La crisi climatica non è una livella (e pesa sulla disuguaglianza)
Emmerling: «La diseguale distribuzione dei consumi o dei livelli di reddito si verifica a livello spaziale, temporale e tra gli incerti 'stati del mondo' nei quali potremmo ritrovarci a vivere in futuro»
[17 Giugno 2020]
Le diseguaglianze economiche e il welfare hanno molto a che vedere con la sostenibilità sia sociale, sia ambientale. Studiarne gli effetti dell’ineguaglianza rispetto ai cambiamenti climatici è operazione che da tempo gli analisti svolgono raccogliendo evidenze sulla solo apparente democraticità delle conseguenze del cambiamento climatico. Se è vero, come è vero, che colpisce e colpirà a tutte le latitudini, i paesi più poveri e dunque gli esseri umani più in difficoltà sono e saranno i più colpiti. E non pensiamo che in Italia le cose stiano diversamente: il cambiamento climatico già si stima che porterà ad un aumento della disuguaglianza tra nord e sud .
Ma se questo è un aspetto abbastanza noto, c’è un nuovissimo studio appena pubblicato dalla rivista, Journal of Economic Surveys, con il contributo della Fondazione Cmcc che esplora le disuguaglianze da un punto di vista che verrebbe da dire, più “tridimensionale”.
Come spiega il Cmcc, l’equità (o la sua controparte, l’ineguaglianza) riveste un ruolo chiave nella valutazione delle diverse dimensioni del welfare sociale. Ma come possiamo prendere in esame e confrontare le sue diverse dimensioni? Tradizionalmente, infatti, si valuta e si confronta il welfare tra persone diverse – sia all’interno dei confini nazionali, che in Paesi diversi –, ma anche nel tempo, quando consideriamo la distribuzione delle risorse nel corso del tempo e le diverse questioni relative, come tenore dei consumi/livelli di risparmio, distribuzione intergenerazionale o uso nelle diverse epoche delle risorse naturali. C’è infine anche una terza dimensione, quella dei cosiddetti futuri mondi possibili o “states of the world“, che tiene conto dell’incertezza che influisce sulla realizzazione di diverse variabili casuali. Lo studio non sembra tener conto di uno dei guai dell’equità, ovvero che laddove si raggiungesse un’equità di consumi, non è detto che ciò sia ambientalmente sostenibile, anzi.
Ma veniamo alla tesi dello studio: mentre la ricerca economica ha tradizionalmente considerato queste tre dimensioni degli individui, del tempo e degli stati del mondo separatamente, è sempre più chiaro che le diverse possibili dimensioni della “disuguaglianza” (cioè l’ineguale distribuzione delle risorse in una specifica dimensione) siano potenzialmente strettamente intrecciate: la disuguaglianza tra individui di una stessa epoca potrebbe essere correlata alla disuguaglianza intergenerazionale, mentre l’incertezza potrebbe incidere in maniera diversa sui diversi individui. Concentrarsi quindi su un solo aspetto della disuguaglianza sociale può portare al rischio di trascurare effetti di interazione potenzialmente importanti.
Lo studio (fra gli autori Johannes Emmerling, ricercatore senior presso la Fondazione CMCC e capo dell’unità Integrated Assessment Modeling di EIEE), propone una misura generale del welfare come “equivalenti di equità” e di corrispondenti indici di disuguaglianza.
Questa cornice generale ha permesso ai ricercatori di mettere insieme concetti che nelle precedenti ricerche erano sempre stati studiati separatamente.
“La diseguale distribuzione dei consumi o dei livelli di reddito”, spiega Johannes Emmerling, “si verifica in diverse dimensioni: a livello ‘spaziale’ o tra gli individui di uno stesso Paese o di Paesi e regioni diverse; ‘temporale’ o tra le diverse generazioni, o tra diversi ‘stati del mondo’, ovvero tra i diversi, possibili, incerti, mondi nei quali potremmo ritrovarci a vivere in futuro. L’aggregazione e il confronto tra individui in queste dimensioni è cruciale per lo studio di problemi con conseguenze globali, incerte e di lungo periodo, come i cambiamenti climatici. Il nostro studio mostra come anche la disuguaglianza in queste dimensioni possa essere analizzata con lo stesso approccio analitico. Inoltre, se consentiamo di avere preferenze diverse nei confronti delle disuguaglianze, vediamo come le persone abbiano diverse attitudini nei confronti della disuguaglianza nelle diverse dimensioni, e di come l’ordine di aggregazione tra loro influisca nella valutazione delle politiche economiche e ambientali.”
Lo studio evidenzia quindi che le persone tendono a valutare in maniera diversa la disuguaglianza nelle diverse dimensioni: tendono a essere per esempio molto preoccupate per quanto riguarda il futuro (per cui hanno una forte preferenza nel volere dare qualcosa alle future generazioni), mentre si curano meno delle disuguaglianze del proprio tempo (per esempio, il fatto che persone in città o Paesi diversi abbiano diverse possibilità di consumo o diversi livello di reddito). Inoltre, le persone tendono a essere più preoccupate e ad avere un più alto grado di avversione alla disuguaglianza in termini di incertezza.
Il cambiamento climatico è il classico esempio in grado combinare insieme le tre dimensioni degli individui, del tempo e dei diversi stati: in questo contesto sono state spesso sollevate questioni relative alla disuguaglianza tra generazioni, alla nozione di disuguaglianza e di giustizia distributiva, e al ruolo dell’incertezza, unitamente al principio di precauzione. La caratteristica comune di questi concetti apparentemente non correlati è che le perdite e i benefici di determinate politiche hanno bisogno di essere confrontati secondo dimensioni diverse.