Greta Thunberg: «Questa non è più una conferenza sul clima. Questo è un Global festival del greenwashing del Nord Globale»
La disuguaglianza carbonica soffocherà il mondo. I ricchi inquinano 30 volte oltre il limite degli 1,5° C
Un volo spaziale di super-ricchi inquina quanto un miliardo di poveri
[5 Novembre 2021]
Il nuovo rapporto “Carbon inequality in 2030 – Per capita consumption emissions and the 1.5⁰C goal” pubblicato da realizzato da Oxfam, in collaborazione con l’Institute for European Environmental Policy (IEEP) e lo Stockholm Environment Institute (SEI) è un’accusa impietosa sulla disuguaglianza economica che si fa disuguaglianza climatica: «Nel 2030, le emissioni di CO2 in atmosfera prodotte dall’1% più ricco della popolazione mondiale saranno 30 volte superiori ai livelli sostenibili per limitare l’aumento delle temperature globali entro 1,5°C rispetto all’era pre-industriale. Un obiettivo cruciale per il presente e il futuro prossimo del pianeta, inserito negli Accordi di Parigi del 2015, che andando avanti così sarà impossibile raggiungere, con conseguenze sempre più disastrose e imprevedibil»..
Una fotografia che viene diffusa n mentre a Glasgow Friday For Future e le associazioni ambientaliste, per la giustizia climatica e sociale denunciano con una grande manifestazione gli impegni non mantenuti dai Governi sul taglio delle emissioni dopo gli Accordi di Parigi e Greta Thunberg sferza nuovamente i potenti del pianeta: «E’ stata chiamata la COP più escludente di sempre. Questa non è più una conferenza sul clima. Questo è un Global festival del greenwashing del Nord Globale. Una celebrazione di due settimane del business as usual e del bla bla bla».
Invece, come ricorda il rapporto di Oxfam la COP26 Unfccc hsa tra i sui principali obiettivi proprio come scongiurare un irreversibile e catastrofico aumento delle temperature globali oltre 1,5° C. Ma il problema è che «Per scongiurare il riscaldamento globale oltre 1,5° C, ciascun abitante del pianeta dovrebbe inquinare la metà rispetto ad oggi» e che questa metà è enormemente disuguale tra i ricchi e i poveri.
Lo studio stima come gli impegni che verranno assunti dai governi influenzeranno l’impronta di carbonio delle persone più ricche e più povere in tutto il mondo, rilevando che «Per centrare l’obiettivo del contenimento dell’aumento delle temperature entro 1,5° C, ogni persona sul pianeta entro il 2030, dovrebbe essere responsabile dell’emissione di appena 2,3 tonnellate di CO2 all’anno in atmosfera, ossia circa la metà rispetto ad oggi».
Prendendo in esame l’insieme della popolazione globale come se facesse parte di un unico Paese, l’analisi di Oxfam, IEEP e SEI stima che «i livelli di emissioni prodotti dalla metà più povera del pianeta, saranno ancora molto al di sotto di quanto sostenibile per limitare l’aumento delle temperature entro 1,5° C; l’1% più ricco del mondo supererà la soglia di guardia di ben 30 volte e il 10% più ricco di 9 volte; per centrare questo obiettivo cruciale, l’1% più ricco dovrebbe ridurre le proprie emissioni del 97% rispetto ad oggi».
Nonostante le tante promesse non mantenute ci sono però anche gli effetti positivi degli accordi di Parigi: per esempio, dice Oxfam, il 40% della popolazione mondiale è già sulla strada per arrivare ad un taglio delle emissioni pro-capite del 9% tra il 2015 e il 2030, «Un dato che rappresenterebbe un punto di svolta, considerando che si tratta in gran parte di cittadini di Paesi a medio reddito come Cina e Sudafrica, che tra il 1990 e il 2015 hanno fatto registrare gli aumenti più rapidi di emissioni pro-capite».
Considerando le emissioni globali totali, invece di quelle pro capite, lo studio stima che «L’1% più ricco – 80 milioni di persone, poco meno della popolazione tedesca – tra meno di 10 anni sarà responsabile di ben il 16% delle emissioni globali, mentre nel 1990 rappresentava il 13% del totale e nel 2015 il 15%. Andando avanti sulla strada intrapresa sino ad oggi, perciò nel 2030 le emissioni totali di cui sarà responsabile da solo il 10% più ricco del mondo supereranno la quota di emissioni tollerabili per scongiurare l’aumento delle temperature al di sopra di 1,5° C, indipendentemente da ciò che farà il restante 90% dell’umanità».
Nafkote Dabi, climate policy lead di Oxfam fa un esempio scioccante di questa ineguaglianza climatica: «n singolo volo spaziale, come quelli organizzati dalle agenzie private per i super-ricchi, è responsabile di più emissioni di quante prodotte dal miliardo di persone più povere del pianeta in un anno. Viviamo in un mondo in cui una ristrettissima élite sembra avere il permesso di inquinare senza limiti, alimentando condizioni ed eventi metereologici sempre più estremi e imprevedibili. Le emissioni del 10% più ricco da sole, potrebbero spingerci verso un punto di non ritorno sul controllo del riscaldamento globale. E a pagarne il prezzo più alto, ancora una volta, saranno le persone più povere e vulnerabili del pianeta, che a causa dell’impatto del cambiamento climatico, stanno già affrontando eventi climatici sempre più fuori controllo, fame, carestie e miseria».
E Oxfam avverte che «Anche la geografia della disuguaglianza nella produzione di emissioni di CO2 in atmosfera è destinata a cambiare, perché alla quota prodotta dall’1 e dal 10% più ricco contribuiranno sempre di più cittadini di Paesi a medio reddito. Entro il 2030 i cittadini cinesi saranno responsabili di quasi un quarto (il 23%) delle emissioni prodotte dal top 1%, i cittadini Usa di quasi un quinto (il 19%) e cittadini indiani per un decimo (l’11%)».
L’autore del report Tim Gore, responsabile del Low Carbon and Circular Economy programme IEEP, evidenzia che «L’attuale livello di emissioni globali che ci tiene lontani dall’obiettivo di Parigi di mantenere l’aumento delle temperature a 1,5°C dipende in larga misura dai consumi dei paesi più ricchi del pianeta. Per colmare il divario di emissioni entro il 2030, è necessario che i governi prendano misure nei confronti dei principali e più facoltosi inquinatori: disuguaglianza e crisi climatica andrebbero affrontate insieme, dunque. Servono misure efficaci e mirate per limitare le emissioni delle persone più ricche del pianeta, che derivano dall’uso di mega yacht, jet privati e viaggi spaziali; frenare gli investimenti ad alta intensità climatica come le partecipazioni nelle industrie dei combustibili fossili».
Emily Ghosh del SEI spiega che «La nostra ricerca ci dice quanto sia importante garantire una distribuzione più equa di quel che rimane del budget globale di carbonio. Se non cambiamo rotta, rimarranno incolmabili le disuguaglianze di reddito e di emissioni tra la popolazione mondiale, in barba al principio di equità che è al centro dell’accordo di Parigi. Fissando gli obiettivi di riduzione delle emissioni, i governi devono porre al centro l’analisi della disuguaglianza di produzione di CO2».
Oxfam conclude_ «E’ essenziale che i leader mondiali si concentrino sui tagli più incisivi entro il 2030, secondo il principio della giusta quota, assicurando che le persone più ricche del mondo e all’interno dei paesi effettuino le riduzioni più radicali. I cittadini più ricchi hanno il potenziale per accelerare drasticamente questo processo, sia conducendo stili di vita più ecologici, sia indirizzando la loro influenza politica e i loro investimenti verso un’economia a basse emissioni di carbonio».