La Corte europea dei diritti umani dà ragione alle Anziane per il clima contro la Svizzera

Greenpeace: «Vittoria storica, La lotta alla crisi climatica è tra i diritti umani». Wwf e Legambiente: l’Italia cambi rotta subito recuperando i ritardi accumulati

[9 Aprile 2024]

Commentando la decisione odierna della Grande Camera della Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU)  che ha stabilito – con  16 voti contro 1  – che la Svizzera viola i diritti umani delle donne anziane perché non sta adottando le misure necessarie a contenere il riscaldamento globale, Rosmarie Wydler-Wälti, co-presidente dell’associazione KlimaSeniorinnen Schweiz/ Aînées pour le climat Suisse / Anziane per il clima Svizzera, ha detto che «Questa sentenza non è solo una vittoria per la nostra associazione. È una vittoria per tutte le generazioni».

Nel merito, nel caso “Anziane per il clima” (Verein KlimaSeniorinnen Schweiz and Others v. Switzerland, Application no. 53600/20), la Corte EDU ha condannato la Svizzera per aver violato l’art. 8 (Diritto al rispetto della vita privata e familiare) e l’art. 6 (Diritto a un equo processo) della Convenzione europea dei diritti dell’uomo.

il Wwf spiega che «La Corte EDU ha interpretato l’art. 8 CEDU chiarendo che ricomprende il diritto a una protezione effettiva da parte degli Stati contro i gravi effetti negativi del cambiamento climatico sulla vita, la salute, il benessere e la qualità della vita. Per questo, la Corte ha rilevato che la Confederazione Svizzera non ha adempiuto ai suoi doveri (“positive obligations”) ai sensi della CEDU, facendo leva sull’incapacità delle autorità svizzere di quantificare i limiti delle emissioni nazionali di gas  serra, non raggiungendo neanche gli obiettivi di riduzione delle emissioni fissati in passato. Di conseguenza, pur riconoscendo che le autorità nazionali godono di un ampio potere discrezionale in relazione all’adozione di leggi e misure, la Corte ha ritenuto che le autorità svizzere non abbiano agito in tempo e in modo appropriato per concepire, sviluppare e attuare le leggi e le misure opportune nel caso di specie. Elemento, questo, che viola i diritti umani. La Confederazione Svizzera, inoltre, è stata condannata anche per violazione dell’art. 6 CEDU, non avendo i tribunali svizzeri fornito ragioni convincenti in relazione al mancato esame nel merito del ricorso dell’associazione, né preso in considerazione le convincenti prove scientifiche relative al cambiamento climatico».

Per la prima volta, un tribunale transnazionale specializzato in diritti umani sostiene esplicitamente il diritto alla protezione del clima. Nella sua sentenza, la CEDU stabilisce i requisiti specifici che gli Stati membri devono soddisfare per rispettare i loro obblighi in materia di diritti umani. Nell’ambito di questo procedimento, come terza parte anche l’Italia, tramite l’Avvocatura generale dello Stato, aveva presentato una propria memoria, per supportare la posizione della Svizzera.

Per Cordelia Bähr, a capo del team legale delle Anziane per il clima «È un momento indescrivibile. Qiuesta decisione sarà di grande importanza per ulteriori cause sul clima contro Stati e aziende in tutto il mondo e aumenterà le loro possibilità di successo. Questa sentenza mostra ai cittadini, ai giudici e ai governi di tutta Europa cosa è necessario fare in termini di protezione del clima per rispettare i diritti umani».

Greenpeace evidenzia che «La sentenza rappresenta una pietra miliare per le controversie sul clima a livello globale. Tutti gli Stati del Consiglio d’Europa potrebbero essere invitati dai loro cittadini a rivedere e, se necessario, rafforzare la loro politica climatica sulla base dei principi sviluppati dalla CEDU per salvaguardare i diritti umani. Ne beneficerebbero tutte le persone, al di là della generazione a cui appartengono».

Secondo l’United Nations environment programme (Unep), dal 2017 a oggi il numero di cause climatiche è più che raddoppiato. In Italia, il 9 maggio 2023, dodici cittadine e cittadini, Greenpeace Italia e ReCommon hanno notificato a ENI un atto di citazione davanti al Tribunale di Roma per l’apertura di una causa civile per i danni subiti e futuri derivanti dai cambiamenti climatici, «A cui ENI ha contribuito con la sua condotta negli ultimi decenni, continuando a investire nei combustibili fossili». La prima udienza di questo contenzioso climatico si è tenuta IL 16 febbraio.

La consulente legale di Greenpeace International Louise Fournier, che ha supportato il team legale delle Anziane per il clima, fa notare che «Quanto accaduto oggi non si ferma a Strasburgo. Le storie delle KlimaSeniorinnen sono anche all’attenzione della Corte internazionale di giustizia, dove all’inizio del prossimo anno si terranno delle udienze sugli obblighi di giustizia climatica di tutti i governi».

Anche per il Wwf si tratta di una sentenza storica: «Segna un punto fondamentale per la climate litigation (contenzioso climatico) in Europa. Si apre una nuova fase che presto potrebbe coinvolgere anche l’Italia, dove tutte le norme interne devono rispettare i diritti e i principi garantiti dalla Corte EDU e dove la Corte costituzionale è tenuta a pronunciarsi sul rispetto dei predetti principi, la cui violazione è incostituzionale. È auspicabile, quindi, che l’orientamento della Corte EDU possa fornire un nuovo stimolo perché l’Italia al più presto conformi piani e misure alle ragioni della transizione ecologica, per esempio il Piano Nazionale Integrato Energia Clima attualmente in fase di revisione (entro giugno). Inoltre, la sentenza costituisce un ulteriore incentivo per l’adozione di una legge sul clima che definisca, tra l’altro, gli obiettivi climatici e le percentuali vincolanti di riduzioni delle emissioni di gas effetto serra, nonché i budget di carbonio settoriali derivanti dagli obiettivi di riduzione delle emissioni: le associazioni ambientaliste, Wwf in testa, la chiedono da tempo e hanno anche avanzato proposte concrete, raccolte dall’Intergruppo dei Parlamentari per il Clima. Proprio in questi giorni è cominciato l’iter al Senato».

Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente, ha dichiarato: «Siamo soddisfatti della sentenza storica della Corte europea dei diritti dell’uomo che, accogliendo il ricorso del gruppo svizzero di circa duemila donne dall’età media di 75 anni, ha condannato la Svizzera per aver ignorato l’obbligo di tagliare le emissioni serra in misura sufficiente a ridurre il pericolo di una violazione dei diritti umani. E’ la prima volta che un tribunale transnazionale specializzato in diritti umani sostiene esplicitamente il diritto alla protezione del clima, mettendo in relazione la difesa del clima e i diritti umani, e condanna l’inazione dei governi. Un passo importante che potrebbe avere un effetto a cascata per tutti i 46 stati del Consiglio d’Europa. L’Italia cambi rotta subito recuperando i ritardi accumulati nella lotta alla crisi climatica, smettendo di rincorrere le emergenze e di pagare in termini di vite umane e danni ai territori. Ce lo ricordano i dati dell’Osservatorio Città Clima: nel 2023 si sono verificati ben 378 eventi meteorologici estremi, +22% rispetto all’anno precedente con danni miliardari ai territori e la morte di 31 persone. Il Governo italiano acceleri su attuazione del Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici (PNACC) e su relative risorse economiche necessarie, con una strategia chiara di prevenzione che permetterebbe di risparmiare il 75% delle risorse spese per riparare i danni. Sarà inoltre importante approvare un PNIEC, Piano Nazionale Integrato Energia e Clima, con obiettivi più ambiziosi di produzione di energia rinnovabile e di riduzione di gas climalteranti al 2030, andando ben oltre il 40% di riduzione delle emissioni previsto attualmente e raggiungendo almeno il 65% per essere in linea con l’obiettivo di 1.5°C previsto dall’Accordo di Parigi».