delle abitazioni e degli alloggi presenti in 6 campi che accolgono migliaia di rifugiati vicino a Iriba è stata distrutta o gravemente danneggiata, costringendo questi ultimi a dormire nelle scuole e all’addiaccio. L’Unhcr ha distribuito aiuti per soddisfare le più pressanti esigenze delle persone colpite.
In Mali, sono migliaia gli sfollati interni e i membri delle comunità locali colpiti dalle inondazioni. Centinaia di case sono state distrutte nelle regioni più duramente colpite: Gao, Mopti, Ségou e Sikasso.
A causa della crisi economica innescata dalla pandemia da Covid-19, molte persone nella regione vivevano già in condizioni precarie. Le conseguenze socioeconomiche di più lungo termine sono aggravate dall’impatto delle inondazioni e interesseranno in modo sproporzionato le popolazioni sfollate e le comunità che le accolgono.
L’Unhcr esorta i governi della regione a includere rifugiati, sfollati interni e comunità di accoglienza nelle attività di risposta alle inondazioni e in quelle di ripresa immediatamente successive e conclude evidenziando che «L’aumento delle temperature a livello globale sta modificando l’andamento delle precipitazioni nel Sahel, incrementando la frequenza e l’intensità di inondazioni, siccità e tempeste di sabbia. Il verificarsi di questi eventi moltiplica i pericoli per comunità sfollate e comunità di accoglienza che si trovano già alle prese con situazioni di estrema povertà, insicurezza alimentare, conflitti armati e rischi climatici, quest’anno tutte seriamente aggravate dalla pandemia da Covid-19».